Data Pubblicazione:

Riqualificazione energetica: un’occasione per ri-dare vita all’esistente

intervista all'ing. Gaetano Fede sulla Riqualificazione energetica, sul patrimonio immobiliare esistente e sul ruolo del professinista

INTERVISTA all’ING. GAETANO FEDE – Referente Consiglio Nazionale Ingegneri per l’area Energia

Il 19 giugno 2015 si terrà a Roma la Giornata Nazionale dell’Energia, organizzata dal Consiglio Nazionale Ingegneri, ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile e FINCO – Federazione industrie prodotti, impianti, servizi ed opere specialistiche per le costruzioni, con il Patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico. L’evento sarà un importante momento di aggiornamento per i professionisti operanti nel settore.
Abbiamo intervistato l’Ing. Gaetano Fede, referente del Consiglio Nazionale Ingegneri per il settore energia, in relazione ad alcune tematiche urgenti e di attualità. Quale può essere il ruolo dell’ingegnere nel panorama italiano per i settori edilizia ed energia? Cosa dire delle attuali tariffe in tema di certificazione energetica? C’è speranza per i giovani che scelgono di rimanere a lavorare in Italia?

1. In un contesto di crisi economica ed in particolare dell’edilizia, nonché di mercato stagnante, crede che il settore della riqualificazione energetica degli edifici esistenti possa costituire un volano per la crescita economica del Paese?
Certo che sì, a condizione che ci siano agevolazioni, e soprattutto accessi al credito, più semplici e più credibili di quelli attuali, che spesso sono articolati e faraginosi.

2. Come risultano allo stato attuale gli edifici italiani residenziali, in particolare dal punto di vista energetico?
Sulla base dei dati ufficiali dell’ultimo censimento ISTAT del 2010 e di quelli degli ultimi rilevamenti di altri organismi (ENEA, ANCE, CRESME, ecc.) è stato possibile determinare, anche se in maniera preliminare e non esaustiva, la consistenza del parco immobiliare nazionale. Vi sono sul territorio circa 700.000 edifici che risultano non utilizzati, per recupero edilizio o perché in condizioni precarie di sicurezza. Gli edifici a destinazione d’uso residenziale, al 2013, risultano pari a 11,7 milioni con oltre 29 milioni di abitazioni. Oltre il 60% di tale parco edilizio ha più di 45 anni, ovvero è precedente alla legge 376 del 1976, prima legge sul risparmio energetico. Di questi edifici, oltre il 25% registra consumi da un minimo di 160 kWh/(m2*anno) ad oltre 220 kWh/(m2*anno).

3. Quali reputa possano essere eventuali ostacoli (normativi, burocratici oppure formazione e coscienza collettiva) per la diffusione di buone pratiche energetiche nell’edilizia o, al contrario, quali meccanismi ne hanno incentivato l’incremento?
Purtroppo ostacoli sono quasi tutti i decreti che parlano di semplificazione: quasi sempre in realtà complicano sia l’attività professionale che la fattibilità per il cittadino. Inoltre esistono ancora troppi vincoli, da quelli paesaggistici a quelli derivanti da troppe norme regionali, provinciali, comunali; è tempo di tornare ad una normativa nazionale unica nel campo dell’energia. Per quanto riguarda la coscienza collettiva mi sembra che finalmente ci siano dei progressi. Tra i meccanismi che invece hanno sicuramente incentivato la diffusione del risparmio energetico vanno citate le agevolazioni fiscali con detrazione IRPEF.

4. Perché un privato o un’amministrazione dovrebbe investire nella riqualificazione energetica dell’esistente?
Da un punto di vista etico per ridurre la cementificazione salvaguardando le aree verdi, e riducendo quindi il “consumo di territorio”. Poi perché costruire ex novo contribuisce a svalutare il parco edilizio esistente (pure soggetto a pressione fiscale), che invece va attenzionato in termini di ristrutturazione e riqualificazione, a tutto vantaggio dei magnifici centri storici di cui sono dotate le nostre città.

5. Crede che il settore energia in Italia possa creare nuovi posti di lavoro? Come?
Onestamente non credo: ci vorrebbe una crescita ad un ritmo notevole non ipotizzabile oggi. Di contro sicuramente può salvare molti posti di lavoro, o riqualificarli con nuove prospettive.

6. Quale può essere il ruolo dell’ingegnere che si occupa di energia e di edilizia in Italia oggi?
R: E’ evidente che si tratta di un ruolo fondamentale. Ma occorre chiarire prima alla politica e poi ai cittadini che cosa sia un progetto e a cosa serve un progetto; ancora troppo spesso il professionista è chiamato ad intervenire a valle, a lavori effettuati, per sistemare e mettere a posto iniziative tuttaltro che valide, poco efficaci e poco efficienti.

7. Una sua riflessione su deontologia e tariffe nel settore della riqualificazione energetica.
Preferirei non rispondere per non essere accusato di difesa corporativistica. Il Governo Monti ha abolito le tariffe in nome dell’Europa (anche se poi, per evitare il caos creatosi, è stato necessario rinserirle nel campo dei lavori pubblici sotto il nome di “parametri”) quando in Germania, per esempio, la tariffa professionale esiste ed è un punto di riferimento irrinunciabile per la qualità della prestazione. Da noi invece, soprattutto nel privato, la qualità continua a scendere e sembra che a tutti vada bene così, con la redazione, ad esempio, di certificazioni energetiche (APE) a prezzi da fine saldi!.

8. Quali iniziative sta portando avanti il Consiglio Nazionale Ingegneri per il settore energia?
Mi piace citare i recenti accordi che il CNI ha stipulato con UNI, CEI e GSE. Siamo presenti con molti colleghi nei comitati tecnici di UNI re di CEI. Poi il prossimo 19 giugno è in programma a Roma la 1° giornata nazionale dell’energia, a dimostrazione di quanto il tema sia importante e caro al CNI.

9. Le chiediamo di lanciare un messaggio di speranza a chi lavora nel settore energia, edile ed impiantistico. Usciremo dalla crisi?
Ovviamente non posso che dire ed augurare di sì: ma il problema vero è capire quante “vittime” si dovranno ancora lasciare per strada; speriamo di essere entrati nella fase di ripresa.

10. Perché un giovane ingegnere dovrebbe rimanere in Italia, piuttosto che fuggire all’estero? Cosa possiamo fare per evitare la “fuga dei cervelli”? Quali incentivi diamo?
Onestamente non ho una ricetta precisa. E’ necessario che il Governo su questo tema abbiano progetti chiari e obiettivi precisi, quali ad esempio, gli incentivi alla ricerca, alla prima occupazione, all’inserimento dei giovani nel mondo delle professioni intellettuali. Ma tutto sommato non è detto che sia poi così negativo andare all’estero, in questo mondo ormai globalizzato.