Data Pubblicazione:

Rifiuti: le discariche inquinano otto volte di più dei termovalorizzatori

I Politecnici di Milano e Torino e dell'università di Trento e Tor Vergata scendono in campo con la loro ricerca sul tema della termovalorizzazione dei rifiuti. Uno studio realizzato per conto di Utilitalia - l'Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali - dimostra la mancanza di alternative ai termovalorizzatori per raggiungere gli obiettivi imposti dalle direttive Ue sullo smaltimento.  E sottolinea come gli impatti sull'ambiente siano inferiori, grazie a normative molto severe, rispetto ad altre attività

riciclo-rifuti-urbani-10-700.jpg

Termovalorizzatori: per lo smaltimento di rifiuti in Italia non ce ne sono abbastanza

Ingenio ne aveva parlato di recente nell'intervista con Chicco Testa: in Italia facciamo viaggiare i rifiuti per km e km per portarli poi in discariche dannose quando invece si potrebbero utilizzare per la termovalorizzazione.

E sull'argomento torna ora Utilitalia.

 

30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani

Nel 2018 l’Italia ha complessivamente prodotto circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, approssimativamente in linea con la media degli ultimi vent’anni.

Negli ultimi vent’anni, la produzione di rifiuti urbani in Italia è passata da una significativa crescita tra il 2000 e il 2006 dietro la spinta di un pe- riodo economico favorevole, fino a quasi a raggiungere 33 milioni di tonnellate al- l’anno (Mt/a), a un periodo di stagnazione tra il 2006 e il 2010, in corrispondenza della crisi economica, sino alla decrescita degli anni 2010 - 2013, stabilizzandosi poi sui livelli attuali di circa 29 - 30 Mt/a, in linea con i livelli d’inizio millennio.

La Raccolta Differenziata (RD) dei rifiuti urbani è costantemente cresciuta nel tempo su base media nazionale, come evidenziato dal grafico in Figura 1.2. Ciò è, tuttavia, il risultato di una situazione alquanto diversificata tra le varie Regioni, con alcune impegnate nella pratica già dai primi anni 2000 e altre dove la sua introduzione risale solo agli anni recenti. Si evidenzia che l’obiettivo di RD più ambizioso fissato dalla normativa vigente (65% al 2012) è stato raggiunto solo da alcune Regioni e in ogni caso in ritardo rispetto a quanto prescritto.

Questi sono solo alcuni dei risultati di uno studio condotto dai Politecnici di Milano e di Torino, assieme alle Università di Trento e Roma 3 Tor Vergata, che ha portato alla produzione di un libro bianco.

 

Libro Bianco sull'incenerimento dei Rifiuti Urbani

Il Libro bianco si compone di due distinte parti che descrivono i risultati di due diverse attività di ricerca con differenti responsabili scientifici.

Nella prima, composta dai capitoli da 1 a 6, vengono riportate le risultanze della ricerca sugli “Aspetti tecnici e di impatto sull’ambiente degli inceneritori”, condotta da un gruppo di lavoro composto dai Professori Stefano Cernuschi (Responsabile scientifico), Mario Grosso e Federico Viganò del Politecnico di Milano, Maria Chiara Zanetti e Deborah Panepinto del Politecnico di Torino e Marco Ragazzi dell’Università di Trento.

La seconda parte ha avuto ad oggetto “Indagini epidemiologiche condotte in Italia e all'estero nelle aree interessate dalla presenza di inceneritori e pubblicazioni sul tema in riviste scientifiche” ed è stata condotta da un gruppo di lavoro composto dai Professori Francesco Lombardi e Andrea Magrini dell’Università di Roma 3 Tor Vergata.

Le attività di ricerca condotte hanno avuto lo scopo di evidenziare quali sono le conoscenze attualmente disponibili sulla tecnologia dell’incenerimento, con recupero di energia, dei rifiuti urbani residui non riciclabili ai fini della riduzione, fino all’annullamento del ricorso allo smaltimento in discarica...

 

Incenerire vuol dire inquinare di meno

Nel documento si mette in evidenza che gli impianti hanno emissioni contenute, al pari di altre attività industriali, se non inferiori.

In Italia sono attivi 37 inceneritori: nel 2019, ultimi dati disponibili, sono stati trattati 5,5 milioni di rifiuti urbani e speciali. Smaltendo i rifiuti, gli impianti hanno prodotto 4,6 milioni di megawatt di energia elettrica e 2,2 milioni di MWh di energia termica. Per il 51% si tratta di energia rinnovabile, capace di soddisfare il fabbisogno di 2,8 milioni di famiglie.

I ritardi dell'Italia sono ancora più evidenti nel confronto con il resto d'Europa, come ricorda Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia (Fonte Repubblica.it) : "In Germania sono attivi 96 inceneritori, in Francia 126. Nel nostro paese, soprattutto nel centrosud, si registra una carenza impiantistica e se non si inverte questa tendenza, continueremo a ricorrere in maniera eccessiva allo smaltimento in discarica: attualmente ci attestiamo al 20% e dobbiamo dimezzare il dato nei prossimi 14 anni".

E sul confronto tra i sistemi di smaltimento "In termini di emissioni climalteranti, la discarica ha un impatto 8 volte superiore a quello del recupero energetico degli inceneritori". Inoltre, si ricorda come gli inceneritori hanno "limiti molto stringenti alle emissioni che non hanno eguali" tra le attività industriali. Più specificatamente, il contributo alle emissioni di del PM10 è pari allo 0,03% del totale rispetto al 53,8% delle combusioni di attività commerciali e del residenziale, mentre per gli Idrocarburi Policiclici Aromatici e pari allo 0,007% (contro il 78,1%) e per la diossina è dello 0,2% contro il 37,5% sempre delle attività commerciali e del residenziale."

 

 

Una ulteriore soluzione: l'uso nel ciclo industriale del cemento

I combustibili derivanti dal processamento di rifiuti possono essere utilizzati nelle cementerie, quale alternativa sostenibile a quelli fossili, nel quadro più generale delle politiche europee per la creazione e promozione della c.d. “economia circolare” e nel rispetto della gerarchia europea dei rifiuti, ponendosi a valle di forme di riutilizzo e riciclaggio più virtuose, ma certamente non con queste in contraddizione, evitando in questo modo forme di smaltimento in discarica o termodistruzione.

Ne abbiamo parlato nell'intervista con Antonio Buzzi di Federbeton.