Quando il degrado strutturale vince sull’imposizione di un vincolo di conservazione
Il patrimonio culturale in Italia, ricco di edifici storici e siti di valore artistico e paesaggistico, necessita di una tutela rigorosa per preservarne l'integrità e la storia. Ciò però non sempre è possibile, infatti la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1407/2025 ha annullato un vincolo culturale su un immobile fatiscente a Melegnano, evidenziando come il principio che la tutela del patrimonio deve essere compatibile con la possibilità di conservazione del bene.
La tutela del patrimonio culturale in Italia
L’Italia è un paese in cui gli edifici storici rappresentano gran parte del territorio quindi, in tale prospettiva, i vincoli sui beni culturali diventano fondamentali in quanto rappresentano una tutela del patrimonio culturale. Essi servono per proteggere monumenti, siti archeologici, opere d'arte e aree di valore storico e paesaggistico da danni o alterazioni. La loro conservazione è di interesse pubblico e contribuisce alla comprensione della storia e della cultura.
Così come l’Italia è un paese ricco di storia e anche uno dei luoghi in cui le calamità naturali sono rilevanti, per cui i fattori come il deterioramento, i disastri naturali e le attività umane minacciano l’integrità di tali beni, rendendo necessaria l'attivazione di strumenti giuridici per la loro protezione.
In Italia, il Ministero dei Beni Culturali è l'ente principale per la gestione di tali vincoli, i quali sono regolati dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (DLGS 42/2004). Quest’ultimo stabilisce le modalità di istituzione e rimozione dei vincoli, che a loro volta hanno un impatto significativo sull'edilizia, influenzando la conservazione e la gestione di edifici storici. A quanto detto si aggiunge il fatto che l’intervento conservativo su tali beni è spesso oneroso, infatti il restauro di edifici vincolati richiede interventi specifici per mantenere le caratteristiche originali, eseguiti secondo rigorosi standard e utilizzando materiali tradizionali per garantire l'autenticità.
In generale, per poter effettuare lavori di recupero o ristrutturazione su beni culturali tutelati è indispensabile ottenere l'autorizzazione dalla Soprintendenza competente. Tuttavia prima di presentare la richiesta, è spesso necessario eseguire una valutazione tecnica del bene culturale, condotta da professionisti qualificati come architetti esperti in conservazione, storici dell'arte e archeologi.
Questo passo ha lo scopo di individuare le necessità di conservazione e le azioni da intraprendere, invece a livello locale, potrebbero essere richiesti titoli abilitativi per gli interventi edilizi previsti o ulteriori autorizzazioni dalle autorità comunali o regionali.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 1407/2025 spiega abbastanza esaustivamente se un vincolo culturale possa decadere a causa dello stato di degrado strutturale.
Annullato il vincolo culturale su immobile fatiscente a Melegnano
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1407/2025 ha pronunciato un verdetto storico riguardante il caso di un immobile situato a Melegnano (MI), oggetto di un lungo contenzioso tra il Ministero della Cultura e la società proprietaria del bene. La sentenza ha annullato il vincolo culturale imposto sull'immobile, ritenendo impossibile la sua conservazione a causa del grave stato di degrado strutturale.
Il complesso immobiliare oggetto della causa è risalente al XIV-XV secolo e era stato sottoposto a vincolo di tutela diretta dal Ministero della Cultura nel 2022, con la motivazione che rappresentava un esempio significativo di edilizia storica e una testimonianza del tessuto urbano di Melegnano. Tuttavia, la società proprietaria aveva impugnato il provvedimento, sostenendo che “(…) lo stato di fatiscenza dell’immobile, il quale renderebbe incongruo il vincolo, poiché tale da escludere qualsiasi ipotesi di recupero e restauro dei materiali e delle strutture, nonché da determinare l’impossibilità di mettere in sicurezza lo stabile anche solo al fine di poterlo ispezionare (…)”.
Per cui lo stato di fatiscenza in cui versava l’immobile, tale da valutare impossibile il recupero, ha costretto la ditta proprietaria a contestare la legittimità del vincolo, affermando che l'immobile era stato ricostruito in epoca recente con materiali di reimpiego e che non presentava più alcun valore storico-culturale e denunciando la carenza di istruttoria da parte della Soprintendenza, che non aveva effettuato indagini stratigrafiche approfondite per accertare l'effettiva consistenza architettonica del bene.
Il TAR per la Lombardia aveva accolto il ricorso della società, annullando il provvedimento di vincolo, rilevando che la Soprintendenza non aveva condotto le indagini stratigrafiche necessarie per valutare l'interesse storico dell'edificio. A tal proposito la sentenza afferma che sia stato “ritenuto dirimente e fondata la censura con cui veniva dedotta la carenza di istruttoria e il difetto di motivazione, rilevando che l’Amministrazione aveva imposto il vincolo senza compiere le indagini stratigrafiche ritenute indispensabili dalla stessa Soprintendenza per valutare l’interesse storico dell’edificio”.
Il Ministero della Cultura aveva presentato appello, sostenendo che l'imposizione del vincolo era legittima e che la cattiva conservazione dell'immobile non avrebbe dovuto precluderne la tutela.
A questo punto è intervenuto il Consiglio di Stato che ha confermato l'annullamento del vincolo, ma con una motivazione diversa rispetto al TAR.
Il Collegio ha ritenuto che, alla luce delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, l'immobile non fosse più recuperabile. Il consulente tecnico aveva evidenziato che lo stato di degrado era tale da rendere impossibile qualsiasi intervento conservativo senza mettere a rischio l'incolumità degli operatori.
Inoltre, il crollo dell'immobile era considerato imminente, tanto da raccomandarne la demolizione urgente per evitare pericoli per la pubblica incolumità infatti in uno dei tanti pareri del CTU (consulente tecnico d’ufficio per il tribunale) si evince che “ (…) l’immobile oggetto del Quesito non può essere ispezionato in nessuna sua parte dal momento che, visto lo stato di rovina generale in cui versa, non si ritiene possibile progettare e realizzare sufficienti opere di messa in sicurezza tali da garantire la totale incolumità degli operatori (…)”.
Il Consiglio di Stato ha quindi stabilito che l'imposizione del vincolo culturale su un bene inagibile e pericoloso contrasta con le finalità della tutela del patrimonio culturale, che presuppone la possibilità di conservazione e fruizione pubblica del bene, respingendo l'appello del Ministero della Cultura.
Questa decisione rappresenta un precedente significativo nel campo della tutela del patrimonio culturale, sottolineando che l'imposizione di un vincolo deve essere supportata da una concreta possibilità di conservazione del bene e di fruizione dello stesso a futura memoria. In assenza di tale possibilità, il vincolo perde la sua ragione d'essere e può essere quindi abrogato.
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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