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Riflessioni sui ponti stradali: pregi, difetti e curiosità delle varie tipologie

Le varie tipologie di ponti, le motivazioni che ne determinano le scelte in fase di progettazione ed i pregi e i difetti insiti per ogni tipologia adottata.

Non è possibile pensare ai ponti stradali italiani senza rivolgere un pensiero ai morti per l’evento luttuoso di Genova e, nel contempo, compiacersi dell’operato della Procura della Repubblica di quella città, sia per la rapidità dell’inchiesta che per l’operato, la chiarezza e l’indicazione dei tempi con cui procede; nel contempo, però, è doveroso ricordare alla stessa Procura che i due  tronconi del ponte rimasti, allo stato attuale costituiscono un pericolo che potrebbe causare danni economici pari, se non addirittura superiori, alla parte già collassata, in quanto gli stessi sono oggi sbilanciati ed hanno inoltre i trefoli delle mensole (o quello che ne resta) che sorreggono l’impalcato, tesi, costringendo il calcestruzzo a lavorare in modo anomalo, molto oltre l’esercizio normale.

C’è da compiacersi con le amministrazioni della città di Genova e con quella regionale della Liguria per la rapidità con cui hanno realizzato la variante per i mezzi pesanti, utilizzando tratti di strade esistenti, mettendo fine - pur se in maniera provvisoria - all’isolamento del porto ed alleviando, almeno in parte, le gravi difficoltà in cui esso si trova assieme alla città tutta, in quanto vengono coinvolte molte aziende sia del nord Italia che del centro e nord Europa, che si appoggiano per i trasporti a quel porto. Detta operazione è l’esempio che la necessità aguzza l’ingegno e di tanto ingegno ha oggi bisogno l’Italia.

Il ponte Morandi come tanti altri ponti...

Le situazioni anomale che hanno portato al collasso il ponte Morandi di Genova sono le stesse che potrebbero portare al collasso qualsiasi ponte a grandi luci, ovunque fosse ubicato: scelte fatte con superficialità in fase di realizzazione, materiali di qualità bassa ed in quantità minore di quelle di progetto (vedi i trefoli), poco approfondimento scientifico per la manutenzione, come l’aggravio di carichi per l’aggiunta delle barriere new jersey e dei 600 kg/ml cadauno, con un aggravio di 1800 kg per ml. di ponte; poca cosa se paragonata al carico militare considerato in fase di calcolazione, ma tanto per un ponte al quale si era chiesto già molto di più di quello che ormai poteva dare.

La carenza di un opportuno smaltimento delle acque ha fatto il resto. I mancati tempestivi interventi, l’asfalto drenante e il sale antigelo che lentamente hanno disfatto il calcestruzzo dell’impalcato, l’acciaio ed anche i trefoli delle mensole, hanno portato a far assumere all’impalcato l’aspetto di una carta geografica per i vari rattoppi ben visibili dal basso.

Ad esasperare il tutto è stato l’ignorare le relazioni consegnate agli organi competenti, a partire da quella del progettista Morandi degli anni 90, fino a quella del Politecnico di Milano, anch’essa disattesa, che culminava con il consiglio di costante monitoraggio del ponte che, a mio parere, ne impartiva l’estrema unzione.

Come si sa le opere di manutenzione straordinaria - che a parere di tutti erano urgenti - sono state differite con estrema superficialità e sufficienza, forse immaginando che il collasso non si sarebbe verificato, sacrificando tutto sull’altare dell’economia e dell’incuria.

Ampliamo ora l’analisi con una riflessione più generale sui ponti stradali, sulla loro validità, sulle difficoltà che possono creare e nel contempo, anche in piccolo, consigliare le pubbliche amministrazioni che, dopo gli ultimi eventi, sono seriamente preoccupate, cercando di individuare su cosa debbono puntare prioritariamente l’attenzione i tecnici per ogni tipologia di ponte sito nel proprio territorio.

Le varie tipologie di ponti

Come è noto a tutti, i ponti stradali possono essere di vario tipo: in legno (ponti che vengono usati per oasi ecologiche, per scopo prevalentemente ornamentale e per uso pedonale e non stradale), in muratura che, anche se ormai non se ne costruiscono più dall’inizio del ventesimo secolo, ne esistono tantissimi, i ponti in c.a. e c.a. precompresso, tipologie che ormai sono le più comuni, ed infine i ponti in acciaio, poco presenti in Italia in quanto è una tecnologia usata di rado per la carenza e gli onerosi costi della materia prima.

Non si ha qui la pretesa di fare trattazioni scientifiche, né tantomeno di approfondire le argomentazioni (ci vorrebbero molti mesi e molte pagine), ma ci si limiterà ad elencare le varie tipologie di ponti, le motivazioni che ne determinano le scelte in fase di progettazione ed i pregi e i difetti insiti per ogni tipologia adottata.

È doveroso premettere che il collasso dei ponti non è frequente; anzi, se supportati da una buona manutenzione, essi possono avere una vita utile anche più lunga di quella prevista durante la progettazione e, con adeguati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, possono anche raddoppiare o triplicare la durata prevista. Per mia esperienza di vita, cadono molti più ponti per la penna dei media (forse per fare notizia) che per cause strutturali: ormai, nel momento in cui cede un terrapieno e si interrompe una strada, viene dichiarata la caduta di un ponte, fa notizia e non scandalizza l’annuncio degli incompetenti, ma la mancata ritrattazione e la mancata precisazione delle amministrazioni. Questo certamente scandalizza, eccome!

La cosa più importante è non allarmarsi mai senza una valida motivazione; se la luce del ponte non è molto rilevante, di qualunque tipologia esso sia, muratura, c.a., acciaio, il rischio di collasso “rovinoso” con poco preavviso è molto raro, premesso che si tratti di ponti calcolati bene ed utilizzati per la categoria di servizio a cui sono destinati. Il rischio varia in funzione della luce, didatticamente al quadrato, per cui un ponte di piccola luce (5-8 ml), prima di collassare, dà molti segnali di degrado e può comunque, con sufficiente livello di sicurezza, rimanere fruibile; se esso è in cemento armato, le attenzioni debbono comunque essere costanti per le opere di manutenzione ordinaria, tipo il ripristino dei copriferri, perché in ambienti aggressivi, i tempi di degrado degli acciai sono molto veloci, anche meno di 6 mesi, ed a quel punto le opere di ripristino peseranno economicamente molto di più ed anche le difficoltà di intervento, nel momento in cui le ossidazioni interesseranno anche i ferri longitudinali.

A tale scopo ricorderò sempre le parole di un mio grande amico e mentore, che mi onorava della sua amicizia, nonostante la grande differenza di età, l’ing. Giuseppe Malgeri, per tanti anni assistente del grande prof. Odone Belluzzi , che diceva “le strutture anche se malfatte e mal gestite, non cadono perché c’è un Dio, il Dio cemento armato che li tiene”, per considerare invece la superficialità con cui venivano effettuate le calcolazioni in quegli anni, diceva: “come sai, le sollecitazione vengono divise in due tipologie, le primarie e le secondarie, vengono definite primarie quelle che si riesce a definirle, mentre quelle che il tecnico non riesce a definire, le nasconde definendole secondarie”. In tanti anni ho capito la profonda saggezza di quelle parole.

I ponti più sono belli, snelli, arditi, maggiori sono le difficoltà di mantenimento; ad esempio in un ponte strallato, il cedimento di uno strallo equivale al cedimento di una pila di un ponte ad impalcato rettilineo, poggiante su tante pile, con l’aggiunta anche della pericolosità derivante dalla torsione dell’impalcato.

Sempre più spesso sentiamo parlare di ponti in acciaio, come se fossero il toccasana; ciò può essere vero a condizione che la manutenzione venga fatta con assoluta regolarità. A questo scopo ho introdotto le foto di alcuni classici esempi di ponti in acciaio: quello di Brooklyn, opera inaugurata nel 1883, primo ponte in acciaio realizzato al mondo, quello di Verrazzano ed il Golden Gate: questi ponti hanno ognuno una o più squadre di manutenzione che lavorano costantemente, sono i classici che hanno fatto e fanno la storia dei ponti e sono mete di visite turistiche da tutto il mondo. Oggi non sono certamente i più arditi.

Ponte di Brooklyn – New York 1883

Ponte di Brooklyn – New York 1883

Ponte di Verrazzano – New York 1964

Ponte di Verrazzano – New York 1964

Golden Gate Bridge – San Francisco 1937

Golden Gate Bridge – San Francisco 1937

Infatti oggi esistono nel mondo, soprattutto nell’ambiente asiatico, ponti che precorrono i tempi, con stralli centrali ed anche in fibra di carbonio. Le tecniche si evolvono di continuo.

Come è noto il Bosforo ha da alcuni anni il proprio ponte sospeso in acciaio, bellissimo ed in gran parte anche opera italiana, ma è arrivato con circa 500 anni di ritardo: Leonardo da Vinci lo aveva progettato in muratura (si vedano gli schizzi nella figura) e lo aveva sottoposto al Sultano Turco dell’epoca, garantendone la certezza della realizzabilità, pena la propria stessa vita.

Oggi l’Italia pone giustamente molta cura nel rispetto dell’ecologia; ciò è indubbiamente encomiabile, in quanto procura molti vantaggi al territorio. Purtroppo, però, presenta anche molte contropartite, non ultima l’aumento dei rischi di esondazioni, anche violente, per i motivi che esterneremo di seguito.

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