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Salva-Casa e l’amaro calice delle certificazioni

Col Salva Casa crescono le certificazioni e le responsabilità dei professionisti tecnici privati. In questo approfondimento una disamina di quelle introdotte con la legge di conversione n. 105 del 24 luglio 2024, e delle relative sanzioni in caso di false dichiarazioni.

Abbiamo anticipato che avremmo commentato la legge Salva-casa a piccole dosi, per argomenti, e per cominciare pare utile vedere come cambiano gli adempimenti richiesti alla classe professionale cui ne è demandata l’applicazione, cercando di essere coerenti con l’osservazione già svolta nel precedente scritto: le norme sono adeguate al fine che si propongono ? Anche perché le innovazioni vengono sempre presentate come “semplificazione”.

Cominciamo la disamina per temi della legge Salva-Casa da un argomento trasversale che riguarda l’attività professionale dei tecnici privati (dei tecnici pubblici parleremo più avanti).

Il testo di legge aggiunge una serie non indifferente di certificazioni richieste ai progettisti di cui è bene parlare per rendersi conto delle insidie che possono nascondere e – a mio avviso in alcuni casi – anche delle inopportunità/inutilità.

SCARICA IL TESTO DELLA LEGGE 'SALVA CASA'

 

Un pericolo scampato

Solo in sede di conversione in legge è stato eliminato l’onere che il decreto-legge - al secondo periodo dell’articolo 34-bis, comma 3-ter ai fini dell’ammissibilità delle “Tolleranze costruttive” - imponeva al progettista di verificare “…. la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi” e conseguentemente di provvedere “alle attività necessarie per eliminare tali limitazioni, presentando, ove necessario, i relativi titoli”.

Cui conseguivano le sanzioni:

In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. La formazione dei titoli di cui al secondo periodo e la concreta esecuzione dei relativi interventi è condizione necessaria per la redazione della dichiarazione di cui al comma 3”.

Onestamente era esagerato e assurdo chiedere opere di eliminazione delle eventuali compromissioni dei diritti di terzi per veder riconosciute le tolleranze!

La norma proposta (ed ora cassata) evidentemente derivava dalla previsione - sempre inserita nelle passate leggi di condono - che riconoscevano la sanabilità nei limiti della non lesione dei diritti di terzi.

Ma ci si era dimenticati che le opere soggette a condono sono abusive, mentre le difformità rientranti nelle tolleranze no (questo infatti è il riconoscimento concettuale e giuridico che ad esse attribuisce la norma - v. commi 1 e 3).

La fattispecie dunque è diversa ed anche l’eventuale lesione di interessi privati va eccepita su di un piano diverso (ma avremo modo di riparlarne).

Pericolo scampato dunque, ma questa iniziale proposta di responsabilizzazione del tecnico progettista privato sotto minaccia di sanzioni penali però la dice lunga su come il Legislatore abbia affrontato il tema della liberalizzazione/semplificazione con le norme introdotte dalla legge Salva-Casa ed infatti l’orientamento di riversare sul progettista la richiesta di attestazioni di dubbia competenza sanzionandole penalmente riaffiora poi in altri articoli.

Come vedremo c’è una nuova tipologia di certificazioni che di tecnico hanno ben poco per la quale il Legislatore prevede però le sanzioni penali dianzi richiamate nel comma ora cassato ex articolo 76 del DPR n. 445/2000 in caso di “false dichiarazioni”; ma questa sanzione penale consegue a false o mendaci dichiarazioni inerenti fatti a “conoscenza personale” come dispone l’articolo 46 del citato DPR.

E’ appena il caso di precisare che se la sanzione penale colpisce il tecnico, le conseguenze dell’invalidità della certificazione colpisce però il richiedente/proprietario con le evidenti disastrose conseguenze civilistiche e patrimoniali.

Attenzione dunque all’attività di certificazione, a quando e dove la nuova norma, in aggiunta a quanto già in precedenza previsto dal Testo Unico dell’edilizia, la richiede oggi.

Nulla quaestio se al progettista vengono richieste attestazioni tecniche (come l’asseverazione di conformità alle norme) perché rientrano nella sua competenza professionale, ma così sempre non è.

Occorrerà allora distinguere tra:

  • le Attestazioni professionali tecniche
  • e quelle no.

Andiamo con ordine, richiamandole una ad una per poi trarne una considerazione conclusiva.

   

Quelle strane attestazioni “para-tecniche”

Articolo 34-ter, comma 2

Problematica è l’attestazione richiesta all’articolo 34-ter, comma 2 (quello nuovo delle sanatorie delle difformità veniali/parziali datate ante legge 10/1977) in caso “sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione …” già prevista dall’articolo 9-bis.

Al professionista fa carico (meglio sarebbe dire: farebbe carico) dichiarare sotto la sua personale responsabilità che Lui è sicuro (ma proprio sicuro) della “data di esecuzione della variante” (quasi certamente diretta da altro tecnico !)

A pena di sanzioni penali a norma del DPR n. 445/2000.

Visto che si tratta di edifici remoti e che manca la documentazione la dichiarazione è vieppiù incerta e aleatoria (presumibilmente non per conoscenza diretta).

Articolo 36-bis al comma 3

Analoga disposizione la troviamo all’articolo 36-bis al comma 3 (inerente l’accertamento in caso di parziali difformità e variazioni essenziali), ma qui la questione è più complessa perché la data di “realizzazione” serve anche ad individuare la normativa edilizia vigente all’epoca di cui occorre pure attestare la “conformità”.

Quindi, a seguito della datazione (della cui incertezza e inaffidabilità abbiamo già detto), si affianca anche la certificazione della conformità ora per allora; a differenza della prima quest’ultima è attività professionale anche se non certo di facile espletamento se teniamo conto delle ripetute modifiche che la norma ha avuto dalla notte dei tempi anche prima del DPR 380/01, esso pure modificato ripetutamente.

Articolo 34-bis al comma 3-bis

Qui si prevede l’attestazione del rispetto delle norme della Parte II, Capo IV, Sezione I (norme in materia sismica) richiesto dall’articolo 34-bis al comma 3-bis (ai fini dell’ammissibilità delle Tolleranze costruttive).

La norma riguarda tutte le opere ante 24 maggio 2024 indipendentemente dalla data di realizzazione.

La data di realizzazione diventa però dirimente per l’individuazione delle norme tecniche vigenti a quel momento per cui parrebbe riproporsi la stessa esigenza di “certificazione” soggetta a sanzioni penali in caso di “falso” già imposta dagli articoli 34-ter, comma 2 e 36-bis, comma 3 dianzi esaminati, ma qui il Legislatore non lo richiede e non prevede sanzioni.

Il che pare un’anomalia (rectius: un’asimmetria); ma tant’è.

Qualche problema di identificazione si porrà se l’opera è priva di titolo o se il titolo esiste ma non si trova. (v. allora le norme sullo stato legittimo).

Supponendo di avere appurato con certezza la data di realizzazione l’attività successiva cui è tenuto il professionista è di natura professionale di sua competenza e consiste:

  • dapprima nella ricostruzione della norma vigente all’epoca di “realizzazione” dell’intervento (da intendersi, si ritiene, alla data di rilascio del titolo) e poi nella verifica ora per allora di rispondenza alla normativa di settore.
  • successivamente nella richiesta di autorizzazione dell’Ufficio sismico regionale e, per ottenere il riconoscimento della tolleranza, si dovrà poi allegare all’attestazione:
    - l’autorizzazione,
    - l’attestazione dell’inutile decorso del termine,
    - la “dichiarazione asseverata” di “irrilevanza sismica”.

  

Cosa richiede(rebbe) l’articolo 47 del DPR 445/2000?

Dalla disamina congiunta delle disposizioni or ora riportate si vede come (ripetutamente) il Legislatore della l.n. 105/2024 pretenda dal progettista - insieme (o anche disgiuntamente) ad attività di certificazioni tecniche (ricostruzioni normative pregresse, conformità, …) - attestazioni a norma del DPR n. 445/2000 che (ai sensi dell’articolo 47) si fondano sulla conoscenza personale dei fatti che si attestano.

La cui falsità solo allora è sanzionata a norma del successivo articolo 76.

Poiché nella maggior parte dei casi i certificatori non sono stati attori dei pregressi edilizi nella migliore delle ipotesi molte attestazioni saranno fatte per “sentito dire” e non certo per cognizione personale (quindi false a prescindere).

Se poi dovessimo risalire al 1967, presumendo che all’epoca il dichiarante avesse almeno l’età della ragione (all’epoca erano 21 anni), il tecnico attestante avrebbe oggi almeno 77 anni (teoricamente già in pensione).

Ma se uno ha più di settantasette anni ed è ormai fuori dal ciclo produttivo non teme più di tanto la denuncia penale; il proprietario destinatario della sanatoria non avrà le sanzioni penali ma i danni dall’inefficacia della dichiarazione quelli sì.

Ai tecnici suggerisco una buona assicurazione professionale.

L’unico che potrebbe avere conoscenza personale potrebbe essere il proprietario (ma anche qui il condizionale è d’obbligo – dipende dall’età e se è stato il primo proprietario).

Per evitare attestazioni mendaci non sarebbe meglio allora invertire l’onere della prova? Che sia la Pubblica Amministrazione a smentire la “presunzione” (perché al massimo di presunzione si tratta) …. comportandosi poi in base al principio “in dubio pro reo”.

La certificazione richiesta sembra davvero un mero adempimento formale di dubbia se non nulla affidabilità.

 

La (in)affidabilità delle attestazioni

E’ abbastanza evidente che siffatte dichiarazioni anche se rese sotto la perentoria minaccia delle sanzioni penali, hanno un’affidabilità molto limitata.

Anche perché, così come sarà arduo per il certificante avere elementi certi di sostegno alla sua attestazione, altrettanto sarà arduo per l’amministrazione ricevente avere elementi certi di smentita (se ci fossero non necessiterebbe la certificazione del privato).

Dunque questo adempimento appare molto prossimo ad un formalismo burocratico inutile, una vera e propria foglia di fico per mettere in pace la coscienza (non si sa di chi).
Per fare una similitudine con la materia penale (visto che la sanzione è penale) si potrebbe dire che queste dichiarazioni rimarranno “delitti impuniti per mancanza di prove”.

  

Una considerazione finale

Non si comprende bene la motivazione dell’introduzione di queste norme (che portano in capo ad un soggetto tecnico sia attività tecnico professionali, sia dichiarazioni personali); norme che, anche se introdotte per la verifica dell’ammissibilità a certi tipi di sanatoria (articoli 34-ter, comma 2 e 36-bis, comma 3) di fatto integrano (o forse smentiscono?) quanto già previsto all’articolo 9-bis in merito allo stato legittimo in cui sarebbero state più congruamente inserite.

Non parleremo qui della certificazione da rendersi in sede di agibilità, e neppure delle dichiarazioni sulle strutture ex Covid dell’articolo 2 della legge n. 105/2024 perché la complessità dei temi merita una trattazione specifica che faremo adeguatamente.

TUE AGGIORNATO AL SALVA CASA

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Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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