Digitalizzazione
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Ruperto: BIM, una transizione "soft" mitigherebbe un paventabile blocco degli appalti

Intervista a arch. Francesco Ruperto Ph. D.
"Coordinatore Scientifico Master BIM Facoltà di Architettura Sapienza Università di Roma"

INGENIO: Il mondo del BIM, e più in generale della digitalizzazione nel settore delle costruzioni nel corso di pochi mesi è stato al centro dell’attenzione del Legislatore (Art. 23 – Comma 13 del Codice Appalti) e si sta dotando di un nuovo impianto normativo (il 27 Gennaio sono state pubblicate le prime tranche – 1, 2 3 4 – della UNI 11337-2017). A breve inoltre saranno disponibili i risultati della Commissione Ministeriale Digitalizzazione Appalti Pubblici. Cosa significa tutto ciò per gli operatori della filiera secondo lei?
F.Ruperto: Credo che si siano creati i presupposti minimi affinché anche nel nostro Paese si possa intraprendere un percorso di Sistema che conduca il settore ad una generale ottimizzazione dei processi legati alla realizzazione di opere pubbliche basata sulla possibilità offerte dalle tecnologie digitali.
La domanda pubblica può costituire la leva necessaria a r-innovare l’intero settore delle costruzioni nella principale finalità di la spesa pubblica in lavori dotando al contempo gli operatori del comparto del know-how necessario a competere con successo sui mercati internazionali.

A questo ambito è riconducibile anche il Protocollo di Intesa, siglato dall’Agenzia del Demanio,  Politecnico di Milano, Sapienza Università di Roma ed Università di Napoli “Federico II” e finalizzato a sviluppare una collaborazione per le attività di studio destinate alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso l’impiego del metodo e delle tecnologie BIM.

Il Decreto Ministeriale e la Norma UNI 11337:2017 costituiscono due fondamentali caposaldi ma devono essere considerati punti di partenza di un cambio di paradigma che ha bisogno però, per giungere a completa maturazione, di ulteriori aggiornamenti di carattere amministrativo, tecnico e normativo.

INGENIO: Quali attenzioni che la Commissione Ministeriale dovrà avere, visto che questo lavoro è finalizzato all’applicazione del BIM negli appalti pubblici? e quali i pericoli che dovranno essere “gestiti” per evitare a un blocco dei LL.PP. o ad un’applicazione solo sulla carta ?

F.Ruperto: L'applicazione del così detto BIM (in questo acronimo si sono addensati significati diversi che gli operatori ancora faticano a distinguere) da parte delle Stazioni Appaltanti pubbliche necessiterebbe di un periodo iniziale fortemente indirizzato alla maturazione della consapevolezza del tema, alla formazione, alla ri-strutturazione  dei processi di committenza oltre che alla acquisizione degli strumenti software più idonei a svolgere il proprio mandato istituzionale. Credo pure che dalle stesse Stazioni Appaltanti l'occasione vada intrepretata come un'opportunità da cogliere, piuttosto che come obbligo da subire in maniera coatta. Il livello dell'aspetto motivazionale nella adozione di processi orientati al BIM è direttamente proporzionale alla qualità dei risultati attendibili. E questo aspetto vale tanto per le SA quanto per tutti gli operatori del settore: progettisti ed imprese.
Una transizione "soft" basata quindi su un approccio volontaristico, motivato e graduale, mitigherebbe un paventabile blocco degli appalti, eviterebbe applicazioni fittizie e potrebbe condurre alla raccolta di informazioni utili ad un successivo periodo di obbligatorietà più definita .

INGENIO: Per gli operatori più evoluti termini come 3D, 4D e 5D corrispondono ad attività sulle quali si è maturata una significativa esperienza. Sono ancora pochi coloro che, viceversa, stanno sperimentando l’impiego di Common Data Environment (CDE) – oppure ACDat se vogliamo utilizzare con la terminologia prevista nelle UNI 11337-2017 – piuttosto che Model e, soprattutto, Code Checking che in realtà, se la modellazione 3D rappresenta i pilastri del BIM, ne costituiscono gli architravi. Che ruolo potranno avere i committenti, pubblici e privati, per la diffusione di tali sistemi?

F.Ruperto: E’ solo questione di tempo. Gli operatori del settore sono stati investiti dagli ultimi anni da una quantità di informazioni relative al BIM molto orientate agli aspetti geometrico-dimensionali facilmente “vendibili” grazie alla fascinazione propria della rappresentazione tridimensionale. Questo ha causato fraintendimenti del tema che ancora oggi ci si trova a dover disambiguare. Ma chi tra Committenti, Progettisti ed Imprese inizia un reale percorso di implementazione, una volta superati gli equivoci iniziali si rende ben conto di essere di fronte ad un ambito ben più complesso e che necessita della competenza di saper gestire attività “altre” con strumenti maggiormente specifici rispetto al proprio ruolo nel progetto.

INGENIO: BIM e Università: molti atenei stanno organizzando MASTER dedicati alla figura del BIM MANAGER. E’ sufficiente od occorre ripensare anche il ciclo di studi ante Laurea?

F.Ruperto: BIM Manager è definizione dal suono ammaliante e di esotico appeal che sta muovendo l’interesse di tanti operatori del settore più o meno giovani. Le competenze necessarie a svolgere quel tipo di ruolo aziendale possono essere raggiunte coniugando conoscenze acquisite in specifici percorsi formativi quali i Master Universitari con l’esperienza acquisita nell’ambito di riferimento magari operando entro funzioni di Project Management.

Discorso diverso quello che riguarda l'insegnamento di processi, metodi e strumenti orientati al BIM nei corsi di laurea. Come pure emerso nell’ambito di un tavolo informale del BIM Academic Forum Italy (organizzato nello scorso mese di Luglio a Roma da Facoltà di Architettura Sapienza Università di Roma, Politecnico di Milano ed Università di Brescia) molte sono i docenti di numerose università in Italia che hanno inserito nella loro disciplina di riferimento contenuti comunque riferibili all’ambito BIM. Per ottenere però dei risultati apprezzabili, non considerando il BIM un sapere a se stante, in termini quantitativi e di risultati attendibili alla grande scala, occorrerebbe un approccio maggiormente integrato tra insegnamenti diversi.

 

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