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Ristrutturazione edilizia e demo-ricostruzione successiva che aumenta il volume: le regole del Testo Unico Edilizia

Non esiste un divieto generalizzato di modificare un edificio che sia stato precedentemente ristrutturato, in particolare mediante demolizione e ricostruzione. Pertanto, una volta che la ristrutturazione sia stata portata a termine, l'edificio, in quanto tale, può essere soggetto ad ulteriori modifiche.

Le ristrutturazioni edilizie non sono tutte uguali, alcune possono precedere lavori di demolizione e ricostruzione che solo in un secondo momento vanno ad aumentare la sagoma dell'edificio ma che non intaccano la qualificazione del 'primo' intervento edilizio.

Di questo si occupa il Consiglio di Stato nella corposa sentenza 8831/2023 dello scorso 10 ottobre, inerente il ricorso di un comune contro la sentenza del TAR Lombardia che aveva dato ragione a dei privati, secondo i quali le opere autorizzate in variante per l'edificio dei vicini avevano determinato un ampliamento delle dimensioni del fabbricato, ragione per cui l'intervento non poteva più considerarsi quale intervento di ristrutturazione.

Ristrutturazione e aumento di volume dell'edificio: il caso

La parte interessante è rappresentata dal quarto motivo di ricorso del comune, secondo cui il TAR avrebbe erroneamente ritenuto che gli interventi realizzati siano ascrivibili alla nuova costruzione e non alla ristrutturazione edilizia.

Il TAR ha, infatti, ritenuto che il permesso impugnato ha assentito la realizzazione di un intervento costruttivo che ha determinato illegittimamente un ampliamento sia della volumetria che della superficie del fabbricato preesistente, condividendo la tesi dei ricorrenti di primo grado secondo la quale l’intervento sarebbe qualificabile come nuova costruzione e non come ristrutturazione.

Secondo il Comune, invece, il permesso in sanatoria sarebbe stato richiesto a fronte di modeste e quasi impercettibili difformità rispetto al progetto di cui alla DIA del 2008. Tali difformità, inoltre, non avrebbero inciso sui parametri edilizi individuati dalla legge e dal Piano delle Regole del nuovo PGT, adottato in data 14.10.2008 e quindi applicabile ratione temporis.

Le cause del maggior ingombro

Palazzo Spada sottolinea che, dalle verifiche effettuate, è emerso che il fabbricato, così come risultante in esito alle opere oggetto di sanatoria, presenta un maggior ingombro, rispetto a quanto assentito con il permesso in variante del 2007.

Tale maggior ingombro deriva:

  • da una parte, dalla posa del rivestimento in pietra all’esterno di una facciata del fabbricato ricostruito;
  • d’altra parte da una maggior altezza del colmo del tetto e dalla diversa forma della copertura.

Peraltro il verificatore ha anche rilevato che “non è facile calcolare l’aumento di volumetria per la mancanza di tutte le altezze dell’edificio originario nelle tavole dello stato di fatto dei progetti presentati.”.

Per capire bene la questione, bisogna rilevare che l'aumento di ingombro dell'edificio determinato dalla posa del rivestimento in pietra non può aver inciso sul parametro della volumetria utile né su quello della superficie utile, trattandosi di un rivestimento esterno al fabbricato, che non ha inciso minimamente sullo spazio agibile; semmai la maggior superficie occupata dall'edificio per effetto del rivestimento potrebbe aver inciso sul diverso parametro del rapporto di copertura (ovvero del parametro che indica quanta superficie di un fondo può essere occupata con costruzioni), ma la violazione di tale parametro non è stata dedotta, e tanto meno dimostrata.

La diversa sagoma rispetto al fabbricato preesistente: occhio ai momenti degli interventi edilizi

Per quanto riguarda il fatto che il rivestimento ha indotto una diversa sagoma rispetto a quella del fabbricato ante ristrutturazione, la questione deve essere esaminata tenendo presente che non esiste un divieto generalizzato di modificare un edificio che sia stato precedentemente ristrutturato, in particolare mediante demolizione e ricostruzione.

In pratica, una volta che la ristrutturazione è stata portata a termine, l’edificio, in quanto tale, può essere soggetto ad ulteriori modifiche, e quindi, laddove consentito dalle norme di riferimento, può anche essere ampliato in un secondo momento, o - come nel caso di specie – essere fatto oggetto di modifiche che ne determinano un maggior ingombro, senza che ciò implichi modifica dei parametri edilizi.

Nel caso di specie il rivestimento che ha determinato il maggior ingombro del fabbricato è stato effettuato a ristrutturazione ormai terminata, e quindi non rientra tra gli interventi in cui si è compendiata la ristrutturazione, tant’è che si tratta di opere in sanatoria in variante alla DIA del 2008 - e non dei permessi di costruire rilasciati nel 2006 e 2007 –, la quale non era stata non in variante ai precedenti permessi di costruire e presupponeva che alla data di presentazione (7 ottobre 2008) non fossero in corso altri interventi edilizi.

Secondo Palazzp Spada, in definitiva, non si può affermare, se non sulla base di una superficiale valutazione, che il suddetto intervento deve ritenersi vietato per il solo fatto che modifica la sagoma del fabbricato rispetto a quella preesistente.

Non essendo state indicate, inoltre, specifiche norme che avrebbero vietato il suddetto intervento (ad esempio: violazione del parametro del rapporto di copertura), che non incide sulla superficie e sulla volumetria utile, si deve ritenere corretta la valutazione del Comune, che ha ritenuto l’intervento autorizzabile.

E la maggiore volumetria interna? L'abuso edilizio va giudicato nel suo complesso

Per quanto riguarda, infine, la maggiore volumetria interna che il fabbricato presenterebbe rispetto a quella assentita con il permesso di costruire del 2007, il Collegio osserva che tale circostanza consente al Comune di avviare un procedimento di contestazione di abuso edilizio;

Però, nell'ambito del presente giudizio essa avrebbe potuto dare causa ad annullamento del permesso di costruire in sanatoria impugnato solo sotto il profilo della violazione del principio per cui la sanatoria di opere abusive non è 'frazionabile', dovendo gli abusi valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: l'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente (cfr. Cons. Stato, Sez. II, n. 8752 del 13 ottobre 2022; Cons. Stato, Sez. VI, n. 1350 del 15 febbraio 2021 e n. 2738 dell’8 maggio 2018).


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