Quando il contenimento del consumo del suolo prevale sul permesso di costruire
Il consumo di suolo rappresenta un fenomeno in costante crescita, fortemente influenzato dall’espansione urbanistica e dalla costruzione di nuove infrastrutture. Un’importante sentenza è stata emessa dal Tar Lazio (n. 12818/2024), che rigetta un ricorso contro il diniego di un permesso di costruire a Roma, evidenziando la necessità di adottare strategie sostenibili per contrastare il consumo di suolo.
Consumo di suolo: un fenomeno in crescita
Il consumo di suolo è un fenomeno legato alle dinamiche tipiche degli insediamenti urbani e della creazione di infrastrutture, principalmente dovuti dall’esigenza di nuovi edifici (residenziali e terziari) sul territorio.
Il consumo del suolo si distingue in:
- consumo di suolo permanente dovuto a una copertura artificiale fissa che impermeabilizza il terreno;
- consumo di suolo reversibile riguardante una copertura artificiale non permanente che comporta la distruzione del suolo.
È importante sottolineare che il suolo è una risorsa vitale, limitata e non rinnovabile. A tal proposito, secondo il Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” del 2024, a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), i dati non sono confortanti.
Nell'ultimo anno sono state aggiunte nuove superfici artificiali per un totale di 72,5 km² e, sebbene l'incremento del suolo consumato sia stato inferiore rispetto a quello dell'anno precedente, l’incremento rimane comunque al di sopra della media del decennio scorso (2012-2022), che si attestava invece a 68,7 km² all'anno. L’entità dei dati in essere è più efficace se si pensa che nel corso dell'ultimo anno si è registrata una perdita di suolo di 2,3 metri quadrati al secondo.
Questa espansione delle superfici artificiali è stata solo parzialmente bilanciata dal recupero di aree naturali, che ha interessato poco più di 8 km².
Questo recupero è avvenuto principalmente grazie a due principali fattori:
- riqualificazione di terreni di cantiere o superfici precedentemente classificate come consumate;
- interventi, anche se in minima parte, di de-impermeabilizzazione.
Questo valore rimane comunque insufficiente per raggiungere l'obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, che negli ultimi dodici mesi è stato di 64,4 km² (17,6 ettari al giorno), corrispondente a oltre 2 m² al secondo.
La sentenza del Tar Lazio n. 12818/2024 mette in evidenza l’importanza del consumo del suolo e le modalità con le quali esso debba avvenire.
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Il consumo di suolo non ha spazio nella pianificazione romana
Il Tar del Lazio ha recentemente emanato una sentenza riguardante un ricorso relativo alla contestazione di un diniego del permesso di costruzione emesso da parte del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica di Roma Capitale. Il diniego riguardava la richiesta di permesso di costruire per un intervento edilizio consistente nella demolizione e ricostruzione di un immobile con un incremento del 20% della superficie utile lorda (S.U.L.) come previsto dalla LR n. 7/2017.
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Il provvedimento impugnato, risalente al 29 maggio 2020, basava il rifiuto della domanda di permesso sulla considerazione che l’intervento avrebbe aumentato il consumo di suolo, contravvenendo così alle normative urbanistiche locali vigenti.
Roma Capitale ha giustificato la propria decisione sottolineando che l'area di intervento rientra nel Sistema dei Servizi e delle Infrastrutture e che qualsiasi progetto edilizio avrebbe dovuto ricevere il parere favorevole della Sovrintendenza Capitolina. Quest’ultima, dopo aver esaminato il progetto, ha espresso invece parere contrario, evidenziando che l’immobile in questione non si trovasse in un’area di degrado e che l'intervento proposto non avrebbe contribuito di fatto ad una razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente. La Sovrintendenza ha inoltre sottolineato che l'intervento proposto non rispettava le condizioni per la demolizione e ricostruzione e che il progetto avrebbe portato a un aumento della superficie occupata, sacrificando aree verdi e alterando l’aspetto architettonico dell'immobile.
Il Tar ha accolto le motivazioni di Roma Capitale, ritenendo infondato il ricorso e chiarendo che l'art. 1 della LR Lazio n. 7/2017 prevede interventi edilizi solo in contesti di degrado o abbandono. Infatti ogni progetto deve rispondere a specifiche finalità di rigenerazione urbana e le richieste di aumento di volumetria devono essere giustificate da motivazioni solide e coerenti con le normative vigenti.
In un contesto urbano sempre più complesso, la tutela del patrimonio architettonico e del verde pubblico rimane una priorità per le amministrazioni locali, infatti la decisione del Tar si configura come un passo importante nella direzione di una pianificazione urbana sostenibile e rispettosa delle normative vigenti, che sempre più spesso contemplano una riqualificazione del costruito a fronte di una nuova edificazione.
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO n. 12818/2024 È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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