Salva Casa per edifici in cemento armato: quali verifiche e indagini strutturali eseguire
Il Decreto Salva Casa semplifica alcune sanatorie edilizie, ma negli edifici in cemento armato impone al tecnico un’attenta valutazione strutturale. In questo articolo si analizzano le indagini visive e strumentali da eseguire per attestare la sicurezza, con particolare attenzione ai fenomeni di degrado del calcestruzzo e ai casi in cui è necessario il risanamento corticale per rendere l’opera davvero conforme.
I nuovi strumenti introdotti dal decreto Salva Casa per sanare alcune difformità edilizie, sia attraverso la più speditiva verifica di conformità sismica delle tolleranze sia mediante la sanatoria condizionata per difformità parziali, richiedono al tecnico specifiche competenze strutturali qualora le difformità abbiano implicazioni sulla sicurezza statica e sismica.
L’articolo vuole approfondire le indagini preliminari ritenute indispensabili al fine di una corretta asseverazione della sicurezza strutturale per edifici in cemento armato, tenendo in considerazione anche il livello di conservazione attuale e i risanamenti eventualmente necessari.
Sanatorie previste dal Salva Casa e verifiche strutturali
La conformità sismica delle tolleranze edilizie o la più articolata sanatoria condizionata con doppia conformità semplificata sono i nuovi strumenti introdotti dal decreto Salva Casa per agevolare, in limitati casi, la regolarità delle piccole e medie difformità.
In particolare, le modifiche che il D.L. 69/2024, convertito con legge 105/2024, ha apportato ad alcuni articoli del Testo Unico dell’Edilizia D.P.R. 380/01 (T.U.E.), come ad esempio l’ art. 34-bis comma 3-bis , richiamano il tecnico ad approfondire anche le implicazioni sulla sicurezza sismica che tali difformità possono aver apportato all’edificio, limitando le verifiche alle norme tecniche all’epoca dell’abuso.
CONSULTA
Il Testo Unico Edilizia (DPR 380/2001) aggiornato al Salva Casa
Questo può rappresentare alla prima lettura una agevolazione, su cui tuttavia il tecnico strutturista non deve illudersi e limitarsi del tutto.
Nelle responsabilità di certificazione della sicurezza strutturale si dovrà comunque tenere presente, anche nelle more del Salva Casa, che l’oggetto delle asseverazioni riguarda pur sempre un edificio esistente, con le sue eventuali forme di degrado e cattiva manutenzione.
Anche se non esplicitamente richiesto nelle modifiche apportate agli articoli del T.U.E., in taluni contesti e casistiche sarà opportuno che il tecnico strutturista valuti anche lo stato di conservazione e manutenzione dell’opera oggetto di difformità, stante l’evidenza che essa possa influenzare, oggi, la verifica di sicurezza strutturale, sebbene questa sia in teoria limitata ai requisiti normativi dell’epoca.
Infatti, l’ art. 36 bis comma 2 richiama espressamente la possibilità che l’Ente «può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo».
Come già più volte richiamato, le forme di asseverazione “semplificate” offerte dal Salva Casa non devono essere esonerate, qualora necessario, dalle più tradizionali verifiche sugli edifici esistenti ai sensi del cap. 8 delle attuali NTC.
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Soprattutto per strutture in c.a. sappiamo che il trascorrere del tempo può innescare forme di degrado materico anche gravi tale da compromettere la sicurezza statica.
Occorre ricordarsi sempre la qualità edificatoria e soprattutto la scarsa manutenzione che caratterizza in generale il patrimonio edilizio italiano, per chiedersi se sia sufficiente fermarsi ad una sola verifica di conformità limitata alle richieste di sicurezza delle norme tecniche del tempo.
E il calcestruzzo , per esempio, o le sue armature, avranno oggi, al momento dell’asseverazione sismica, le medesime resistenze di quelle all’atto della realizzazione?
Degrado delle opere in c.a.
La carbonatazione è uno dei fenomeni più comuni di degrado nel corso della vita utile di una struttura in c.a., quando l’anidride carbonica presente nell'aria entra in contatto con il calcestruzzo, modificando le proprietà alcaline del conglomerato. Il calcestruzzo è caratterizzato da un ambiente di tipo basico (PH > 13) che è favorevole alla conservazione delle armature metalliche, tale da formare un film protettivo attorno ad esse.
Tuttavia quando l’anidride carbonica riesce a penetrare attraverso i pori del calcestruzzo, si innesca una riduzione del PH favorendo appunto il processo di carbonatazione che trasforma l’idrossido di calcio in carbonato di calcio.
Tale reazione è causa della riduzione dell’alcalinità del calcestruzzo e della conseguente compromissione del film protettivo e passivante attorno alle armature metalliche. In questa fase possono penetrare all’interno acqua, aria e umidità che contribuiscono alla corrosione delle armature oramai senza protezione. L’ossidazione comporta l’aumento in volume che inizialmente fessura il copriferro cementizio fino a portalo al distacco. Le armature non più protette dal copriferro vanno incontro successivamente ad un degrado ancora più accelerato poiché ogni agente atmosferico può ridurre e compromettere le sue caratteristiche meccaniche.
In maniera analoga avviene per l'aggressione dei cloruri per strutture in c.a. esposte in zone costiere. I cloruri, penetrando all’interno della struttura in calcestruzzo, raggiungono i ferri d’armatura ed eliminano il film protettivo che li ricopre.
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Sanatoria condizionata art. 36-bis comma 2 T.U.E.
Si tratta di un nuovo strumento che offre la possibilità di sanare alcune difformità edilizie, secondo le recenti modifiche apportate dal Salva Casa nel T.U.E., purchè a precise condizioni e richieste di interventi strutturali da parte dello sportello edilizio comunale o del servizio sismico regionale.
Questo nuovo strumento risulta applicabile ai soli casi di assenza di permesso di costruire, o in totale difformità ( art. 31 T.U.E. ), oppure in assenza di segnalazione certificata di inizio attività ( art. 23 comma 1 T.U.E .) o in totale difformità da essa.
COSA CAMBIA
La principale differenza rispetto alla più difficile sanatoria tradizionale è la conformità cosiddetta “asincrona”: alle norme urbanistiche al momento della domanda, e alle leggi edilizie al momento della realizzazione della difformità.
In sede di esame, l’ufficio tecnico competente può condizionare il rilascio del provvedimento richiedendo specifici interventi strutturali , nei limiti sempre e solo di abusi edilizi minori, restando invece esclusi quelli primari compiuti in assenza o totale difformità da permesso di costruire o SCIA alternativa.
Tutto ciò nella finalità di garantire l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Pertanto, in questi casi il ritorno al capitolo 8 delle attuali NTC è d’obbligo, e si conferma il riferimento unico per ottemperare alla progettazione dei specifici interventi richiesti in sede di esame, portandosi dietro tutti gli obblighi di documentazione previsti dalle attuali norme tecniche.
Come anticipato, la possibilità di limitare le verifiche rispetto alle sole norme tecniche dell’epoca risulta applicabile ai soli casi di difformità più semplici entro le nuove tolleranze introdotte dal Salva Casa .
Nel caso di difformità realizzate molti anni fa e in stato di cattiva conservazione, il buon senso del tecnico strutturista dovrebbe traguardare oltre la semplificazione introdotta dal legislatore, e riferirsi agli obblighi e alle procedure di verifica ai sensi del capitolo 8 delle attuali NTC.
Indagini sugli elementi strutturali in c.a.
Quali sono le principali indagini (visive e strumentali) che il tecnico strutturista deve comunque preoccuparsi di eseguire per le conformità richieste dal Salva Casa?
Come detto, vale prima di tutto il buon senso, perché l’oggetto di verifica di conformità è pur sempre una struttura datata, a volte eseguita con qualità scadente come negli anni del boom edilizio.
Sicuramente il primo esame deve essere visivo e di ispezione manuale, per comprendere se i copriferri siano ben aderenti o se siano rilevabili segni di distacco che potrebbero essersi generati per diversi motivi legati all’età, all’esposizione e alla scarsa manutenzione: per cicli di gelo-disgelo, per corrosione delle armature, per impatti meccanici o per difetti di esecuzione.
La prima ricerca che il tecnico dovrà promuovere riguarderà i disegni esecutivi delle strutture in c.a. oggetto di sanatoria. Nel caso esistesse il loro deposito, il tecnico dovrà comunque procedere ad una loro analisi a tavolino e verifica della rispondenza in situ, come richiesto per qualsiasi edificio esistente in c.a.
L’utilizzo del pacometro, ad esempio, potrà risultare utile a confermare passo e diametri delle armature riportate in progetto. La metodologia si basa sul principio della misurazione dell’assorbimento del campo magnetico, prodotto dalla stessa apparecchiatura pacometrica, che viene evidenziato tramite un sistema analogico o digitale accoppiato ad un sistema acustico per una più comoda effettuazione della ricerca degli elementi metallici.

Tuttavia poiché non sempre le difformità edilizie hanno un progetto o un collaudo statico depositato, il tecnico strutturista avrà sicuramente necessità di reperire una stima delle resistenze del calcestruzzo ai fini delle verifiche di conformità. Ciò potrà essere dedotto solamente da prove diagnostiche in situ, attraverso diverse opzioni , magari correlabili tra di loro.
La prima di carattere più invasivo è l’estrazione di carote dall’elemento strutturale (pilastri o travi) per le opportune prove di compressione da svolgersi presso i laboratori autorizzati. Correlato al carotaggio è altresì il prelievo di un tratto di armatura per testarlo a trazione in laboratorio.

Qualora per ragioni estetiche e funzionali non ci sia la possibilità di prelevare le carote cementizie, il tecnico può ricorrere ad altre tecnologie diagnostiche meno invasive di comprovata validità. Lo sclerometro, ad esempio, è uno strumento portatile in situ di facile utilizzo, che si basa sul rimbalzo di una massa ad una certa altezza mediante una scala graduata.
Le prove sclerometriche consentono di stimare la resistenza a compressione del calcestruzzo in strutture esistenti. E’ consigliabile eseguire molte battute per ogni punto d’indagine per avere un valore statistico più accurato.
Per una stima delle resistenze del calcestruzzo esiste anche la prova di pull-out, meno invasiva del carotaggio e in parte ad essa sostituibile come indicato dalla tabella C8.5.V della Circolare 2019. La prova arreca un danno limitato all’elemento di calcestruzzo e si basa sulla corrispondenza tra il carico unitario di rottura a compressione del calcestruzzo e la forza necessaria ad estrarre un inserto metallico standardizzato inserito nel calcestruzzo indurito.

E’ possibile associare allo sclerometro anche la prova ad ultrasuoni che sfrutta la generazione di onde elastiche, nell'ambito di frequenze ultrasoniche, in un punto della struttura attraverso la percussione con trasduttori elettrodinamici. L’elaborazione dei dati consiste nel calcolo del tempo, della velocità e della frequenza di attraversamento dell’impulso nell’elemento strutturale. In base alle velocità rilevate, è possibile stimare la qualità e le resistenze del calcestruzzo.
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