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Salva Casa dal Parlamento al MIT, e adesso? La parola ai comuni (con o senza) le regioni

L'autore esamina nel dettaglio la circolare operativa del MIT sul Decreto Salva Casa, partendo dal ritardo ingiustificato dei chiarimenti che arrivano 7 mesi dopo la conversione in legge del DL 69/2024, proseguendo sulle possibili conflittualità conseguenti alle eventuali interpretazioni regionali, e chiudendo sul ruolo fondamentale dei tecnici comunali e dei progettisti tecnici, sempre attendendo la modulistica unica che potrà dare finalmente uniformità all'applicazione delle norme.

Dopo nove mesi dall’emanazione del decreto-legge Salva-Casa la norma entra in una necessaria fase operativa, nonostante ancora non siano stati fugati tutti i dubbi interpretativi, come l’Autore rileva inquadrando le problematiche nella più ampia cornice delle legislazioni regionali.

Abbiamo almeno una circolare statale che individua alcuni criteri applicativi e con quella bisogna operare senza ulteriori dilazioni o attese, ispirandosi alle buone intenzioni degli obiettivi più che ad una lettura testuale della norma.


Gli utili “criteri interpretativi” ministeriali

Sono state emanate le tanto attese linee di indirizzo e criteri interpretativi sull’attuazione del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (cosiddetto D.L. Salva Casa)”.

Qualcuno le chiama “linee guida”, ma il Ministero ha ritenuto di non chiamarle così e condivido: lasciamo le “linee guida” ai Lavori pubblici dove questa dizione ha fatto ingresso a seguito della (fallita) innovazione della legislazione soft e hard del d.lgs. n. 50/2016.

Se mi è consentito la chiamerò “circolare” che è un termine forse meno modernista, ma più conciso e più consono alla nostra cultura giuridica.

Non so poi come ulteriormente identificarla con una data e un protocollo perché non c’è; anche sul sito ufficiale del Ministero appare la dizione:

  • data di pubblicazione: 29.01.2025;
  • data di ultima modifica: 06.02.2025.

Significa forse che ci saranno anche altre modifiche in corso d’opera?

Sarebbe un curioso esempio di adeguamento in itinere delle “istruzioni per l’uso”, certamente innovativo anche se un po’ pericoloso e destabilizzante. Vuoi mettere che qualche “manina” ti cambia le carte in tavola a partita aperta?

In assenza di altri dati identificativi (la circolare non è neppure firmata !) come faremo ad individuarla citandola in futuro?

La chiameremo per adesso: circolare MIT n. 1/2025 (tanto per capirci).

 

Il periodo di “vigile attesa”

A dire il vero la partita è già aperta da quasi nove mesi (se si tien conto del decreto-legge) - o comunque da sette, se partiamo dalla conversione in legge - il che vuol dire che qualche difficoltà di lettura della legge l’ha avuta anche l’estensore (è vero che il Ministero non è il Parlamento ma è anche vero che ne è l’Esecutore; se non sa bene neppure Lui come si interpreta la legge non è un bel segno).

Da quanto ne so si è trattato di un periodo di “studio e approfondimento” della dottrina in cui si sono affacciate tentazioni di anticipazioni interpretative regionali che però ho sempre considerato improprie.

Non foss’altro per un problema di competenza: visto che si tratta di una legge statale il primo interprete non può essere che lo Stato che ne è l’Autore, per cui se fosse emanata una “circolare regionale” e una successiva “circolare interpretativa statale” la smentisse si creerebbe un fondato imbarazzo (per usare un eufemismo) negli operatori che già avessero dato corso alla interpretazione regionale.

Ben venga quindi una “lettura” dell’Autore.


Adesso cosa manca?

Adesso la “circolare” statale c’è e abbiamo anche detto che è sostanzialmente ben fatta, sia dal punto di vista dell’inquadramento delle problematiche e degli obiettivi, sia dal punto di vista del lessico espositivo (si vede che la “mano” è diversa) ed aiuta a dissipare alcuni dubbi o perplessità e a ricondurre a logica l’impalcato legislativo. (A mero titolo collaborativo credo ci sia un errore alla pg. 16 – p.to D.2.4.1 nella definizione di “immobile”).

Forse è il meglio che si poteva fare. Non aspettiamoci di più perché non potrà darlo.

Certo è che non può fare miracoli e neanche lei può integrare la legge per cui, anche così riordinata, restano degli aspetti dubbi, controversi e inconciliabili non dovuti soltanto ad una stesura letterale incongrua, ma anche ad una indeterminazione e scarsa linearità di certi obiettivi.

Necessariamente, su alcuni aspetti critici, anche la circolare è omissiva e (in evidente imbarazzo) sorvola; anzi, vedremo che alcune sue deduzioni non sono completamente condivisibili.

Come abbiamo già detto in precedenza è una legge che va applicata più interpretando i principi che non per adesione letterale.

Non si può però attendere con aspettative salvifiche le possibili interpretazioni regionali che comunque avranno sempre validità circoscritta e non inoppugnabile; e neppure possiamo aspettare eventuali legislazioni regionali concorrenti, i cui tempi (al di là dei contenuti attesi) non sono compatibili con la tempistica e le esigenze che ci si era posti e che, soprattutto rischiano di portare a comportamenti diversificati regione per regione istituti che il Legislatore statale ha tentato di unificare.

Le lacune rimaste a livello statale non credo possano essere colmate a livello regionale.

La Regione non divida ciò che lo Stato ha unito.

 

Legislazione regionale concorrente e possibile conflittualità (anche attuale)

La legge Salva-Casa si è imposta con funzione di prevalenza ma non si è dichiarata espressamente Legge di “principio” inattaccabile dalle legislazioni regionali.

A meno di non voler fare riferimento all’articolo 1 del DPR 380/01 che così dispone(va).

Però la “circolare” - alla pagina 14, 3° capoverso, p.to D.2.1.4 - in commento del comma 1-quater dell’articolo 23-ter sui cambi di destinazione d’uso - qualifica quel comma come “norma di principio” (è significativo che lo faccia proprio nell’articolo in cui più espressamente fa ripetuto rinvio ai poteri regionali e lo fa in quanto proprio lì tocca il nervo sensibile della pianificazione urbanistica).

Se è di principio il comma 1-quater non possono non esserlo anche gli altri e, a maggior ragione, tutte le altre disposizioni che sono riferite più alla tutela dei diritti patrimoniali che a poteri pianificatori.

Spero non sia necessario aspettare l’intervento della Corte Costituzionale per riconoscerlo.

Ciononostante resta pur sempre un esiguo spazio di potere concorrente regionale che darà luogo a future (auspichiamo poche) legislazioni di cui parleremo se e quando ci saranno.

Se questi interventi ci saranno ben vengano; se non ci saranno se ne farà a meno.

In questo contesto figuriamoci quale potrà essere il peso di circolari regionali interpretative di una legge di principio statale se non limitatamente ad aspetti assolutamente marginali di procedura.

Applicare la legge così com’è è indifferibile. Non dimentichiamo che è stata assunta con provvedimento d’urgenza !

Oltre all’interpretazione intrinseca della norma statale c’è però da subito un problema di interpretazione della sopravvivenza delle legislazioni regionali già emanate laddove confliggano con le sopravvenute norme del Salva-Casa.

Questo anche in virtù del fatto che alcune innovazioni del Salva-Casa sono di diretta derivazione di norme regionali che alcune regioni particolarmente attive avevano anticipato nella loro legislazione.

Norme che però il Legislatore statale – pur condividendone evidentemente il fine - non ha ripreso pari pari, ma generalmente ha riscritto comprimendone la portata.

Quelle regioni “virtuose” si trovano ora a soffrire della involuzione del Salva-Casa che, per esse, significa un regresso e non un’opzione migliorativa.

 

Ora la parola ai comuni

Diciamo che la difficoltà interpretativa ha fatto da alibi ai ritardi applicativi e ha rallentato se non di fatto impedito l’applicazione delle nuove norme portando ad un giustificato periodo di “vigile attesa”.

A dire il vero all’impossibilità applicativa ha contribuito anche la lamentata assenza della modulistica, il che è tutto un dire per una norma assunta sotto la spinta dell’urgenza e ci dovrebbe far ripensare alla farraginosità del sistema attuale appesantito da quella strumentazione che dovrebbe agevolarlo e … snellirlo.

Anche la mancanza della modulistica è figlia della difficoltà interpretativa, perché la traduzione della norma in uno schema a caselle predefinite significa dare un’interpretazione ai casi dubbi.

Una volta emanata a livello statale la modulistica potrà dare uniformità di applicazione, ma non l’assoluta certezza. Quella la vedremo in esito alla inevitabile giurisprudenza.

Adesso però gli alibi sono finiti, la norma è necessariamente “operativa” e l’onere dell’applicazione passa ora ai tecnici ai quali, come sempre, fa carico il compito più gravoso, viste le numerose innovazioni procedimentali (e questo è il meno) e nuovi compiti anche di contenuto discrezionale.

Sulle spalle dei comuni e dei professionisti progettisti grava l’onere:

  • ai primi di rispondere alle finalità pubbliche perseguite nell’interpretare un testo di legge lacunoso e impreciso;
  • ai secondi di tutelare gli interessi e i diritti patrimoniali del committente.

Operazione non facile.

 

Non è ancora tempo di bilanci

Il cuore del Salva-Casa (punto 3 della dichiarazione d’intenti iniziale che appare nel testo del decreto-legge) era (ed è) certamente “il rilancio del mercato immobiliare” e quindi, a monte, la regolarizzabilità/regolarizzazione (tramite sanatoria o fiscalizzazione) dell’esistente.

Sanare il patrimonio esistente pe renderlo utilizzabile è punto di partenza di qualsivoglia rigenerazione urbana.

Le aspettative erano quelle di una partenza bruciante delle istanze di sanatoria che non c’è stata; ma questo non vuol ancora dire un fallimento.

Al netto delle difficoltà applicative di cui abbiamo detto l’aspetto positivo del Salva-Casa è che si tratta di una “norma a regime” senza scadenze ed estesa a tutti gli immobili, il che ne consente un’applicazione ragionata e, soprattutto, l’utilizzazione al “bisogno” senza ansie da prestazione che sono sempre deleterie.

Anzi, su un tema così delicato che investe i “diritti patrimoniali” (lo abbiamo detto in tempi non sospetti) è bene andarci con cognizione di causa, per la tranquillità dei proprietari, per la coscienza professionale dei progettisti e per il bene collettivo che ne è sotteso; il disastroso esito dei “condoni” dovrebbe insegnare.

 

Dobbiamo già pensare alla prossima mossa

Anzi; visto che per ora non possiamo/vogliamo trarre un bilancio di efficacia del Salva-Casa dobbiamo invece già pensare al conseguente problema applicativo che si porrà d’ora in poi.

Il fine dichiarato del Salva-Casa era la regolarizzazione degli immobili esistenti attraverso la predisposizione di procedure e istituti innovativi.

Che ci piacciano o no, che l’effetto sia o no quello atteso adesso le norme sono state innovate e quindi d’ora in poi …. o si regolarizza (con sanatoria o fiscalizzazione) o si demolisce (rimessa in pristino).

Sull’efficacia delle norme a presidio della demolizione/rimessa in pristino qualche dubbio c’è, visti i risultati fin qui ottenuti e forse andrebbe adeguato il sistema se davvero si vuole salvaguardare il patrimonio esistente, rivedendo non solo le modalità di regolarizzazione, ma anche quelle coercitive della rimessa in pristino/demolizione/acquisizione se davvero ci teniamo alla conservazione del nostro patrimonio nazionale.

Poiché si risente parlare del nuovo Testo Unico delle Costruzioni questo potrebbe essere un tema stimolante.

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Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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