Ricostruzioni teoriche del collasso del ponte tra Albiano Magra e Caprigliola
La comprensione delle cause alla base dei crolli o dei danneggiamenti rilevanti che hanno colpito strutture esistenti rappresenta un’esigenza imprescindibile per la crescita della conoscenza tecnica che è funzionale al miglioramento della gestione della sicurezza delle strutture esistenti e di quelle di nuova realizzazione.
La complessità e l’importanza della sfida da affrontare richiedono l’impiego delle tecnologie più avanzate al fine di poter investigare ogni scenario plausibile.
Si descrivono di seguito i risultati sintetici di natura numerica ottenuti da un gruppo di lavoro costituito da ricercatori ed ingegneri, per valutare le possibili cause di collasso del ponte di Caprigliola nell’Aprile del 2020.
Gli studi sono presentati in modo esteso nell’articolo "Collapse analysis of the multi-span reinforced concrete arch bridge of Caprigliola", Italy, [1] pubblicato sulla rivista internazionale Engineering Structures.
Il ponte in c.a. ubicato tra Albiano Magra e Caprigliola (nella provincia di Massa e Carrara in Toscana), di circa 280 metri di lunghezza, è repentinamente crollato nel fiume Magra nell’Aprile del 2020. Il crollo del ponte, di notevole valore storico e solitamente molto trafficato, non causò decessi molto probabilmente grazie alla fortuita concomitanza con il lock-down dovuto alla prima fase acuta della pandemia.
Si sono sviluppati modelli avanzati basati sulla moderna teoria degli elementi discreti che hanno trovato una buona corrispondenza tra i risultati numerici e quanto osservato sul campo. Questa corrispondenza indica quale scenario sia potenzialmente più plausibile di altri. Solo correlazioni incrociate con i futuri rapporti ufficiali post-crollo delle Autorità consentiranno forse di trarre conclusioni definitive sulle cause alla base del crollo del ponte. Gli studi condotti si basano sull’elaborazione di dati esclusivamente pubblici.
Cenni su un secolo di storia: la costruzione nel 1900
Il ponte ad arco a via superiore di Caprigliola (detto anche di Albiano Magra) attraversava il fiume Magra e fu eretto all'inizio del 1900. Il ponte fu progettato dall'ingegnere Attilio Muggia, uno dei pionieri del cemento armato in Italia. Fu completato nel 1908 e rappresenta quindi uno dei primi ponti in c.a. mai costruiti in Italia. All’epoca della costruzione deteneva il primato - mantenuto per circa un decennio- di ponte in c.a. più lungo del mondo con i suoi 260 m suddivisi in cinque campate con archi di 51 m di luce ciascuno. Le cinque arcate snelle, con altezza leggermente variabile poggiavano su quattro pile e due spalle in muratura (vedi Figura 1(a)).
Il ponte fu distrutto dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale e venne poi ricostruito tra il 1945 e il 1949 con un nuovo design ispirato alle opere dell'ingegnere svizzero Robert Maillart (vedi Figura 1(b)). In Figura 2 si riporta uno schema dell’intero ponte con alcune fotografie prima del crollo dell’Aprile del 2020.
Fig.1 (a) Ponte eretto nei primi del 900, (b) ponte ricostruito tra il 1945 e il 1949.
La ricostruzione nel 1945
Nella ricostruzione post-bellica vennero conservate le pile e le spalle in muratura, su cui venne poggiata la nuova sovrastruttura del ponte costituita da archi più snelli ad altezza variabile e contraddistinta dal passaggio da uno schema statico di arco incastrato a quello “a 3 cerniere”.
In aggiunta, al fine di adeguare il ponte alle mutate esigenze del traffico venne allargata la carreggiata. Mentre la costruzione delle pile del ponte originario vantò l’impiego di tecniche straordinarie per l’epoca, come l’impiego di camere d’aria pressurizzate in alveo per la costruzione delle fondazioni, la sovrastruttura venne invece ricostruita con tecniche di tipo tradizionale, quindi con l’impiego di centine in legno per la costruzione prima degli archi, poi dei pilastrini ed infine dell’impalcato superiore.
Fig.2 Ponte ricostruito tra il 1945 e il 1949: (a) vista schematica dell’intero ponte e nomenclatura adottata, (b) vista prospettica globale dell’intero ponte e vista prospettica ingrandita di una singola campata.
L’adozione dello schema statico incernierato mira ad uno stato di sollecitazione teorico per l'arco di compressione eminente, caratteristica staticamente favorevole che non poteva essere fornita dall’arco incastrato alle estremità previsto in precedenza. Questa soluzione ha quindi implicato la necessità di una quantità di armatura notevolmente inferiore nella struttura ricostruita richiedendo solamente il quantitativo necessario per fornire alle strutture una minima resistenza a trazione. Tuttavia questo vantaggio era in parte ridotto dal quantitativo di armatura necessaria per la costruzione delle peculiari cerniere in c.a., a ferri incrociati, progettate secondo la soluzione -allora all'avanguardia- proposta da Mesnager [2]. Il passaggio ad una struttura isostatica fu ritenuto opportuno dai progettisti (Arrigo Carè e Giorgio Giannelli con Giulio Ceradini) per gestire potenziali cedimenti delle fondazioni del ponte originario bombardato.
Nel corso degli anni '90 del secolo scorso, per adeguare il ponte al traffico stradale del XX secolo, la carreggiata del 1949 è stata ampliata di circa 2 m (da 8 m a 10 m), con un incremento del carico permanente agente di circa 50% dovuto all’aggiunta di una soletta con due sbalzi laterali (1 m per lato) il cui spessore è stato stimato, dagli autori con esame visivo dei resti post-collasso, in circa 0,35 m.
Il crollo nel 2020
L'8 aprile 2020, verso le ore 10:20, il ponte crollò improvvisamente. Nonostante il ponte fosse generalmente attraversato da più di 2000 veicoli al giorno, quel giorno c'era poco traffico a causa delle restrizioni di viaggio in vigore per il COVID-19, e sono state registrate solo lievi ferite a due camionisti. In condizioni di traffico normali, l'incidente avrebbe potuto probabilmente causare molte vittime. Secondo un testimone oculare, che stava guidando sul ponte pochi secondi prima dell’evento, un danno localizzato, non ben identificato, si sarebbe propagato rapidamente a partire dalla spalla lato Caprigliola provocando un crollo progressivo di tipo domino [3].
Immediatamente dopo l’evento, sono state formulate molte ipotesi di natura qualitativa sulle cause che potrebbero aver indotto il collasso del ponte, tra le quali, il degrado dei materiali [4], i cedimenti in fondazione [5], il sovraccarico eccessivo [6], una frana lenta sul versante Caprigliola [7]. Tuttavia, ad oggi, l’effettiva causa o forse - come in genere accade - le concause sono ancora sconosciute.
Analisi del crollo
Il lavoro dagli autori è stato quindi volto a indagare i potenziali fattori di innesco che potrebbero aver contribuito al crollo del ponte. Le considerazioni si basano su uno studio computazionale eseguito utilizzando l'approccio di modellazione discreta di recente sviluppo, l'Applied Element Method (AEM) [8–10], che si è dimostrato in grado di cogliere adeguatamente il collasso progressivo dei ponti in acciaio e c.a. [11–13]. A tal fine, sono stati modellati numericamente diversi scenari di potenziali cause e i corrispondenti risultati sono confrontati con materiale pubblico come immagini satellitari post-collasso.
Prima di passare agli studi numerici, si sono svolte un’analisi storico-critica del manufatto, e, successivamente un’analisi preliminare delle macerie del ponte osservate dopo il collasso.
Fig.3 Distribuzione dei resti post-collasso: (a) vista dall'alto, (b) vista prospettica globale da sud.
Lo studio delle macerie è stato condotto attraverso la selezione di numerose foto aeree e in situ tra le quali quelle in Figura 3. Nonostante l'apparente distribuzione simmetrica dei detriti osservata nella vista globale dall'alto, mostrata in Figura 3(a), da un’attenta analisi visiva della Figura 3(b) si può comunque rilevare che una rottura locale non simmetrica iniziale potrebbe aver innescato il crollo “a cascata” dell'intero ponte. Infatti, le rotazioni residue, rispetto all'asse trasversale del ponte, della pila P2 e P3 verso la spalla A2 sono una possibile indicazione che il crollo progressivo del ponte non può aver avuto inizio dal lato della spalla A1, dato che i pilastri avrebbero potuto ruotare solo verso la direzione in cui è venuto a mancare il supporto all’arco. Quindi, questa considerazione suggerirebbe che qualcosa sia accaduto sul lato della spalla A2 (lato Caprigliola).
Il modello numerico del ponte ad elementi discreti (AEM) è stato sviluppato nell’ambiente software Extreme Loading for Structures (ELS) [14] (vedi Figura 4). La geometria e l'ubicazione dei dettagli di tutti gli elementi strutturali utilizzati per costruire il modello AEM sono stati definiti combinando le informazioni pubblicamente disponibili fornite in [15–19]. Il modello è stato realizzato mediante la modellazione esplicita di tutti i dettagli strutturali recepiti, risultando nell’assemblaggio di circa 100,000 blocchi rigidi per un totale di circa 600,000 gradi di libertà per ciascuna campata. L’interazione tra questi blocchi avviene sia in statica che in dinamica attraverso molle di interfaccia che rappresentano le proprietà del calcestruzzo e dell’acciaio.
L’impiego di un modello così avanzato e dettagliato è stato validato con i risultati ottenuti mediante l’impiego di software basati sulla teoria del continuo agli elementi finiti, come Midas FEA NX [20] (validato a sua volta con i risultati delle prove di carico realizzate sul ponte [15]) e Vector2 [21]. In Figura 5(a) è rappresentato in dettaglio il modello numerico della sovrastruttura di una campata, mentre in Figura 5(b) è riportato un confronto tra gli esecutivi di armatura del progetto originale con quelli (in rosso) modellati numericamente per una sezione longitudinale.
Fig.4 Modello tridimensionale agli elementi discreti (AEM) di una singola campata del ponte nel 2020, con indicazione degli elementi costitutivi principali.
Fig.5 (a) Modello agli elementi discreti (AEM) con indicazione della dimensione (in metri) media della mesh per diverse parti della struttura, e (b) confronto tra la modellazione numerica e quelli del progetto originale per una sezione longitudinale del ponte.
Gli studi svolti hanno consentito di investigare diversi potenziali cause che potrebbero aver indotto il cedimento locale a una data campata. In tutti i modelli si è considerato l’effetto dell’allargamento della carreggiata mediante l’aggiunta di una soletta sopra quella esistente attraverso la modellazione per fasi.
Sono stati studiati tre principali potenziali fattori di innesco di cedimento locale di una campata del ponte:
- (i) sovraccarico,
- (ii) deterioramento del materiale
- (iii) e cedimento/rotazione alle estremità della campata.
In aggiunta, è stata esplorata la contestuale influenza di potenziali fattori che potrebbero aver contribuito alla riduzione della capacità statica del ponte, ovvero terremoti pregressi e possibile malfunzionamento delle peculiari cerniere in c.a. dell’arco.
Relativamente agli studi numerici, si noti che, dato che la campata del ponte analizzata di seguito è nominalmente simmetrica attorno all'asse sia longitudinale che trasversale, dal punto di vista della modellazione computazionale è indifferente distinguere su quale lato del sistema sono state indagate le potenziali cause di cedimento locale.
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