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Rischio sanzioni per abuso se la SCIA in sanatoria presenta elaborati non aderenti allo stato di fatto

La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) riveste un ruolo importantissimo nel contesto edilizio, in quanto rappresenta un titolo abilitativo necessario per interventi che non rientrano nell'edilizia libera e non richiedono permessi di costruzione. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha ribadito come la SCIA, pur essendo un mezzo di semplificazione burocratica, non deve essere interpretata in modo estensivo e il suo corretto utilizzo è fondamentale per il rispetto delle normative edilizie.

L'importanza della SCIA nell’edilizia

Quando un proprietario di un immobile decide di intraprendere lavori di ristrutturazione, ampliamento oppure manutenzione straordinaria, che non rientrano in edilizia libera e non richiedono un permesso di costruire (PdC) o una CILA, può far riferimento alla SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività).

La Scia è un titolo abilitativo necessario quando l’intervento che si vuole realizzare riguarda anche interventi su elementi strutturali di un edificio.

Secondo l’art.36-bis del TU dell’edilizia, articolo introdotto dal Decreto Salva Casa, la SCIA può essere presentata, dopo il 30 maggio 2024, anche in sanatoria, considerando una conformità differenziata tra il momento di realizzazione dell’abuso (conformità alle normative tecniche) e quello relativo all’atto di presentazione dell’istanza di sanatoria (conformità urbanistica).

Naturalmente è implicito che per le istanze precedenti all’entrata in vigore di suddetta disposizione normativa occorre far riferimento alla disciplina antecedente e quindi doppia conformità, ossia l’abuso per essere sanato deve rispettare la disciplina urbanistica all’atto della realizzazione e quella in vigore al momento della presentazione dell’istanza in sanatoria.

Le norme di riferimento che regolano la SCIA sono:

  • la legge 241/1990, ossia la norma fondamentale che disciplina il procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi;
  • il DPR 380/01, ossia la normativa di riferimento per l’attività edilizia in Italia;
  • il DLGS 222/2016, noto come Decreto SCIA2, che introduce importanti semplificazioni in materia edilizia con lo scopo di ridurre le procedure burocratiche per la realizzazione di interventi edilizi.

Come anticipato, tale strumento può essere usato anche per scopi diversi dalla richiesta di sanatoria, ossia per richiedere l’autorizzazione di interventi edilizi non ancora realizzati. In queste casistiche è importante ricordare che essa deve essere presentata prima dell’inizio dell’intervento edilizio e solo dopo i lavori possono effettivamente iniziare.

Tuttavia il Comune ha a disposizione 30 giorni per effettuare le opportune verifiche e nel caso in cui rilevi delle irregolarità può chiedere documentazioni integrative, ma può ordinare anche la sospensione dei lavori e il rispetto del progetto allegato alla SCIA autorizzata.

Inoltre, come tutti gli altri titoli abilitativi anche la SCIA non ha durata infinita, difatti la sua validità è di 3 anni.

In definitiva, la SCIA rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la trasparenza e la legittimità dei lavori, ma non può essere interpretata in modo estensivo o utilizzata per giustificare interventi non autorizzati, come chiarito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 40/2025.

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Il caso del soppalco e la rimozione del solaio nella SCIA

Nel caso richiamato dalla sentenza del Consiglio di Stato il ricorrente aveva impugnato l’ordinanza emessa dal Comune di Chiaravalle, con la quale veniva imposto di ripristinare lo stato originario del suo appartamento, a seguito di irregolarità riscontrate durante un sopralluogo effettuato dai tecnici comunali. In particolare, essi avevano accertato l’assenza del solaio tra il terzo piano e il sottotetto, nonché una maggiore altezza dell’edificio rispetto al progetto approvato.

A seguito dell’ordinanza il ricorrente ha presentato ricorso al Tar Marche, sostenendo che il solaio era stato sostituito da un soppalco realizzato nel 2013 attraverso una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), senza che il Comune avesse sollevato obiezioni. Il TAR, esaminata la documentazione fornita dal ricorrente, ha però respinto tutte le argomentazioni sollevate ritenendole infondate.

È stato quindi presentato appello al Consiglio di Stato, contestando l’ordine di ripristino del solaio e l’irrogazione della sanzione pecuniaria, sostenendo che la SCIA del 2013 avrebbe legittimato la realizzazione del soppalco e che l’aumento di volume non avrebbe superato i limiti di cubatura previsti dal Piano Regolatore Generale (PRG).

Il Consiglio di Stato però ha respinto l’appello chiarendo che “La S.C.I.A. del 17 ottobre 2013, presentata per regolarizzare l’avvenuta realizzazione del soppalco e l’apertura del velux nella copertura, non fa riferimento o cenno alcuno alla rimozione integrale del (controsoffitto o solaio) divisorio posto tra il piano terzo e il sottotetto; anzi, la descrizione dell’intervento nell’annessa relazione illustrativa, quando specifica che il soppalco è stato costruito «previa eliminazione di un controsoffitto non strutturale, poggiante sulle pareti sottostanti opportunamente già rinforzate, in corrispondenza del bagno, del disimpegno e di una ridotta porzione delle camere da letto; in tali ambienti l’altezza interna è stata ridotta a ml. 2,40», rende chiaro che la rimozione del controsoffitto – «poggiante sulle pareti sottostanti opportunamente già rinforzate» – riguardasse soltanto la zona interessata dalla realizzazione del soppalco, cioè l’area corrispondente al bagno, al disimpegno e a parte della camera da letto, ambienti nei quali l’altezza interna era stata ridotta a 2,40 metri per consentire la realizzazione della cubatura soprastante sviluppata dal soppalco, tanto è vero che nella relazione illustrativa e nella Tavola n. 1 alla S.C.I.A. (che contiene lo sviluppo del calcolo) l’incremento di volume generato dall’intervento è riferito unicamente al soppalco (mq 34,75).”

Quindi i giudici hanno ritenuto che l’ordine di ripristino fosse legittimo, in quanto riferito solo alla parte di solaio rimossa al di fuori della zona interessata dal soppalco e la SCIA non autorizzava la rimozione integrale del solaio, ma solo quella parziale necessaria per la realizzazione del soppalco.

A seguito della pronuncia del Consiglio di Stato è fondamentale che la relazione e gli elaborati connessi alla SCIA in sanatoria siano aderenti strettamente allo stato di fatto per non incorrere in sanzioni successive.

LA SENTENZA DEL Consiglio di Stato n. 40/2025 È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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