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Regolamento elettorale Ordine Ingegneri: il Tar annulla tutto per violazione delle pari opportunità

Il Tar Roma ha annullato il regolamento elettorale del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a seguito del ricorso presentato dall’Ordine degli ingegneri della provincia di Roma.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha annullato il regolamento elettorale del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a seguito del ricorso presentato dall’Ordine degli ingegneri della provincia di Roma.


Con sentenza 11023/2021 del 27 ottobre, il Tar Lazio (Sez. I) ha annullato il regolamento elettorale del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a seguito del ricorso presentato dall’Ordine degli ingegneri della provincia di Roma.

Il regolamento, attuativo delle disposizioni di cui all’art. 31 DL 137/2020, convertito in legge 176/2020 e recante la “procedura di elezione con modalità telematica da remoto dei consigli territoriali degli ordini degli ingegneri”, è stato ritenuto illegittimo per la violazione del principio costituzionale di pari opportunità e parità di genere all’interno degli organi di rappresentanza e autogoverno della professione degli ingegneri.

La decisione influirà sul rinnovo di tutti gli Ordini provinciali degli Ingegneri, fermandoli sin quando il Regolamento verrà riformulato con gli aggiustamenti del caso.

Carla Cappiello "La Sentenza? Un grandissimo risultato, occorre un nuovo Regolamento"

 

Carla Cappiello commenta la sentenza del TAR del Lazio sul Regolamento elettorale

 

«La sentenza è per noi un grandissimo risultato. Parlare di rappresentanza equa e paritaria all’interno dei Consigli ordinistici, significa dare voce alle istanze di tutte le iscritte, soprattutto per un Ordine grande come quello di Roma che conta circa 23mila iscritti - ha commentato Carla Cappiello, presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Roma - l’obiettivo del ricorso era riuscire a dare voce anche alle donne, considerando che quella dell’ingegneria ormai non è più strettamente una professione “al maschile”. Basta considerare, infatti, che le facoltà di ingegneria sono piene di studentesse e sempre di più sono le donne che esercitano questa professione. La decisione del Tar è un grande passo avanti non solo per il nostro Ordine, ma per tutta la categoria, sopratutto in un Paese che pare stia facendo, seppur lentamente, passi avanti sul tema dell’uguaglianza dei diritti nei confronti delle donne. Questa nostra azione è stata vista positivamente da più Ordini, perché la questione è sentita e di questo risultato ne beneficiano tutti quanti».

La presidente Cappiello ha poi fatto chiarezza sui motivi che hanno spinto l'Ordine a fare ricorso.

«Innanzitutto occorre precisare che lo stato di emergenza causato dalla pandemia, ha creato l’opportunità del voto telematico da esprimersi tramite la piattaforma da poco realizzata dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI). Tuttavia, analizzando il regolamento, l’Ordine di Roma ha riscontrato il mancato rispetto della parità di genere».

«Siamo consapevoli del fatto che il CNI non avrebbe potuto incidere e innovare sul punto il Regolamento poi approvato dal Ministero, a causa della mancanza di esplicite indicazioni derogatorie nelle norme di delega contenute agli articoli 31 e 31-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176 - ha continuato - ma l'azione giudiziaria si è resa necessaria per far sì che i diritti di tutti siano rispettati, anche alla luce di quanto accaduto ad un'altra categoria professionale vigilata dal Ministero delle Giustizia, che il 14.4.2021 ha visto l'emanazione, a seguito di ricorso verso il proprio regolamento elettorale, di una sentenza del TAR del Lazio in materia di contrasto alla discriminazione di genere e alla promozione delle pari opportunità in violazione dell’art. 51 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini, uomini e donne, possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di uguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla Legge».

In merito alle conseguenze, al momento, nulla è definito, a parte la necessaria ristesura del Regolamento elettorale.

«Per quello che avverrà, rimandiamo alle istituzioni competenti - ha concluso la Presidente - dal canto nostro la sentenza è stata chiara, l’attuale Regolamento non è regolamentare e bisognerà approvarne uno nuovo».

 

 

I dettagli della sentenza: i motivi dell'impugnazione

Come riportato dalla sentenza, l'Ordine degli Ingegneri di Roma ha impugnato il regolamento rilevando che né la procedura di elezione dei consigli territoriali degli ordini degli ingegneri descritta nel d.P.R. 169/2005 né il Regolamento elettorale contengono disposizioni in materia di contrasto alla discriminazione di genere e promozione della pari opportunità, deducendo la violazione dell’art. 51 della Costituzione, a mente del quale “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

Di fatto, quindi, l'Ordine di Roma sostiene che il Regolamento si porrebbe in contrasto con il principio di rango costituzionale della parità di genere, cui la P.A. deve obbligatoriamente conformare la propria azione, dovendo svolgere l’attività provvedimentale secondo modalità che ne garantiscano l’effettiva attuazione.

In via subordinata, la parte ricorrente afferma che l’annullamento del Regolamento elettorale dovrebbe essere disposto in ragione dell'illegittimità costituzionale del d.P.R. 169/2005 per violazione degli art. 3 e 51 Cost., nella parte in cui tale d.P.R. non contempla meccanismi idonei a garantire un’equa rappresentanza di genere che intervengano nella fase di candidatura e di espressione (e computo) delle preferenze.

Per questo, qualche mese fa, l’Ordine ha chiesto che in ragione di tale contrasto, fosse sollevata presso la Consulta la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. n. 169/2005.

 

Le difese di Ministero della Giustizia e CNI

Il Ministero della giustizia e il Consiglio Nazionale degli Ingegneri si sono costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso e deducendo che nell’impugnato Regolamento non era possibile occuparsi di aspetti diversi da quello relativo alla disciplina della modalità telematica di voto. Per tale ragione, Il Ministero della giustizia ha anche eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e ha chiesto l’estromissione dal giudizio.

Secondo la prospettazione del CNI, il rispetto dell’art. 51 Cost. potrebbe essere garantito solo da una modifica del d.P.R. n. 169/2005 e, quindi, da un intervento del Governo ovvero da un intervento della Corte Costituzionale sulle leggi che disciplinano la materia.

In tale ultima ipotesi, rammentato che il d.P.R. n. 169/2005 è atto non avente forza di legge, il Consiglio Nazionale deduce che il promovimento della questione di costituzionalità non potrebbe che riguardare le leggi abilitanti il Governo all’adozione del d.P.R., vale a dire l’art. 1, comma 18, della l. n. 4 del 1999 e l’art. 1-septies del d.l. n. 7 del 2005; in alternativa, la sottoposizione della questione di legittimità costituzionale potrebbe riguardare l’art. 31 del d.l. n. 137/2020, nella parte in cui avrebbe omesso di legittimare il Regolamento elettorale a dettare norme a tutela della pari opportunità di genere.

 

La decisione finale: perché il regolamento è da annullare

Si parte dal "precedente".

La Sezione Lazio infatti di recente si è soffermata sulla questione dell’inserimento di disposizioni a tutela della parità di genere nella disciplina elettorale regolante gli ordini professionali (ordini dei dottori commercialisti e degli esperti contabili), formulando un chiarimento circa la portata dell’obbligo precettivo nascente da tale disposizione, osservando che:

«poiché la norma opera come parametro di legittimità, tanto dell’azione legislativa che di quella amministrativa, senza richiedere l’adozione di uno strumento puntuale, non può dirsi esistente un obbligo generalizzato, costituzionalmente imposto, di inserire all’interno di qualsiasi disciplina elettorale riguardante la composizione di organi amministrativi su base elettiva un meccanismo “correttivo” con finalità di parità di genere. La funzione promozionale e di riequilibrio tra i generi dell’art. 51 della Costituzione risponde, infatti, a una diversa finalità, che è quella di chiedere ai soggetti che operano nell’ordinamento giuridico di valutare la necessità, tenuto conto del contesto normativo, sociale e storico di riferimento, se inserire o meno un siffatto meccanismo e, in caso affermativo, di graduarne l’incisività a seconda del grado di sotto-rappresentanza del genere femminile riscontrato» (Tar Lazio, sez. I, 22 aprile 2021, n. 4706).

La disciplina elettorale per l’elezione dei Consigli degli Ordini degli Ingegneri, a differenza degli Ordini sopracitati, non è però contenuta in una legge ma è stata oggetto di delegificazione attraverso l’adozione del d.P.R. n. 169/2005; prima dell’emanazione dell’art. 31 d.l. n. 137/2020 non esisteva una previsione nella legge (ovvero nel regolamento di delegificazione) che assegnasse una potestà regolamentare in materia elettorale al Consiglio Nazionale; l’impugnato Regolamento elettorale è stato adottato in attuazione del menzionato art. 31 che ha previsto che “le procedure elettorali per la composizione degli organi territoriali degli ordini professionali vigilati dal Ministero della giustizia possono svolgersi con modalità telematiche da remoto disciplinate con regolamento del consiglio nazionale dell'ordine”.

Tali difformità non consentirebbero, secondo il Ministero della giustizia e il Consiglio Nazionale, di introdurre nel Regolamento impugnato disposizioni a tutela della parità di genere.

Non è così per il Tar Roma, in quanto non è ammissibile che l’esercizio da parte del Consiglio Nazionale di un potere regolamentare in materia elettorale - nel silenzio del legislatore ordinario e a fronte dell’inerzia dell’esecutivo a integrare il d.P.R. n. 169/2005 - possa prescindere dal rispetto dell’art. 51 della Costituzione.

In definitiva:

  • anche in questo giudizio valgono le considerazioni già espresse nella sentenza di questo Tribunale n. 4706/2021, secondo cui la promozione delle pari opportunità di cui all’art. 51 della Costituzione non è demandata soltanto all’iniziativa del legislatore (ovvero, nel presente caso, del Governo) ma impone il coinvolgimento di tutti i pubblici poteri, con il conseguente obbligo per il Consiglio Nazionale di esercitare il potere regolamentare nella materia elettorale in ossequio al rispetto del principio di parità di genere;
  • il testo regolamentare adottato dal Consiglio Nazionale e approvato dal Ministero della Giustizia, ponendosi in violazione del principio delle pari opportunità tra i generi, risulta viziato e, pertanto, deve essere annullato, fatto salvo l’obbligo per il Consiglio Nazionale di adottare un nuovo regolamento elettorale che contenga, a integrazione della disciplina del d.P.R. n. 169/2005, le misure ritenute più opportune per porre rimedio alla condizione di sotto-rappresentanza del genere femminile nei propri organi elettivi.

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