Quando i vincoli storici e monumentali possono ostacolare la realizzazione di serre solari
Le serre solari sono delle soluzioni innovative nel campo della sostenibilità energetica, sfruttando la radiazione solare per migliorare l'efficienza energetica senza l'ausilio di impianti meccanici. Tuttavia, la loro integrazione nel contesto edilizio presenta sfide normative, come dimostrato da una recente sentenza del Tar Lazio riguardante un caso di serra solare in un'area storica di Roma.
Serre solari: innovazione e sostenibilità energetica
Le serre solari sono sistemi solari passivi che vengono utilizzate con lo scopo di migliorare l’efficienza energetica. Esse non richiedono l’utilizzo di impianti bensì viene sfruttata la radiazione solare innalzando la temperatura interna alla struttura. Infatti le serre solari presentano una serie di componenti che massimizzano il loro funzionamento, quali:
- le ampie superfici vetrate per intercettare la radiazione solare e consentire il verificarsi dell’effetto serra;
- l’elevata massa termica, caratterizzata da componenti che rilasciano gradualmente l’energia immagazzinata;
- i riflettori solari, cioè di pannelli, fissi o mobili, che hanno lo scopo di aumentare la quantità di energia captata dalla serra;
- le schermature solari, che permettono l’ingresso di più luce in inverno evitando il surriscaldamento nel periodo estivo.
Esistono varie tipologie di serre bioclimatiche con caratteristiche differenti:
- la serra a guadagno diretto, integrata perfettamente alla casa, essa presenta anche elementi rimovibili come finestre e porte;
- la serra a scambio convettivo, ossia spazi accostati alla casa, la cui separazione avviene tramite strutture verticali, consentendo una temperatura all’interno sempre costante;
- la serra a scambio radiante dove il calore viene accumulato e poi convogliato verso una parete comunicante con l’abitazione per poi essere disperso gradualmente man mano che la temperatura in casa si abbasserà sfruttando il fenomeno dell’irraggiamento come mezzo di trasmissione del calore.
Come è possibile facilmente comprendere, esse presentano innumerevoli vantaggi oltre al mero risparmio energetico, come ad esempio: il ridotto impatto ambientale, l’ampliamento dello spazio abitabile e l’aumento del valore dell’immobile.
Per quanto riguarda invece l’aspetto puramente normativo in realtà non vi è un riferimento ben definito a livello nazionale ma si fa riferimento alle disposizioni locali delle Regioni e dei Comuni in merito al titolo abilitativo previsto per l’intervento.
Nonostante ciò anche le serre solari sono considerate abusi edilizi qualora collocate in zone vincolate, a chiarirlo è la sentenza del Tar Lazio n. 18049/2024.
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Il caso della serra solare: riflessioni sulla conservazione del patrimonio storico
Il Tar per il Lazio ha emesso una sentenza riguardante un controverso caso di permesso di costruire in sanatoria per un immobile situato nel centro storico di Roma, dove l’elemento principale della vicenda è la realizzazione di una serra solare e di un locale tecnico, opere ritenute in contrasto con le norme urbanistiche e paesaggistiche vigenti.
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L’immobile oggetto della causa è situato in un’area di particolare pregio storico e architettonico, ossia il tessuto T1 della Città Storica, definito dal Piano Regolatore Generale (PRG) di Roma come un’area di origine medievale soggetta a vincoli monumentali. In particolare, l’edificio è incluso nella lista del Patrimonio dell’UNESCO, il che impone severe restrizioni sugli interventi edilizi consentiti.
I proprietari avevano presentato un’istanza di permesso di costruire in sanatoria nel 2019, chiedendo la regolarizzazione di opere già realizzate, tra cui la serra solare e un locale tecnico annesso. Tuttavia, Roma Capitale ha respinto la richiesta, ritenendo che le opere comportassero un aumento della superficie utile lorda e del volume, in contrasto con le norme del PRG e con i vincoli paesaggistici.
La serra solare, descritta come un vano di collegamento di disimpegno tra le diverse porzioni dell’unità immobiliare, è stata uno degli elementi chiave del caso. Secondo i rilievi tecnici effettuati dall’amministrazione, la serra e il locale tecnico realizzati costituivano un ampliamento dell’edificio, con un evidente aumento della superficie utile lorda.
Tale intervento è stato classificato dal Comune come un’operazione di ampliamento di edifici all’esterno della sagoma esistente (AMP), categoria non ammessa nel tessuto T1 della Città Storica. Ma i proprietari hanno sostenuto che l’intervento rientrasse nella categoria AMP3, prevista dall’art. 25 del PRG, che consente ampliamenti finalizzati a una maggiore coerenza con il tessuto circostante. Tuttavia, il TAR ha ritenuto infondata questa tesi, sottolineando che nel tessuto T1 non sono ammessi interventi di ampliamento con aumento della superficie utile lorda o volume, indipendentemente dall’allineamento con gli edifici vicini.
L’immobile inoltre, ricadendo all’interno di un’area soggetta a tutela monumentale, avrebbe richiesto un’autorizzazione paesaggistica prima dell’inizio dei lavori.
Tuttavia, tale autorizzazione non è stata ottenuta, rendendo illegittime le opere realizzate e il TAR ha ribadito che, ai sensi dell’art. 146 del DLGS n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali), l’autorizzazione paesaggistica “(…) deve normalmente intervenire prima dell’inizio dei lavori, tant’è che l’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 perentoriamente stabilisce che l’autorizzazione paesaggistica “non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi”, tale disposizione ha limitato la possibilità dell’acquisizione dell’ autorizzazione “in sanatoria” alle sole ipotesi di cui ai commi 4 e 5 del successivo art. 167, con l’espressa esclusione, tuttavia, che ciò possa avvenire nel caso in cui, come in quello in esame, siano stati illegittimamente realizzati nuovi volumi”.
Quindi l’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria dopo la realizzazione degli interventi, specialmente quando questi comportano la creazione di nuovi volumi.
Il Tar ha respinto integralmente il ricorso, confermando la legittimità dell’operato di Roma Capitale e ritenendo che le opere realizzate fossero effettivamente in contrasto con le norme urbanistiche e paesaggistiche. In particolare, è stato evidenziato che “dai rilievi fotografici effettuati in sede di accertamento tecnico dall’Amministrazione Capitolina, e depositati in giudizio, e dagli esiti dei sopralluoghi svolti, emerge, con estrema evidenza, che i due volumi realizzati, rispettivamente costituiti dalla serra (…) e (…) dal locale (…) integrano gli estremi di un vero e proprio intervento di ampliamento con aumento di superficie utile lorda (…). Alla luce di tale risultanza, l’articolo 25 comma 4 lett. H del P.R.G. invocato dalla parte ricorrente non è applicabile alla fattispecie in quanto l’edificio in questione ricade nel tessuto T1 nell’ambito del quale non è previsto alcun intervento di ampliamento con aumento di SUL e/o volume nuovo prescindendo, dunque, da qualsivoglia allineamento al tessuto circostante che questo ampliamento SUL potesse aver creato.”
Concludendo, la serra solare e il locale tecnico rappresentavano quindi un ampliamento non consentito, con un aumento della superficie utile lorda che non poteva essere sanato.
La sentenza del Tar Lazio sottolinea l’importanza di rispettare i vincoli storici e paesaggistici, specialmente in un contesto urbano di straordinario valore. Il caso della serra solare rappresenta un esempio emblematico delle difficoltà legate alla gestione del patrimonio edilizio in aree soggette a tutela, dove ogni intervento deve essere attentamente valutato alla luce delle normative vigenti.
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO n. 18049/2024 È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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