Rapporto tra BIM e modelli di calcolo
Da alcuni anni si è radicata una decisa tendenza ad utilizzare i modellatori BIM come ambiente alternativo al pre-processing dei software di calcolo. Questa modalità di lavoro si configura come un metodo più efficiente e moderno e pone interessanti problematiche in termini di controllo e validazione dei modelli di calcolo. In questo articolo saranno mostrati, anche attraverso l’uso di esempi pratici, vantaggi e criticità del rapporto tra BIM e modello di calcolo.
Da alcuni anni si è radicata una decisa tendenza ad utilizzare i modellatori BIM come ambiente alternativo al pre-processing dei software di calcolo. Questa modalità di lavoro si configura come un metodo più efficiente e moderno e pone interessanti problematiche in termini di controllo e validazione dei modelli di calcolo.
Tra le diverse modalità di dialogo possibili, i link diretti costituiscono il metodo più efficace poiché scrivono il file di input del software FEM nella sua “lingua madre”, consentendo al modellatore BIM di “parlare” direttamente con il programma di calcolo. Questo tipo di link può essere mono- o bi-direzionale.
In questo articolo saranno mostrati, anche attraverso l’uso di esempi pratici, vantaggi e criticità del rapporto tra BIM e modello di calcolo.
L'interoperabilità nel BIM Strutturale
È necessario che un link diretto tra modellatore BIM e modello di calcolo sia corredato da una sufficiente documentazione che chiarisca quali siano le reali possibilità di interscambio. Infatti, si tenga presente che:
- non è generalmente possibile traferire tutto;
- non sempre è conveniente traferire tutto.
I link diretti sono solitamente accompagnati da problematiche di tipo operativo quali:
- individuazione del corretto modello di analisi, da farsi possibilmente già nel modellatore BIM;
- controllo/arricchimento dei file di mappatura per il trasferimento di sezioni e materiali;
- gestione degli elementi con dimensioni in pianta molto maggiori dello spessore;
- congruenza ai nodi.
Si tratta di problematiche complesse, non di immediata risoluzione e tantomeno facilmente gestibili automaticamente, ma ciò non deve costituire un limite. Dei work around possono essere messi a disposizione, ma l’intervento dell’Operatore resta necessario.
Il modellatore BIM può anche avere al suo interno la possibilità di individuare il modello di analisi e restituirne l’anteprima, ma è poi basilare che l’Operatore possa effettuare delle modifiche, gestire vincoli ed eventualmente carichi, intervenire sul posizionamento degli assi baricentrici.
Solitamente il software di BIM Authoring crea al suo interno un modello figlio che rappresenta l’estrapolazione di quello reale per il tool di calcolo; lo mostra; dà la possibilità di modificarlo ed infine di trasferirlo. Quindi, buona parte delle regole che costituiscono le fondamenta di un buon modello ad elementi finiti deve già esistere all’interno del modellatore BIM; a questo punto, mancano solo le istruzioni per tradurre il modello nel linguaggio del software FEM prescelto. Così lavora un link diretto.
A livello pratico cosa significa? Che gli elementi strutturali (travi, pilastri, tutti gli oggetti che fino a questo momento erano solidi 3D) passano in secondo piano (magari divenendo trasparenti) e lasciano spazio all’unifilare al loro interno che poi diverrà un elemento finito. Questo passaggio comporta inevitabilmente la perdita di congruenza nelle intersezioni in quanto il volume occupato dall’oggetto 3D non può essere riempito da un unifilare; un buon link diretto fa allora nascere dei bracci rigidi che recuperino la congruenza laddove necessario. Altresì, un modellatore BIM che si rispetti deve dare all’Utente la possibilità di modificare le scelte da lui stesso operate. In questa fase infatti, si parla di scelte: non è più tutto univocamente deciso dal modello architettonico/strutturale. Come già si è discusso, il passaggio allo scheletro di elementi finiti comporta delle approssimazioni e quindi delle scelte da parte dell’Analista.
Nel modello strutturale sono sicuramente presenti oggetti non specificatamente atti ad opporsi alle azioni esterne. Questi non hanno una contropartita nel tool di calcolo e non necessitano di trasferimento. Ancora una volta questo aspetto è parte integrante della logica di traduzione da un modello strutturale ad un modello di analisi e se ne deve occupare il software di BIM Authoring. Nell’ambiente di lavoro BIM, ad esempio, sono modellati anche bulloni e tirafondi, ma questi oggetti nella realtà servono solo a garantire un certo grado di vincolo. Nel software di calcolo non devono essere riprodotti con un elemento ma semplicemente con un vincolo a terra o uno svincolo interno. Quindi, un buon traduttore finalizzato all’analisi deve poter trasferire alcuni aspetti ed escluderne altri. Per effettuare questa operazione si possono utilizzare strumenti di filtraggio. Tutte queste potenzialità consentono all’Ingegnere Strutturista di generare il modello corretto di analisi.
Una volta completate tutte queste operazioni, si apre la fase di esportazione: il modello di analisi così generato ed eventualmente modificato viene tradotto e traslato al tool di calcolo. Durante questa operazione è fondamentale la produzione di un report di warning/errori che aiutino l’Operatore ad intercettare eventuali anomalie intercorse e ad individuarne le cause.
All’interno del software di calcolo l’Utente è chiamato a completare il modello con tutto ciò che pertiene l’analisi, inserendo carichi, vincoli esterni, svincoli interni e definendo le opzioni di calcolo.
Una volta completato il modello nel software FEM, si effettua un controllo di congruenza dati, sia sfruttando comandi appositi, sia eseguendo dei controlli manuali con l’ausilio di report mirati che il programma dovrebbe mettere a disposizione, sia infine controllando i risultati di analisi per carichi verticali o di analisi dei modi di vibrare. Una volta accertata la bontà del modello si effettua l’analisi a cui può seguire una fase di progettazione/verifica.
A seconda dei risultati ottenuti potrebbe essere necessario apportare delle modifiche che il link deve essere in grado di ritrasferire indietro. L’operazione di trasferimento indietro dei dati diventa particolarmente interessante nel momento in cui a valle dell’analisi nel software FEM si possano compiere anche operazioni di progettazione delle armature per gli elementi in c.a. e inviarle indietro nell’ambiente di origine del modello. Il maggior vantaggio si ha nel momento in cui il modellatore BIM ricevente è in grado di riconoscere l’armatura nel suo ambiente di modellazione. Infatti, l’armatura progettata e verificata dall’Ingegnere Strutturista può essere più agevolmente manipolata, rappresentata e computata attraverso un modellatore 3D.
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Principali criticità nel dialogo tra software BIM e FEM
Recupero della congruenza e posizionamento degli oggetti
Nonostante i modellatori BIM si configurino indubbiamente come un ambiente alternativo efficiente e moderno di pre-processing per i software di calcolo, l’operazione di creazione e trasferimento del modello di analisi non è priva di criticità ed aspetti di delicata gestione. Infatti, poiché le informazioni necessarie a cogliere la risposta strutturale nei confronti di carichi statici/sismici si sovrappongono nel modellatore BIM ad una moltitudine di altri dati (particolari architettonici, foronomie, informazioni legate ai vani dell’edificio, dettagli dei collegamenti), il modello di calcolo deve essere estrapolato dal contesto. Di contro, i dati contenuti nel progetto architettonico/costruttivo devono giustamente essere molto numerosi in quanto deputati a descrivere la struttura ad un livello di dettaglio superiore a quello richiesto dal calcolo strutturale.
Il Professionista che genera il modello di calcolo direttamente nel software di calcolo strutturale, non riproduce i dettagli tipici dei disegni architettonici/costruttivi, ma si limita a comporre uno scheletro di elementi finiti 1D/2D (al limite 3D), necessari e sufficienti a cogliere la risposta strutturale. Si potrebbe dire che costruisce dal basso il suo modello.
Nell’ottica BIM, invece il Professionista deve lavorare su un modello prospero di dettagli, che sono fondamentali per altre discipline. Da questa ricchezza di informazioni, suo compito è estrapolare le sole necessarie e sufficienti a descrivere il comportamento strutturale, anche in relazione al tipo di analisi che intende svolgere. Si potrebbe dire che costruisce dall’alto il suo modello.
Durante questa operazione sono molte le insidie da superare, anche perché non si tratta di una mera pulizia, ma di una vera e propria riorganizzazione degli oggetti, come nel seguito si cerca di spiegare. Le operazioni necessarie, spesso complesse, per dedurre il modello di calcolo da quello architettonico/costruttivo si possono riassumere nei seguenti punti:
- selezione degli oggetti strutturali portanti;
- ripristino della congruenza;
- posizionamento degli oggetti.
La prima voce ha un significato intuitivo: il modello di calcolo deve contenere tutti e soli quegli oggetti che il Progettista reputa possano influenzare la statica (e/o la risposta dinamica) della struttura. In questo senso, quindi, un applicativo di trasferimento dati dovrebbe fornire la possibilità di effettuare l’operazione su selezione. Ma come si accennava poco fa, non si tratta solo di una scrematura, ma piuttosto di ripensare la struttura nell’ottica di un calcolo ad elementi finiti. Le altre due fasi dell’elenco (ripristino della congruenza e posizionamento degli oggetti) rappresentano appunto questa operazione.
Per quanto riguarda il ripristino della congruenza, si può ragionevolmente pensare che essa risulti soddisfatta quando in corrispondenza di ogni intersezione tra gli elementi sia presente un nodo di calcolo. Si consideri a titolo di esempio il telaio piano riportato in Figura 1. Nel modellatore BIM la colonna è rappresentata come un unico oggetto da terra a cielo. Il fatto che in essa convergano delle travi è una pura rappresentazione grafica di quella che poi sarà la costruzione reale. Invece, la necessità di suddividere gli oggetti in corrispondenza delle intersezioni ai fini di assicurare il rispetto della congruenza è essenziale per il mondo del calcolo. È opportuno che ogni intersezione venga risolta in automatico durante il trasferimento, creando il corretto numero di elementi finiti.
In Figura 1 gli oggetti in verde rappresentano le travi ai due impalcati, mentre gli oggetti blu rappresentano i pilastri. All’interno del modellatore BIM le membrature “pilastro” possono nascere all’impalcato 0 e proseguire fino al roof senza necessariamente essere suddivisi in più oggetti dalla presenza delle travi. L’analogo modello rappresentato da un insieme organizzato di elementi finiti deve invece seguire regole più stringenti (immagine a destra nella figura). Necessariamente, infatti, non l’intera membratura “pilastro” può essere costituita da un unico elemento finito, ma al contrario l’intersezione con le travi deve portare alla nascita di nodi intermedi della mesh, interrompendo gli oggetti originari. Ovviamente il medesimo ragionamento si applica alle travi rispetto ai pilastri.
Figura 1: Carpenteria di un telaio metallico a sinistra; modello ad elementi finiti a destra.
L’anteprima del modello di calcolo all’interno del modellatore BIM è essenziale perché consente di verificare il problema di eventuali disassamenti dovuti alle intersezioni tra aste di diversa dimensione: problema del posizionamento degli elementi, che può inficiare pesantemente la congruenza. Proprio per questo, l’anteprima del modello non dovrebbe essere “in sola lettura”, ma consentire la manipolazione degli elementi finiti e dei nodi. Dovrebbe essere permesso, ad esempio, all’Utente di agire sui nodi di calcolo allo scopo di raggiungere la configurazione attesa, senza spostare l’oggetto solido da cui proviene. Si riporta in Figura 2 il telaio di un capannone industriale in acciaio monopiano in cui il modello di analisi è visualizzato all’interno del modellatore BIM Tekla Structures in sovrapposizione alla carpenteria.
Figura 2: Modello di analisi all’interno del modellatore BIM Tekla Structures in sovrapposizione alla carpenteria.
In generale si possono distinguere tre modalità di schematizzazione degli elementi strutturali monodimensionali:
a) nel modellatore strutturale gli elementi possono essere ad esempio inseriti in modo che gli estremi superiori dei pilastri coincidano con le quote di estradosso delle travi (Figura 3 a sinistra). Il tratto continuo in linea più opaca rappresenta l’unifilare di calcolo (l’elemento finito). Per ogni elemento strutturale monodimensionale si individuano le zone di sovrapposizione degli oggetti 3D travi e pilastri (zone rigide, tratto nero), in questo caso presenti solo nella direzione dell’asse degli elementi stessi. Quindi nel modello di analisi è necessario riprodurre con dei tratti rigidi le zone di sovrapposizione degli oggetti 3D. Solitamente i software di calcolo prevedono degli automatismi per questo; non considerarli, porta comunque ad ottenere risultati più gravosi.
Figura 3: Modellazione con riferimento all’estradosso delle travi (a sinistra) e con riferimento all’asse baricentrico (a destra).
b) In Figura 3 a destra il modello architettonico è stato adattato al modello di calcolo, con gli elementi definiti in posizione baricentrica. Nel modello di calcolo i nodi delle travi sono a quota diversa da quella di estradosso solai che coincide sempre con il filo superiore delle travi; la quota dei nodi dei pilastri è pari alla quota del piano medio delle travi.
c) In Figura 4 è riportata una situazione ibrida rispetto ai punti precedenti, infatti, a livello di carpenteria è riprodotta la stessa configurazione del punto a): gli estremi superiori del pilastro e delle travi coincidono con la quota di estradosso solaio; a livello di modello di analisi è riproposta la stessa situazione del punto b): gli elementi finiti si trovano in posizione baricentrica. A complicare la cosa, inoltre, si considera un nodo strutturale più realistico e meno didattico in cui le travi e i pilastri variano di sezione. A differenza di prima, in questo caso per ogni elemento strutturale nascono zone rigide sia nella direzione dell’asse degli elementi (zone rigide) sia nel piano della sezione dell’asta (offset), dando complessivamente luogo a tratti rigidi nello spazio all’interno del nodo strutturale.
Figura 4: Modellazione con riferimento all’estradosso solai.
Il primo approccio vede la generazione del modello di calcolo rispettando la posizione dei nodi di inserimento degli elementi 3D. Gli unici tratti rigidi sono quelli lungo la direzione degli elementi e rappresentano la zona di sovrapposizione tra travi e pilastri (zone rigide).
Il secondo modello prevede un posizionamento degli elementi strutturali orientato solo al calcolo. Travi e pilastri sono in posizione baricentrica. I disegni esecutivi degli elementi non sono corretti.
Nell’ultimo tipo di modellazione gli oggetti sono posizionati correttamente ai fini del disegno esecutivo; il modello di calcolo vede gli elementi finiti posizionati sull’asse baricentrico degli elementi asta. In questo ultimo approccio sono presenti tratti rigidi di collegamento necessari per ripristinare in ogni nodo la congruenza tra gli elementi trave e pilastro incidenti nel nodo.
La complessità spaziale dei tratti rigidi può facilmente dar vita ad azioni spurie poco controllabili. Tuttavia, questo approccio è quello che tipicamente viene sfruttato nell’ottica di una modellazione rapida ed il più possibile indipendente dalle problematiche di congruenza (l’Operatore modella la carpenteria nella sua configurazione reale e poi a ripristinare la congruenza nel modello di calcolo ci pensa il software), pur non essendo l’approccio migliore ai fini del calcolo.
Almeno, le due prime schematizzazioni forniscono risultati verificabili con facilità ricorrendo ad un semplice calcolo manuale. Invece, con il terzo approccio, le azioni flettenti risultano globalmente equilibrate solo a patto di considerare anche il contributo generato dal trasporto delle azioni assiali dall’estremità dei tratti deformabili al nodo stesso.
Da quanto discusso si evidenzia inoltre come la terza modalità di input, unita all’opzione di piano rigido che agisce in corrispondenza dei nodi della mesh, possa comportare la nascita di una discontinuità nel diagramma delle azioni interne flettenti apparentemente senza motivo. Attenzione che non si tratta di situazioni sporadiche, infatti spesso nell’ambito dell’ingegneria dei building si è soliti adottare l’opzione di impalcato infinitamente rigido.
Le criticità legate agli elementi bidimensionali
Si è già accennato alle problematiche dettate dalla differenza fisiologica che caratterizza il modello strutturale dal modello di calcolo. Si cerca ora di ampliare e sottolineare meglio questi aspetti. Prima di tutto la trasformazione di elementi bidimensionali da un modellatore BIM verso un programma di calcolo presenta i seguenti aspetti critici:
a) se il software di calcolo è di tipo general, cioè non orientato specificatamente all’ingegneria civile, solitamente l’unico strumento per modellare delle aree è attraverso una mesh ad elementi finiti 2D. Quindi, durante il trasferimento, una generica area deve diventare una mesh di elementi finiti 2D. Nel caso l’automatismo di dialogo non preveda una discretizzazione ad elementi finiti, allora le aree potrebbero essere trasferite come un unico grande elemento finito che poi viene discretizzato manualmente in ambiente di calcolo. In questo caso, però, l’area non può essere caratterizzata da più di 4 nodi, in quanto gli elementi finiti 2D possono essere quadrangolari o triangolari. Alternativamente potrebbero essere trasferite delle aste fittizie di contorno sfruttabili nell’ambiente FEM per definire il dominio su cui lanciare il meshatore.
b) se il software di calcolo è invece orientato allo studio di strutture civili, molto probabilmente dispone di macro-elementi per simulare lame di taglio, vani ascensori, vani scala, setti sismici. In questo caso il modellatore BIM potrebbe trasferire un’area di non più di 4 spigoli già come macro elemento. Sarebbe opportuno che lo strumento di dialogo fornisse all’Utente la possibilità di scegliere.
c) se il software di calcolo dispone di un ambiente di modellazione geometrico 3D, il modellatore BIM potrebbe allora trasferire non elementi finiti, ma informazioni grafiche, che sarebbero poi opportunamente tradotte in informazioni di analisi all’interno del software stesso di calcolo.
Si analizzano di seguito criticamente i 3 scenari sopra esposti:
a) Questa situazione richiede che il modellatore BIM si faccia carico di un’operazione molto complessa. Infatti, la discretizzazione ad elementi finiti di un’area piana non è solo un’operazione geometrica, che ogni strumento CAD può tranquillamente risolvere, ma si tratta di una fase molto delicata che deve rispettare una serie di regole dettate dalla teoria degli elementi finiti. Ad esempio, gli elementi generati devono essere perfettamente congruenti con tutti gli altri oggetti afferenti alla mesh (travi, pilastri, eventuali aree già in precedenza meshate), devono rispettare opportuni rapporti di forma, nel caso di aree complesse gli elementi quadrilateri e triangolari devono essere opportunamente dosati in modo da evitare distorsioni nei primi ed un eccessivo uso dei secondi con perdita di accuratezza nella soluzione; infine, la mesh deve essere più fitta in zone a gradiente tenso-deformativo elevato senza però eccedere a scapito dei tempi di calcolo. L’operazione di meshatura è oggi risolta da tutti i programmi di calcolo, ma difficilmente può essere risolta da uno strumento CAD.
b) Questa operazione è abbastanza semplice. È essenziale che l’Utente generi l’area nel modellatore BIM senza eccedere il numero di 4 vertici. Inoltre, spesso questi macro-elementi nascono per rappresentare strutture verticali. È quindi necessario, per il corretto riconoscimento in fase di trasferimento, che l’Utente controlli le coordinate delle aree all’interno del modellatore BIM in modo da accertarsi che le aree generate siano perfettamente verticali. Un ruolo fondamentale gioca in questo caso la tolleranza sulla verticalità scelta dagli sviluppatori del link di dialogo; questa infatti deve interpretare la tolleranza del modellatore BIM per stabilire la presenza o meno di verticalità e trasformare le aree in macro-elementi nel software di calcolo rispettando la tolleranza di quest’ultimo. Molto utile potrebbe rivelarsi un comando sull’arrotondamento delle cifre decimali.
c) Questa opzione non riguarda la media dei software di calcolo operanti nel settore dell’Ingegneria Civile. Si tratta di un approccio presente da molti anni nell’ambito meccanico, dove la grande maggioranza dei programmi di calcolo consente l‘importazione di file geometrici poiché anch’essi al loro interno dispongono di ambienti di modellazione geometrica su cui poi effettuare le operazioni di meshatura.
Tuttavia, vale la pena ricordare che alcuni prodotti nati per l’Ingegneria Civile hanno cominciato a proporre anche strumenti di modellazione geometrica. Tale necessità nasce dalla richiesta sempre più sentita anche in questo settore di poter effettuare analisi locali. A questi fini il dialogo con il modellatore BIM deve essere estremamente spinto poiché il primo passo dello strumento di calcolo è discretizzare ad elementi finiti la forma reale riprodotta nei minimi dettagli; a differenza di quanto esposto prima, in questo caso il modello di calcolo deve rispecchiare il più fedelmente possibile l’oggetto fisico tridimensionale.
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L'articolo prosegue con un esempio pratico attraverso il quale viene descritta l'applicazione della metodologia BIM al progetto di un nuovo ponte a campata unica sul Torrente Scrivia a Montoggio (GE).
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