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Quando un muro di cinta è abusivo?

Il muro di cinta è essenziale per la protezione delle aree private e soprattutto degli spazi residenziali, esso si presenta con altezze variabili tra 1.5 e 3 metri e diverse tipologie costruttive. Un recente caso del Consiglio di Stato, sentenza n. 7049/2024, ha confermato l'obbligo di demolire porzioni di un muro di cinta perché in contrasto con le normative edilizie, evidenziando la responsabilità dei proprietari nel rispettare le distanze legali e le autorizzazioni edilizie.

Muro di cinta: definizione, tipologie e normative

Il muro di cinta è una costruzione utilizzata per tutelare un'area specifica, consentendone la protezione della privacy e migliorando la percezione di sicurezza dei luoghi interclusi. Esso è spesso utilizzato per la protezione di spazi privati, complessi residenziali, siti archeologici, luoghi pubblici rilevanti e strategici (caserme militari, stazioni di polizia, etc.) e, più in generale, di tutti quei contesti che necessitano di una separazione netta dall'ambiente circostante.

L’art. 878 del codice civile stabilisce che “il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un’altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall’articolo 873. Esso, quando è posto sul confine, può essere reso comune anche a scopo d’appoggio, purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore ai tre metri”.

Quindi l’art. 878 del codice civile sottolinea che i muri di cinta e altri muri isolati fino a 3 metri di altezza sono esenti dal rispetto delle distanze legali tra costruzioni previste dall’art. 873, secondo il quale “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”. Così come l’altezza minima è spesso regolamentata dalle norme tecniche di attuazione (NTA) dei piani urbanistici, ovvero dal regolamento edilizio comunale (RUEC).

Di contro, il DPR 380/2001, testo unico edilizia, e le sue successive integrazioni non cita espressamente i muri di cinta, non fornendo alcuna ulteriore indicazione, neanche in merito al titolo abilitativo occorrente per la realizzazione dello stesso. Tutte le considerazioni devono essere fatte per estensione e similitudine con opere analoghe.

In linea di massima, qualora il muro di cinta non si configuri come un’opera impattante dal punto di vista urbanistico, ai sensi delle norme locali, sarà sufficiente una SCIA, viceversa sarà necessario il permesso a costruire.

In base a quanto sopra specificato, l’altezza del muro di cinta è quindi generalmente compresa tra 1.50 e 3.00 metri e lo stesso è realizzato con una struttura robusta e resistente, in modo da garantire sicurezza e protezione, quindi le sue caratteristiche si possono così riassumere:

  • altezza non superiore ai tre metri;
  • scopo è la delimitazione della linea di confine tra due proprietà diverse;
  • non appoggia ad un edificio da entrambi i lati.

Esistono diverse tipologie costruttive di muri di cinta in funzione dei materiali con cui essi vengono realizzati, i quali vengono scelti in fase progettuale in funzione alle necessità.

In generale è possibile distinguere le seguenti tipologie murarie:

  • muratura portante in mattoni o blocchi;
  • elementi in calcestruzzo armato gettato in opera;
  • muri di cinta prefabbricati in calcestruzzo (anche posizionati a secco) o in metallo
  • elementi misti, che prevedono un elemento murario sormontato da strutture metalliche o da elementi di dissuasione.

Detto ciò, si comprende chiaramente che i muri di cinta si differenziano dai muri di confine o con i muri di contenimento, infatti:

  • un muro di contenimento o muro di sostegno, contrasta la spinta del terreno in presenza di un dislivello tra due aree limitrofe, garantendo con la stabilità del terrapieno a ridosso dell’area di interesse;
  • il muro di confine è invece posizionato lungo il confine tra due proprietà, delimitando e definendo i confini tra terreni adiacenti senza aver per forza funzioni e altezze tali da garantire la sicurezza dei luoghi.

Qualora un muro di cinta non rispetti le distanze minime richieste dalla legge si incorre nell’abusivismo, a chiarire ciò è la Sentenza del Consiglio di Stato n. 7049/2024.

Muro di cinta: la legittimità della demolizione secondo il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha emanato recentemente la sentenza n. 7049/2024, riguardante un contenzioso edilizio a Città della Pieve (PG), dove i ricorrenti hanno presentato un appello contro il Comune. La disputa riguarda l’ordinanza del Comune che ingiungeva la demolizione di parte del muro di cinta, in particolare delle porzioni che superavano l’altezza di 1 metro e si trovavano a meno di 3 metri dal ciglio della strada vicinale.

Il Tar per la Regione Umbria aveva già respinto il ricorso dei ricorrenti nel 2023, confermando la legittimità dell’ordinanza di demolizione emessa dal Comune. Questa ordinanza si basava su una precedente sentenza del Consiglio di Stato che già evidenziava le irregolarità nella costruzione del muro.

Il Comune di Città della Pieve aveva autorizzato nel 1988 la costruzione del muro di contenimento, fissando l'altezza massima a 1 metro. Negli anni successivi, le costruzioni effettuate dai ricorrenti si sono rivelate difformi rispetto a tali autorizzazioni edilizie, da qui la necessità di un’azione da parte delle autorità comunali.

I problemi legati al muro si sono intensificati a seguito delle segnalazioni da parte dei proprietari dei fondi limitrofi, che hanno denunciato violazioni normative riguardanti le distanze minime richieste dalla legge. L’ordinanza di demolizione emessa nel 2021 è stata quindi il risultato di una lunga serie di verifiche e accertamenti culminati in sentenze che hanno riconosciuto l’abusività di alcune parti del muro.

La sentenza recente del Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar, rigettando l’appello dei ricorrenti. Tra le motivazioni indicate dal Consiglio, spicca l’asserita illegittimità della costruzione del muro, e il fatto che il Comune non avesse alcun obbligo di informare gli interessati riguardo all’istruttoria per l’ordine di demolizione. La Corte ha inoltre ribadito che la demolizione parziale del muro, limitata alle porzioni superiori a 1 metro e più vicine ai 3 metri dalla strada, era un atto legittimo e doveroso e la scelta dell'amministrazione comunale di non ordinare la demolizione integrale del muro, ma solo delle porzioni in eccesso, è stata considerata un atto di proporzionalità e correttezza.

La decisione del Consiglio di Stato rafforza la necessità per i proprietari di immobili di rispettare le norme edilizie e di eseguire le opere di recisione in conformità ai progetti allegati ai titoli abilitativi avallati, sottolineando l’importanza di operare sempre all’interno dei limiti autorizzati.

 

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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