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Recupero del patrimonio culturale nell’era della transizione ecologica: quali sfide e quali opportunità?

Ma soprattutto, quali strategie e approcci mettere a sistema per un riuso e una gestione efficiente del patrimonio costruito alla luce dei cambiamenti climatici e della transizione energetica in atto? Di questo e molto altro, si parlerà in un importante convegno in programma il 5-6 giugno 2023 a Ravello.

IN-Formazione: Il recupero del patrimonio culturale nella transizione ecologica

Nella prestigiosa cornice di Villa Rufolo, punta di diamante del patrimonio architettonico in stile moresco della splendida cittadina della Costiera Amalfitana, il 5-6 giugno si terrà un convegno internazionale dal titolo “IN-Formazione: Il recupero del patrimonio culturale nella transizione ecologica”. Un momento di incontro e confronto tra i diversi soggetti della filiera che operano nel settore del recupero e della valorizzazione del patrimonio culturale.

L’evento è promosso dalla Direzione generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali (DGERIC) del MiC, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali (CUEBC).

Abbiamo voluto intervistare le tre realtà Istituzionali coinvolte nell’organizzazione della due giorni di questo convegno internazionale per capire di più le finalità di questo primo importante momento di incontro che, tra sei mesi circa, tornerà a riunirsi in un secondo appuntamento che sintetizzerà i temi qui proposti attraverso la presentazione di buone pratiche e progetti in fieri.

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Come è nata l'iniziativa e quali sono le finalità

On. Alfonso Andria, in qualità di Presidente del CUEBC, che ricordiamo avere sede proprio qui presso Villa Rufolo e quindi accoglierà gli ospiti del convegno con tutti gli onori di casa, mi rivolgo a lei per chiederle come è nata questa iniziativa e qual è il suo fine?


On. Alfonso Andria, Presidente del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali

Questa iniziativa è molto propizia e in linea con la Mission del nostro Centro o, perlomeno, ad una delle missioni del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali. Innanzitutto, perché si tratta di un'attività di formazione, volta all'aggiornamento, allo scambio di opinioni tra personale già impegnato all’interno degli enti locali, soprattutto nei quadri dirigenziali di questi ultimi. L’iniziativa è nata da un contatto tra il sottoscritto, la dott.ssa Maria Luisa Zerilli e l'architetto Maria Adelaide Ricciardi, che esercita la sua attività presso la Direzione Generale dell’Educazione, Ricerca e Istituti Culturali (DIGERIC) all’interno del Ministero della Cultura. Fin da subito, a tutti noi è sembrato quanto mai utile, anche per il Centro che presiedo, attivare questa iniziativa e inquadrarla in un ambito particolare.

Oggigiorno, si parla molto di cambiamenti climatici e di transizione ecologica, questioni molto importanti ma che spesso assumono riflessi negativi in riferimento alla tenuta dei beni e, più in generale, alla manutenzione del patrimonio abitativo. Innanzitutto, trattando del caso specifico del patrimonio culturale, che ancora oggi io non so se dire se sia più o meno vulnerabile rispetto al patrimonio abitativo, abbiamo voluto coinvolgere in questa importante iniziativa un altro soggetto autorevole, oltre al già citato Ministero della Cultura, e nello specifico sotto il profilo accademico come appunto l'Università degli Studi Federico II di Napoli – il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile Ambientale presso il quale insegna architettura tecnica il professor Roberto Castelluccio. L’intento è stato quello di costruire un pool significativo di soggetti autorevoli a trattare un argomento particolarmente delicato ma quanto mai attuale.

Il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali è nato ben 40 anni fa. Abbiamo celebrato, infatti, proprio pochi giorni fa il nostro 40ennale di attività, sotto gli auspici del Consiglio d'Europa. Un’Istituzione che ha tra i soci fondatori il Segretario generale del Consiglio d'Europa, che partecipa alle sedute del nostro Consiglio di Amministrazione.

In passato, il nostro Centro grazie all'opera del professor Ferruccio Ferrigni ha attivato varie linee di intervento dal punto di vista formativo e della ricerca sulla vulnerabilità, per esempio, del patrimonio storico nelle zone a rischio sismico, avendo anche come riferimento casi di studio particolari come San Lorenzello, in provincia di Benevento. Purtroppo, come già sappiamo, in provincia di Salerno, come in Irpinia, come in Basilicata, quindi, più in generale nel sud del paese, abbiamo una drammatica confidenza con gli eventi sismici. Per tutti valga l'esempio del sisma che colpì l’Irpinia nel 1980. In sintesi, voglio dire che intorno a questi temi il CUEBC di Ravello può dare il proprio autorevole contributo scientifico.

Vorrei aggiungere un’ultima cosa. Il CUEBC è inserito all'interno dell’Accordo europeo e mediterraneo sui grandi rischi, che si chiama EUR-OPA, un accordo questo promosso proprio dal Consiglio d'Europa. In questo contesto, quindi, i rischi maggiori di ogni genere, siano essi di natura industriale, idrogeologico o sismico furono stati affidati a suo tempo al segmento della Formazione, ovvero la principale attività in seno al nostro Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali.

Ho voluto fare questo quadro così articolato per dare la percezione della coerenza che il CUEBC ha con questo genere di attività. Ci pare doveroso, nonché qualificante, operare su un quadro di riferimento nazionale molto più ampio. Non è un caso che abbiamo, per esempio, voluto coinvolgere nell’iniziativa i Consigli nazionali degli Ordini professionali di Architetti, Ingegneri e Geometri, e abbiamo fatto la richiesta per il rilascio di Crediti Formativi Professionali per coloro che parteciperanno al convegno.


Beni culturali: sul livello di conoscenza dei tecnici

In riferimento proprio a quest’ultimo aspetto di cui ha parlato, voi che vi occupate quotidianamente di formazione, riuscite sicuramente a fornici un quadro generale sulla preparazione dei nostri tecnici. Fermo restando che sicuramente l’Italia è un’eccellenza a livello europeo in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Qual è il livello di conoscenza acquisito dai nostri tecnici che operano all’interno degli enti della Pubblica Amministrazione e sul territorio?  


On. Alfonso Andria

Le parlo da osservatore, anche per l'esperienza politica che ho accumulato negli anni all'interno delle amministrazioni locali. Pochi giorni fa si è celebrato il 25°anniversario dell’Alluvione di Sarno del 1998.

Riferendomi a questioni legate al dissesto idrogeologico, già all'epoca dei fatti avevamo rilevato la necessità di una più adeguata dotazione all’interno degli enti locali di personale specificamente professionalizzato. In quella specifica fase storica, e parliamo di 25 anni fa, perlomeno dalle nostre parti quel personale era del tutto assente, né era previsto all’interno degli organici degli enti locali.

Questo significa una grande disattenzione non soltanto al tema più generale della manutenzione dei territori ma anche al presidio e alla responsabilità. Eppure, di dissesto idrogeologico si sentiva già parlare da decenni, avevamo già avuto tragiche esperienze su tutto il territorio nazionale.

Il tema della Formazione deve essere sempre centrale. Ovviamente, oggi siamo molto più avanti rispetto al passato, basti pensare che all'epoca, quando in quel periodo ero Presidente della Provincia (1995-2004) finanziammo subito, di concerto con l'Università di Salerno, un corso di laurea per l’ambiente e il territorio presso l'Università degli Studi di Salerno. Se l'Università non incrocia la sua attività accademica con quella formativa e le esperienze del territorio di riferimento, ovvero quello in cui geograficamente insiste, forse allora ha tradito per buona parte la propria funzione. Dico questo perché all’epoca c'era una certa refrattarietà e una strana disinvoltura su questi argomenti e purtroppo, come sempre accade, le esperienze delle emergenze insegnano.

Proprio per questo, quindi, abbiamo attivato la collaborazione con gli Ordini professionali, e segnatamente con i Consigli Nazionali di Architetti, Ingegneri e Geometri, che non solo hanno dato il loro patrocinio all’evento ma ne hanno riconosciuto la valenza formativa rilasciando crediti formativi, rispettivamente 14 per gli architetti e 6 per ingegneri e geometri.


Qual è invece la sua opinione a riguardo professor Castelluccio?


Prof. Roberto Castelluccio, Università Federico II di Napoli

La domanda è estremamente calzante ed è una dei motivi fondanti dell’incontro che abbiamo proposto. L’obiettivo di questo convegno è quello di far convergere i saperi, individuando questo proprio come una priorità.

Dobbiamo mettere a sistema tutte le conoscenze maturate nei diversi settori al fine di garantire un adeguato livello di qualità, nei tempi sempre più ristretti proposti dagli strumenti di finanziamento, in particolare nell'ambito degli interventi sul patrimonio culturale che rimane un valore strategico per lo sviluppo dell’economia territoriale del nostro paese

L’esperienza dimostra che solo un approccio multidisciplinare al progetto può portare a un prodotto di eccellenza. Oggi, il concetto di approccio monodisciplinare, secondo il quale l'architetto può da solo firmare il progetto di recupero, è ampiamente superato. L'architetto mette sì a disposizione gran parte delle sue competenze ma è assolutamente dimostrato come debbano convergere nel progetto tutte le competenze, del tecnologo, dello strutturista, dell'impiantista per la parte energetica, dell'archeologo, dello storico o del geologo……

A mio avviso, c'è un secondo tema da affrontare che riguarda la filiera delle responsabilità. Responsabilità che partono certamente da quelle del Committente – sia esso pubblico o privato – dalla sensibilità del progettista, che non possono essere disgiunte dalle competenze degli Enti di Tutela, né tantomeno delle competenze di tutto il comparto industriale e imprenditoriale rappresentato dal mondo delle aziende.

C’è assoluta necessità di convergenza durante la fase strategica della progettazione e della successiva esecuzione. Soprattutto oggi, che siamo chiamati ad operare nella complessa gestione dei finanziamenti provenienti dal PNRR che ci obbligano, tra l'altro, ad una velocità di azione inusuale. È ovvio che tutte queste convergenze devono essere predeterminate, preimpostate, affinché poi si possa raggiungere in tempi brevi dei risultati di qualità.

Non è casuale il titolo del convegno il termine IN-FORMAZIONE che richiama allo stesso tempo un concetto dinamico di strategie da adottare insieme, informandosi reciprocamente degli avanzamenti dei diversi settori che si formano reciprocamente.

La formazione ministeriale, professionale e accademica che si coniuga con la divulgazione scientifica nella definizione di percorsi metodologici comuni finalizzati alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale, nel rispetto dei criteri di sostenibilità e favorendo la fruizione.  

Il patrimonio culturale italiano è certamente la prima risorsa economica strategica da sviluppare secondo un rinnovato approccio di tutela, valorizzazione e fruizione.


Sostenibilità e recupero del patrimonio

Architetto Ricciardi, come possiamo oggi far convergere i temi della sostenibilità al recupero del patrimonio storico culturale?


Arch. Maria Adelaide Ricciardi, Direzione generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali (DGERIC)

La felice interazione tra il CUEBC di Ravello, l’Università di Napoli e il Ministero della Cultura è proprio indirizzata a raggiungere l'obiettivo di lavorare con un approccio multidisciplinare al potenziamento dei valori culturali che sono scritti nel patrimonio italiano e internazionale, anche alla luce degli obiettivi di sostenibilità.

Questo è il tema centrale che raccoglie questo convegno e che oggettivamente abbiamo voluto aprire alla più ampia e possibile partecipazione di tutti gli attori che operano sul patrimonio culturale italiano e internazionale.

Come diceva il professor Castelluccio, l'intenzione è quella di un confronto a più voci. Scorrendo il programma delle due giornate è facile prendere coscienza del fatto che saranno presenti diverse Istituzioni, nazionali e internazionali, enti, associazioni, università e scuole di specializzazione e così via.

Crediamo che questo convegno possa diventare quindi una occasione perfetta di incontro, confronto e condivisione di competenze, saperi e buone pratiche sul tema del recupero del Patrimonio culturale.

L’educazione al patrimonio culturale è il fondamento dell'articolo 9 della Costituzione Italiana.

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”

Il patrimonio culturale è una ricchezza nella quale e dentro la quale, dico sempre, si leggono i valori principali della sostenibilità. Già la cultura del passato necessariamente doveva confrontarsi con una gestione sostenibile del territorio; leggere le tracce della sostenibilità nel passato ci aiuta a trovare le chiavi di lettura per far fronte alle emergenze e alle crisi che stiamo vivendo nel presente. Per questo servono più voci, serve multidisciplinarietà e serve una formazione continua, così come serve anche la possibilità di gestire, possibilmente assieme a tutti gli attori coinvolti, l'aggravio delle tempistiche della burocrazia.

Dobbiamo condividere gli obiettivi per raggiungere il più rapidamente l'obiettivo finale.

Abbiamo coinvolto veramente tutti. Questo sarà un evento di preparazione e di lancio per altri eventi nei quali si potranno affrontare anche tematiche più specifiche.


Intervenire sul patrimonio: alcune riflessioni

Patrimonio culturale, approccio multidisciplinare, sostenibilità, Agenda 2030, PNRR, progetto di qualità, conoscenza… solo alcune delle parole chiave presenti nel programma del convegno. Mettere a sistema diversi saperi per trovare un indirizzo comune richiede tempo. Intervenire sul patrimonio richiede un certo grado di conoscenza che si acquisisce nel tempo. Purtroppo, i cambiamenti climatici in atto ci segnalano che il tempo a nostra disposizione per cercare di rallentare questo irreversibile processo è ridotto al minimo e che dobbiamo intervenire nell’immediato. I finanziamenti PNRR sono sicuramente un’opportunità da cogliere al volo ma le tempistiche imposte pesano quanto una Spada di Damocle... Sviluppare progetti di intervento su un Patrimonio delicato e vulnerabile, come appunto quello culturale e paesaggistico, in tempi così serrati può diventare un rischio per il patrimonio stesso? Saremo in grado di garantire un alto grado di qualità agli interventi?


Prof. Roberto Castelluccio

Questa è una delle riflessioni, lo stimolo che da essa deriva è alto. Dobbiamo tentare di arrivare a un prodotto, che in economia si chiamerebbe ottimo, in maniera condivisa e consapevole. Questo lo si può fare solamente se all'interno della fase di costruzione si partecipa tutti, ovviamente tutelando le istanze delle diverse specificità.

In Italia, inoltre, dobbiamo finalmente fare anche un cambio di paradigma. La museificazione del patrimonio culturale è un concetto superato.

Dobbiamo necessariamente porci il problema di come reinserire i beni culturali all'interno dei circuiti economici e diciamo che il Ministero, su questo fronte, ha fatto dei passi da gigante. Lo vediamo nelle rivoluzioni culturali portate avanti dalle sovrintendenze speciali, penso a quella di Pompei che negli ultimi anni ha portato proprio uno stravolgimento del posizionamento dell'asset nel circuito economico. Un processo che è stato portato avanti da circostanze molto specifiche, molto controllate.

Secondo me Pompei rappresenta un caso eccellente di approccio multidisciplinare che ha portato a un nuovo approccio all'archeologia che, forse più di tutte quante le altre discipline soffriva di più il concetto di museificazione dei suoi siti. Abbiamo visto una grande trasformazione nei musei che si sono adattati alle dinamiche internazionali.

L'Italia oggi deve uscire dal suo recinto eccessivamente conservatore, bilanciando gli interventi attraverso un riuso intelligente degli edifici che bilanciano le esigenze del trasferimento dei valori culturali - quindi, della memoria, delle tecniche costruttive della storia - in un'ottica di fruizione aggiornata dei beni.

Penso anche ai nostri centri storici, sono enormi ed è impensabile che continuino a essere ingessati nella trasformazione. Questo passaggio necessita di condivisione.

Dobbiamo attrarre capitali per rimanere sostenibili, oltre che energeticamente e sismicamente anche economicamente.

La conservazione deve essere comunque garantita, non ci stiamo inventando niente di nuovo la Carta di Amsterdam c’è già. Oggi credo che non abbiamo alternative rispetto a questo percorso, la convergenza dei saperi è l'unica cosa che ci può consentire di affrontare la transizione dei tempi moderni, quest’ultima gestita con i tempi dell'informatica e dell’evoluzione tecnologica.

La transizione è velocissima, deve essere gestita per non produrre disastri.

È un tema difficile su cui è bene che ci confrontiamo tutti quanti. Ritorno nuovamente sulla parola IN-FORMAZIONE: “in” significa dentro, va letto in maniera dinamica, significa non fermarsi ma bensì informarsi, richiamando all’interazione le diverse realtà.


Arch. Maria Adelaide Ricciardi

Sappiamo bene che la filiera e tutto il processo di restauro è complesso. La complessità è il tema centrale, che non è un rischio, perché come già sappiamo tutti gli attori che partecipano a un vero processo restauro sono estremamente preparati.

L'oggettiva capacità formativa sul patrimonio culturale, in particolare in Italia, è di altissimo livello e questo ci viene per riconosciuto anche all'estero.

Se parliamo di Made in Italy, sicuramente il restauro è una delle prime capacità che ci viene riconosciuta nel contesto internazionale.

Come diceva l'ingegner Castelluccio, la complessità consiste nel saper riconoscere i corretti tempi che sono dovuti a ciascuna fase del processo di restauro, ovvero alla fase di conoscenza, poi di progettazione ed infine di esecuzione degli interventi. Il rischio lo abbiamo quando effettivamente le tempistiche autorizzative o dei tavoli congiunti di approvazione si dilatano così tanto che poi il tempo di progettazione e di esecuzione dell’opera si riduce al minimo.

Sarebbe auspicabile “anticipare” per così dire le conferenze dei servizi all’inizio del processo, nel senso che sarebbe opportuno creare le condizioni in cui tutti gli attori che autorizzano un’opera partecipano sin dall’inizio alle scelte principali, riducendo i tempi dell’iter autorizzativo a vantaggio della corretta esecuzione degli interventi. Dobbiamo fare in modo che il progetto nasca già, da una condivisione preliminare, che poi porta alla sua rapida esecuzione.


Beni culturali e transizione digitale

Transizione energetica va di pari passo con la transizione digitale. Nell’ambito della conservazione e del restauro del patrimonio, quali vantaggi possiamo trarre dall’uso di metodologie e processi digitalizzati?


Arch. Maria Adelaide Ricciardi

La digitalizzazione oggettivamente è una marcia in più ma bisogna saper leggere e interpretare il dato. Un’approfondita digitalizzazione del patrimonio costruito è importante come banca dati, la quale diventa strumento fondamentale anche in vista di eventuali interventi di ricostruzione.

Il restauro, comunque, si basa su una conoscenza approfondita e sicuramente un laser scanner, ad esempio, offre oggi un livello di dettaglio più avanzato rispetto alle tecniche del passato. Inoltre, l’uso della digitalizzazione anche rispetto alle funzioni energetiche, come nella gestione e ottimizzazione dei consumi dei nostri edifici pubblici, è un concetto che ancora deve entrare nella prassi quotidiana ma che sicuramente valorizzerà il concetto di spesa consapevole. La digitalizzazione non è solo una capacità tecnica ma è anche un passo avanti per potenziare e valorizzare alcuni valori e capacità di gestione a favore del patrimonio.


Prof. Roberto Castelluccio

Condivido quanto detto dall’arch. Ricciardi. Oggi non possiamo fare a meno di utilizzare tutti quegli strumenti che ci consentono di operare nei processi con una consapevolezza maggiore. Il problema è legato alla qualità dell'informazione e non al dato in sé. Occorre una gestione consapevole del dato.

IN-formazione: Il recupero del patrimonio culturale nella transizione ecologica
5 - 6 giugno 2023 - Villa Rufolo, Ravello (Salerno)

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