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Ronsivalle: "Preoccupazione per il futuro, ma fiducia negli Ordini"

In merito all’indagine “Guidare il progresso: un nuovo ruolo per gli ingegneri italiani”, abbiamo raccolto il punto di vista dell’Ing. Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Presidente Ronsivalle, quali sono le sue valutazioni generali sulle conclusioni cui giunge l’indagine del Centro Studi? “Direi che i risultati dell’indagine sono soprattutto la testimonianza di una situazione di grande sofferenza e crisi da parte della nostra categoria. In particolare, colpisce il fatto che le risposte fanno trapelare un sentimento di pessimismo, sia in riferimento ai livelli di redditi raggiungibili attraverso l’esercizio della professione, sia più in generale sul suo stesso futuro. Va sottolineato come la situazione si sia progressivamente aggravata negli ultimi tre o quattro anni. In questo senso, è particolarmente significativo come le risposte che denotano maggiore preoccupazione siano quelle degli ingegneri che operano nel settore civile e dei lavori pubblici, soprattutto se esercitano la libera professione. I dipendenti, invece, mostrano un grado di preoccupazione inferiore”. Nessuna nota di ottimismo in questa ricerca? “Un dato positivo c’è. Nella stragrande maggioranza, gli ingegneri interpellati hanno manifestato grande fiducia nelle istituzioni di categoria. Mi ha colpito, in particolare, la percentuale di coloro i quali ritengono che debbano essere gli Ordini provinciali a gestire la formazione e l’aggiornamento professionale. E’ il segno che gli ingegneri continuano a percepire positivamente l’attività e l’esistenza stessa degli organismi che li rappresentano”. Dall’indagine emerge un certo scetticismo nei confronti della politica. “In effetti da questo studio si ricava l’idea che gli ingegneri non considerino il mondo della politica capace di affrontare e risolvere i problemi del paese. D’altra parte, essi avvertono di avere capacità e competenze da offrire ai politici per aiutarli a individuare soluzioni. Tuttavia, hanno la sensazione che questi respingano l’offerta di aiuto, che tutti i loro suggerimenti cadano sistematicamente nel vuoto. Un esempio significativo è quello della burocrazia. Su quel terreno andrebbero introdotte riforme strutturali e profonde, in grado di incidere su una situazione ormai endemica. Invece ci si limita a singoli decreti di semplificazione che risultano avere sempre uno scarso impatto”.

In merito all’indagine “Guidare il progresso: un nuovo ruolo per gli ingegneri italiani”, abbiamo raccolto il punto di vista dell’Ing. Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.

Presidente Ronsivalle, quali sono le sue valutazioni generali sulle conclusioni cui giunge l’indagine del Centro Studi?
“Direi che i risultati dell’indagine sono soprattutto la testimonianza di una situazione di grande sofferenza e crisi da parte della nostra categoria. In particolare, colpisce il fatto che le risposte fanno trapelare un sentimento di pessimismo, sia in riferimento ai livelli di redditi raggiungibili attraverso l’esercizio della professione, sia più in generale sul suo stesso futuro. Va sottolineato come la situazione si sia progressivamente aggravata negli ultimi tre o quattro anni. In questo senso, è particolarmente significativo come le risposte che denotano maggiore preoccupazione siano quelle degli ingegneri che operano nel settore civile e dei lavori pubblici, soprattutto se esercitano la libera professione. I dipendenti, invece, mostrano un grado di preoccupazione inferiore”.

Nessuna nota di ottimismo in questa ricerca?
“Un dato positivo c’è. Nella stragrande maggioranza, gli ingegneri interpellati hanno manifestato grande fiducia nelle istituzioni di categoria. Mi ha colpito, in particolare, la percentuale di coloro i quali ritengono che debbano essere gli Ordini provinciali a gestire la formazione e l’aggiornamento professionale. E’ il segno che gli ingegneri continuano a percepire positivamente l’attività e l’esistenza stessa degli organismi che li rappresentano”.

Dall’indagine emerge un certo scetticismo nei confronti della politica.
“In effetti da questo studio si ricava l’idea che gli ingegneri non considerino il mondo della politica capace di affrontare e risolvere i problemi del paese. D’altra parte, essi avvertono di avere capacità e competenze da offrire ai politici per aiutarli a individuare soluzioni. Tuttavia, hanno la sensazione che questi respingano l’offerta di aiuto, che tutti i loro suggerimenti cadano sistematicamente nel vuoto. Un esempio significativo è quello della burocrazia. Su quel terreno andrebbero introdotte riforme strutturali e profonde, in grado di incidere su una situazione ormai endemica. Invece ci si limita a singoli decreti di semplificazione che risultano avere sempre uno scarso impatto”.