Ridurre le Emissioni di CO2 del Cemento: Una Sfida Complessa.
La riduzione della CO2 nella produzione del cemento è una sfida molto difficile. Qualche riflessione personale sul tema.
Stavo riflettendo sulle parole della mia intervista all'amico Marco Borroni, Presidente di Concrete Europe, ovvero che la sfida sulla CO2 per il settore del cemento e del calcestruzzo sia complessa e mi sono imbattuto in un articolo del Washington Post che trattava la stessa materia.
Questo mi ha portato ad alcune riflessioni che condivido con i lettori di Ingenio.
Intanto che sui quotidiani americani è frequente trovare articoli che trattano il tema della sostenibilità. Cosa non così frequente sui nostri, più interessato alle borse e agli orologi della ex famiglia Totti.
All'inizio dell'articolo l'autrice, Shannon Osaka, riprende i numeri della sostenibilità che ormai molti dei nostri lettori conoscono a memoria, ovvero che il cemento è il materiale più utilizzato al mondo dopo l'acqua e la sua produzione genera enormi quantità di anidride carbonica.
E l'autrice riprende anche gli sforzi che tutti i produttori stanno portando avanti per ridurre questo impatto ambientale, richiamando la possibilità di ridurre la quantità di cemento utilizzata nel calcestruzzo.
Il tema dei cementi di miscela è quanto mai attuale, e coinvolge non solo i fornitori di cemento ma tutta la filiera. I produttori possono sostituire il calcare con altre sostanze come la cenere volante, un prodotto della combustione del carbone, o i rifiuti della produzione dell'acciaio. Questi materiali possono contribuire a legare il calcestruzzo senza la necessità di grandi quantità di cemento di Portland.
Negli Stati Uniti, attualmente, l'11% al 23% del "legante" del calcestruzzo è costituito da queste altre sostanze, ma gli esperti stimano che in futuro questa percentuale potrebbe raggiungere il 50% o addirittura l'80%.
Ma in Europa, l'autrice del Washington Post probabilmente non lo sa, per utilizzare un legante questo deve essere marcato CE, ma la commissione da tempo ha bloccato i contratti con il CEN per realizzare le cosiddette norme armonizzate, e in mancanza il percorso di certificazione è al momento ancora molto lungo. In Italia si sta cercando di sopperire il problema con i CVT del Consiglio Superiore dei LLPP ma ancora non siamo arrivati all'ottimizzazione della burocrazia.
Altre soluzioni più radicali sono in fase di sperimentazione. Alcune startup stanno cercando di sviluppare una processo chimico completamente nuovo per la produzione del cemento che non includa il carbonato di calcio. Ad esempio, la startup californiana Brimstone sta lavorando su una formula che utilizza silicato di calcio al posto del carbonato di calcio, riducendo così le emissioni di anidride carbonica e consentendo una temperatura di cottura inferiore. Altre aziende, come la startup canadese CarbonCure, stanno invece studiando l'iniezione e lo stoccaggio di CO2 all'interno del calcestruzzo stesso.
Di quest'ultima soluzione ne abbiamo parlato ampiamente, proprio per il suo carattere innovativo e la sua diffusione a livello globale.
Tuttavia, il progresso è lento.
Il calcestruzzo è un componente cruciale nella moderna edilizia e cambiare la sua composizione rappresenta non solo una sfida tecnica, ma anche un problema di regolamentazione e sicurezza. Negli Stati Uniti, ad esempio, ogni stato ha specifiche proprie su come il calcestruzzo dovrebbe essere prodotto e con quali materiali. Modificare la composizione del calcestruzzo richiederà un'ampia revisione regolamentare.
Come ha afferma Randolph Kirchain, co-direttore del MIT Concrete Sustainability Hub, all'interno dell'articolo, ci sono modi per ridurre significativamente le emissioni di carbonio senza compromettere la sicurezza. Questo sarà cruciale nella transizione verso una produzione di cemento più sostenibile. "Le strutture in cui viene utilizzato il calcestruzzo sono quelle che vogliamo che durino nel tempo", afferma Kirchain.
E l'articolo conclude con un richiamo all'unità da parte della filiera nell'affrontare il problema. La sfida di ridurre le emissioni di CO2 del cemento richiederà sforzi congiunti da parte dell'industria, dei regolatori e degli innovatori. Solo attraverso la collaborazione e l'adozione di soluzioni innovative sarà possibile affrontare efficacemente questo problema e contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico.
Anche in Italia il tema è ovviamente affrontato. A livello normativo uno degli strumenti messi a punto in questi anni per quanto riguarda la spinta alla sostenibilità sono sicuramente i CAM. Documento in fase di revisione, come preannunciato da un'intervista che abbiamo rivolto a Sergio Saporetti del MASE ("Testo CAM 2023 in revisione, nessuna rivoluzione ma modifiche utili").
Ma nel dibattito generale sulla sostenibilità manca troppo spesso una parola chiave: durabilità.
Negli attuali CAM nei criteri è richiamata solo per le tenute d'aria, e questo è un problema.
Qualche giorno fa moderando un evento di SAIE LAB è intervenuto l'amico Franco Bontempi, professore ordinario di tecnica delle costruzioni presso l'università La Sapienza, che ha parlato di un ponte, di soli 14 metri, ma nodale per il traffico ferroviario di una importante metropoli italiana e in una situazione di insostituibilità. Questo ponte di 14 metri ha una rilevanza economica e di sostenibilità dei trasporti di fondamentale importanza ma per il contesto urbano in cui è inserito è di impossibile sostituzione e ogni lavoro porta a problemi enormi di traffico ferroviario. Il requisito della durabilità è quindi più importante di ogni altro.
L'idea di applicare una regola generale in cui il sentiero sostenibile si percorre solo utilizzando di partenza materiali green o pseudo green non sempre è applicabile, anzi, in alcuni ambiti è pericoloso.
Sempre nello stesso evento ho voluto sottolineare la difficoltà di effettuare interventi importanti all'interno di aree, come quella di porta nuova a Milano, dove oggi far passare una gru è particolarmente difficile, se non impossibile. Quando si realizzano opere molto complesse e alte ad alta densità non sempre è possibile ritrovare in fase di esercizio gli stessi spazi che è possibile avere in fase iniziale, quando sono più i cantieri che le costruzioni finite.
Il tema della cantierizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria, e poi di fine ciclo vita, dovrebbe essere considerato di pari importanza di quelli di costruzione iniziale.
Si pensi anche ai ponti, e alle difficoltà odierne di controllare e intervenire su ponti realizzati con le selle gerber. La durabilità in certi casi ha un valore di eccezionale importanza, e il suo raggiungimento si ottiene con materiali specificatamente indicati, a volte più nobili in termini di prestazioni di prodotti similari a basso impatto di sostenibilità.
Ecco perchè il tema della durabilità deve entrare nelle prescrizioni di ogni progettista, e anche nei CAM e nelle regole aggiuntive che dovremo a presto affrontare.
E ogni processo che porti a una valutazione del livello di sostenibilità sia di un prodotto che di un progetto, che di un'opera nel suo complesso, dovrà tenere in conto i requisiti di durabilità.
E' il caso di dire che senza durabilità non ci può essere sostenibilità.
Sostenibilità
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