Sismica
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Ricostruzione post-sisma: da quella del terremoto Umbria-Marche e quelle successive. Cosa manca?

Il 26 settembre del 1997 un forte terremoto colpiva l’Italia centrale, in una zona dell’Appennino situata fra l’Umbria e le Marche, causando 11 morti, 100 feriti e il danneggiamento grave di circa 80.000 edifici.

Si ebbero due forti scosse sismiche nel giro di poche ore. Una, la prima, di magnitudo 5.7 avvenne alle 2.33 di notte con epicentro a Cesi (vicino a Colfiorito e Serravalle del Chienti). La seconda, di magnitudo 6.0, e con epicentro ad Annifo (Perugia), colpì poco prima di mezzogiorno la zona a nord di Cesi, dove c’era stata la prima grande scossa.

Di quel terremoto rimangono indelebili anche le immagini del crollo della volta nella Basilica di San Francesco ad Assisi che diede un durissimo colpo al nostro patrimonio artistico e archeologico.

Con Ingenio abbiamo intervistato alcune figure per avere qualche commento dopo 25 anni da quel tragico evento.
Qui l'intervista a Giovanni Legnini, Commissario straordinario del sisma 2016.

Il ricordo di Giovanni Legnini del terremoto del 1997

Gentile Commissario,

il 26 settembre ricorrono i 25 anni delle due importanti scosse sismiche che colpirono il Centro Italia, in particolare l’Umbria, nel lontano 1997. Il terremoto provocò danni importanti al patrimonio storico, residenziale, industriale e infrastrutturale e, purtroppo, alcuni decessi. Lei ha ricordi di quel terremoto? 

Le immagini della disperazione, dei paesi distrutti, del crollo della Basilica di Assisi sono rimaste impresse nella mia memoria. Esse costituiscono un monito severo per tutti noi affinché si lavori con costanza sulla prevenzione e la sicurezza degli edifici e del territorio, in particolare nelle aree ad alto rischio sismico come quelle dell’Umbria e dell’Appenino centrale. 

Giovanni Legnini, Commissario straordinario sisma 2016
Giovanni Legnini, Commissario straordinario sisma 2016


La ricostruzione post-sisma

Per intervenire sulla ricostruzione venne nominato un Commissario e le ordinanze divennero lo strumento per dare immediatezza e semplificazione all’azione istituzionale sul territorio. Vi fu poi una grande collaborazione dei comuni, dell’università e dei professionisti. Un sistema che funzionò al punto da essere ricordato con il termine «Modello Umbria».

Quanto questa esperienza è stata utile a chi, come lei, si è dovuto occupare della ricostruzione di un’area purtroppo più ampia? 

La ricostruzione della Basilica fu un’esperienza di successo. Quella che interessò i territori di Umbria e Marche colpite da quel terremoto viene ricordata in modo positivo. Tutte le ricostruzioni post sisma, e purtroppo in Italia ne abbiamo avute molte, ci hanno insegnato qualcosa, in positivo o in negativo.

Tuttavia quella ricostruzione interessò un’area non molto vasta e non prevedeva contributi al 100% per la riparazione delle seconde case. Si tratta quindi di una delle esperienze che dimostrano la necessità per l’Italia di disporre di un quadro normativo e procedurale unitario e stabile per affrontare tali sfide, purtroppo ricorrenti e con troppe differenziazioni tra cittadini. 

Beni culturali e storici: come superare l'eterna distanza tra sicurezza e tutela

Il terremoto del 1997 è ricordato anche come "terremoto di Assisi", per i gravi danni riportati dalla basilica e dagli affreschi di Giotto. Allo stesso modo il terremoto del 2016 è ricordato nel mondo per il crollo della basilica di San Benedetto. In effetti i dati del 2016 ci riportano che gli edifici residenziali e pubblici ristrutturati e rinforzati 19 anni prima hanno ben resistito alle scosse mentre i beni monumentali storici purtroppo no.

Per l'esperienza maturata sul territorio in questi cosa si dovrebbe fare, a suo parere, per poter evitare una tragedia culturale di queste dimensioni? come si potrebbe intervenire? 

La memoria storica dei terremoti vissuti dai territori è uno dei fattori principali della cosiddetta resilienza. Chi ha subito catastrofi nel passato, più o meno recente, è più consapevole del rischio e più incline a prevenirlo. Gli esempi di Assisi e Norcia, colpita da diversi terremoti, sono emblematici. La difesa dell’enorme patrimonio culturale a rischio sismico è uno degli aspetti più complessi: occorre contemperare la necessità della sicurezza con le esigenze di tutela storica e architettonica e ciò rappresenta un obiettivo difficile.

Per fortuna oggi disponiamo di tecnologie notevoli che aiutano a conseguire entrambi tali necessità. Lo stiamo facendo nella ricostruzione della Basilica di Norcia, delle 2.500 Chiese danneggiate in vasti territori del centro Italia e per diverse altre migliaia di beni culturali danneggiati dal sisma. Un gruppo di lavoro altamente specializzato, da me costituito, ha anche varato linee guida utili per contemperare sicurezza e tutela. 

La ricostruzione post-sisma 2016: lo stato dell'arte e i recenti problemi dei prezzi sui materiali

Veniamo al terremoto più recente. A che punto siamo con il piano di ricostruzione? 

Le domande di contributo per la ricostruzione degli edifici privati hanno raggiunto quasi la metà di quelle attese. È un segnale di forte fiducia dei cittadini: negli ultimi due anni sono stati aperti 10mila cantieri, nonostante le difficoltà legate all’aumento delle materie prime e alla concorrenza del superbonus 110%. Anche per quanto riguarda la ricostruzione pubblica le Ordinanze speciali varate l’anno scorso stanno dando i loro frutti. Se consideriamo anche gli interventi finanziati da Nextappennino, con il Fondo complementare al Pnrr, nei primi mesi del prossimo anno non è irrealistico pensare ad un migliaio di cantieri pubblici all’opera nelle aree del cratere sisma 2016 e 2009, che si aggiungono ai circa 7.000 cantieri oggi aperti che apriamo possano ulteriormente aumentare nel prossimo futuro. 

Come state affrontando il problema del vertiginoso aumento dei prezzi dei materiali (e della difficoltà di reperimento)? Riusciremo a completare l’opera di ricostruzione malgrado la situazione critica che stiamo vivendo? 

Quanto ai prezzi siamo già intervenuti due volte per fronteggiarne l’aumento, a ottobre dell’anno scorso e a maggio di quest’anno, con un provvedimento organico che, oltre al nuovo prezzario della ricostruzione e all’aumento del costo parametrico, ne prevede anche la revisione semestrale, così che l’andamento del mercato non metta a rischio la ricostruzione.  

Certamente stiamo vivendo una fase di difficoltà, anche se siamo fiduciosi che, con la progressiva riduzione delle detrazioni fiscali del 110% sulle ristrutturazioni edilizie, la ricostruzione possa tornare presto ad essere attrattiva per le imprese e per i tecnici. Ne abbiamo un grande bisogno, perché il lavoro che abbiamo ancora davanti è enorme: quarantamila edifici, migliaia di interventi su infrastrutture pubbliche e chiese.  

Parlando di modelli il pensiero va ovviamente a quelle città e paesi che sono state praticamente distrutte e dove l’opera di ricostruzione più complessa sarà forse quella sociale. Malgrado ciò, si ha la sensazione che la politica, anche in un momento di elezioni come quello attuale, non riesca a porre la sua attenzione sul tema della prevenzione sismica come si dovrebbe fare in un Paese come il nostro. Dopo il 25 settembre, a chi arriverà a governare il Paese, se potesse dare un suggerimento su cosa fare per evitare il ripetersi di una tragedia simile cosa direbbe? 

L’Italia è un paese fragile dal punto di vista sismico e idrogeologico, e i fenomeni sempre più estremi e frequenti indotti dalla crisi climatica rendono queste fragilità ancora più drammatiche, come la tragedia accaduta pochi giorni fa nelle Marche ha purtroppo dimostrato.

Serve soprattutto prevenzione per evitare i dissesti idrogeologici, e per mitigare l’impatto di eventuali terremoti. Ed è indispensabile avere un quadro unitario di norme e procedure, come si diceva prima, per gestire le ricostruzioni.

Auspico che il disegno di legge per un Codice unico delle ricostruzioni, al quale abbiamo lavorato insieme alla Protezione civile e al Dipartimento Casa Italia, possa essere ripreso nella nuova legislatura, così da darci gli strumenti validi ad affrontare queste situazioni senza dover ripartire ogni volta con un sistema nuovo, come accaduto fino ad ora. Le esperienze del passato ci hanno consegnato molte soluzioni possibili, e permesso di sviluppare buone pratiche che, insieme al grande patrimonio di professionalità acquisite in questi anni, potranno essere utili al Paese. 

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