Calcestruzzo Armato
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Qualità del Calcestruzzo: la visione di Gianni Zanco, riflessioni e provocazioni

.. Zanco sfida il Marino pensiero ... vi è il controllo di accettazione: la sacrale e maiuscola Verifica Conclusiva, il Sommo Giurì del cubetto, il Giudizio Universale del calcestruzzo da cui diparte il Grande Bivio: o le pene eterne della demolizione o la gloria (si fa per dire).

Qualità: Modi diversi di intenderla e di perseguirla

“Qualità” è parola molto usata, ma poiché è anche parola che esprime una connotazione alquanto estesa, necessita d’essere meglio specificata nel contesto in cui è impiegata.
Volkswagen è da sempre considerata auto di buona qualità. Poi abbiamo saputo quale teutonico pasticcio abbia combinato. Accantonata la prima italica reazione (Ma, allora! Le fanno peggio di noi! Che, di per se stessa, è un’ottima valutazione qualitativa) rimane l’interrogativo: Volkswagen è auto di qualità o no? Beh, sicuramente no … e sicuramente si. Intrinsecamente rimane una autovettura di qualità, se comparata a molte sue concorrenti, ma non è auto di qualità se rapportata alle attese dei clienti che, a buon diritto, si aspettavano diversi valori di emissioni.
Qualità sì e qualità no, per quanto esprimano valori del tutto divergenti, possono quindi coesistere, e valere entrambi. In realtà occorre indicare quale debba essere il riferimento che, nell’esempio, può essere dato dalla comparazione con auto di case concorrenti, ovvero dal rispetto delle attese e delle specifiche o, ancora, da altri parametri, ad esempio il tempo, su cui impattano garanzie e norme.
Anche il concetto di qualità riferito al calcestruzzo non può portare ad alcuna conclusione  di tipo qualitativo in assenza di un parametro di riferimento. Secondo la sequenza del processo di produzione il termine “Qualità” appare per la prima volta accoppiato al termine “Sistema”. Se il nostro Sistema Qualità, arricchito da tanti bei documenti, ottiene le lodi, il plauso nonché il suggello ufficiale dell’Organismo di certificazione, abbiamo ottenuto solo la qualità del processo (seppur con i tanti “se” e “ma” che scaturiscono dalla pura osservazione della quotidianità), ma, per quanto attiene il calcestruzzo, abbiamo solo creato alcune premesse perché lo si possa produrre di qualità; il che resta comunque da vedere  e verificare.
Al polo opposto del processo vi è il controllo di accettazione: la sacrale e maiuscola Verifica Conclusiva, il Sommo Giurì del cubetto, il Giudizio Universale del calcestruzzo da cui diparte il Grande Bivio: o le pene eterne della demolizione o la gloria (si fa per dire).  Peccato solo che la Corte non abbia convocato i testimoni chiave: il prelievo corretto, le cubiere conformi, la stagionatura corretta, le rettifiche fatte, le prove correttamente eseguite, … Insomma, diciamolo, la Corte non è che abbia fatto un lavoro di buona qualità! Un fatto rimane tuttavia certo: quand’anche il controllo di accettazione fosse condotto nel rispetto dei dovuti crismi, il suo risultato NON corrisponde alla verifica della qualità del calcestruzzo preconfezionato, ma più semplicemente, e realisticamente, alla sola verifica di una partita di calcestruzzo che è parte, forse anche poco rappresentativa, di una ben più ampia produzione continua.
Tra le premesse (Sistema di Qualità certificato) e l’imperfetto (quasi sempre –con espressione magnanima-) giudizio finale, c’è il mare magnum dell’autocontrollo della produzione, o del Controllo della Qualità. Sì, è un grande mare cui, purtroppo, gli sguardi miopi attribuiscono le dimensioni di una pozzanghera.
Chi “mastica” la materia (beninteso metaforicamente, è pur sempre calcestruzzo!) ha ben chiaro che il Controllo della Qualità è costituito da un insieme di sottoprocessi tra loro strettamente collegati e interdipendenti. Si inizia con il controllo delle materie prime, gli aggregati in particolare, se ne verifica la composizione granulometrica, se ne studia la migliore composizione in funzione del fuso di riferimento prescelto (Fuller, Bolomey, Faury, discontinua, … la cui scelta è già una bella sfida). Con il “metodo litrico” se ne ricava poi una prima composizione con cui dare avvio ad un piano di impasti-prova. Questi, opportunamente calibrati e verificati, danno origine ad un ricettario a composizione. Dalla produzione che ne deriva si ricavano prelievi (corretti) che, stagionati (correttamente) e provati (con cura), daranno origine a risultati fedeli. Questi devono alimentare un opportuno sistema statistico di controllo dal quale traggono quindi origine sia le principali e specifiche correlazioni (rapporto acqua/cemento su resistenza; contenuto di cemento su resistenza media; consistenza su resistenza alla compressione; …) sia la deviazione standard, o scarto quadratico medio, proprie dell’impianto di produzione. Da ciò (e SOLO da ciò) derivano i calcoli delle ricette a prestazione. Finito? Niente affatto! Il processo riprende costantemente da capo poiché ogni variazione significativa del processo –percepibile o meno che sia dall’occhio umano- impone l’intera revisione del processo e la formulazione di nuovi ricettari. In ogni caso le variazioni di resistenza media e/o della deviazione standard impongono l’aggiornamento delle ricette a prestazione. Il tutto come è comunque richiesto dalla UNI EN 2016-1. Ogni sottoprocesso è alimentato da quello che lo precede ed è l’alimento unico del successivo. Forma così l’anello di una catena in cui la mancanza, o la debolezza, anche di un solo anello, vanifica l’operatività di ogni altro, quindi dell’intero sistema. Apparirà evidente, particolarmente a chi non sia direttamente coinvolto nella produzione del calcestruzzo, che al Controllo della Qualità corrisponda quindi una notevole massa di lavoro e che esso non possa prescindere da approfondite conoscenze dell’intera materia.
Ciò ribadito, o rammentato, ritorno al binomio Qualità e calcestruzzo.
Dal punto di vista dell’Organismo di certificazione Accreditato il termine “Qualità” è anzitutto abbinato alla validità dell’insieme di documenti che costituiscono il “Sistema Qualità” aziendale con un occhio particolare al “Registro delle non Conformità”, quindi delle “Azioni correttive”. La mediazione dell’Ispettore è determinante per verificare il buon funzionamento del controllo statistico applicato. Al proposito, pur riconoscendo l’esistenza di rarità, tralascio ogni mia valutazione e commento per rispettare sia l’impiego di termini civili che l’integrità della mia massa epatica. Comunque la qualità così come intesa dall’Organismo Accreditato, non corrisponde alla qualità del calcestruzzo prodotto.
Già ho evidenziato che tale corrispondenza generalmente non è fornita nemmeno dai risultati dei controlli di accettazione. Per essere troppo spesso condotti in disaccordo con le norme che ne sono alla base, con riferimento alla resistenza essi portano ad una generale sottovalutazione della qualità del calcestruzzo. Per altro verso il controllo di accettazione conduce ad una sopravvalutazione della resistenza mediante l’applicazione del moltiplicatore “k” della deviazione standard che, in relazione alla bassa numerosità dei valori, il D.M. di volta in volta in vigore riduce a 1,40, o 1,48, o altro ancora, quando la condizione di ottenere il 95% dei risultati al di sopra della resistenza prescritta deve essere ottenuto applicando il moltiplicatore 1,64. E’ tuttavia del tutto illusorio supporre che sottovalutazione e sovra valutazione si compensino: la prima, infatti, prevale nettamente sulla seconda. Anche la Qualità della fornitura, così come risulta dal controllo di accettazione, non rappresenta la reale qualità del calcestruzzo prodotto.
Resta il mare magnum dell’autocontrollo della produzione. Prima di addentrarcene vale la pena di rammentare due esempi “storici” che, pur se relativi a ben altri settori, sono emblematici di diversi approcci alla qualità. Olivetti è nota per aver avuto un elevato concetto della qualità dei propri prodotti; al pari della qualità della vita dei propri dipendenti e dell’intero contesto cui l’Azienda si interfacciava. Fece un prodotto che, per un verso, fu di  altissima qualità: la “lettera 22”.  Due “mostri sacri” come Oriana Fallaci e Indro Montanelli non vollero mai separarsene. Per contro, in quanto “indistruttibile”, una volta venduta la lettera 22 non sorgeva l’esigenza di sostituirla. Ottima qualità per l’acquirente, quindi, ma non altrettanto di qualità per le prospettive di Olivetti. Altro caso è quello che, dalla casa di produzione, prese il nome di “Metodo Toyota”. La progettazione  e pianificazione maniacali venivano posti quale presupposti per un prodotto di qualità che, in tal modo, avesse bisogno di pochi controlli finali e rari ritorni per riparazioni in garanzia. La fase successiva vide l’allungamento dei termini di garanzia mediante lo studio, quanto mai spinto, della vita di servizio di tutti i componenti. E l’implicita possibilità che al termine della garanzia potesse esserci un collasso generale foriero di nuove vendite. E’ stata l’esaltazione dell’immagine per implementare le vendite attuali e consolidare contestualmente quelle future. Quelle di Olivetti e Toyota furono visioni diverse che mostrano i risultati di differenti strategie, ma anche l’evolversi del concetto di qualità nel tempo.
I due esempi, quantomeno in buona parte, sono trasferibili anche al calcestruzzo. Oddio. La possibilità che questo, per quanto buono, sia proprio indistruttibile è oggettivamente remota. Né è avvalorata dai casi in cui, con compiaciuta meraviglia, alcuno osserva “sapessi-quanti-miei-cubetti-danno-il-doppio-della-resitenza-prevista!”. Boh!? Bella qualità! E bel controllo della stessa. (Per quanto non necessario, sottolineo comunque il sarcasmo).
Nel tornare al mare magnum, o mare nostrum, del controllo della qualità del calcestruzzo, reitero la forma di rispetto già sopra impiegata, quindi trascuro la stima di quanti ne affrontano i flutti affidandosi ad una supposta ciambella di salvataggio o, a maggior ragione, dei tanti che, non sapendo nuotare, si affidano solo alle basse profondità di una secca dispersa oltre ogni orizzonte.
La supposta (aggettivo) ciambella di salvataggio è data dalla applicazione del principio “passa, non passa”. Magari qualche prova granulometrica, anche se un po’ datata, “mi-pare-che-debba-esserci-da-qualche-parte”. Però ci sono ricette, quelle sì, che aveva compilato il precedente fornitore di additivo e che, salvo qualche aggiustamento richiesto dal pompista, piuttosto che non dai tanti capi-squadra che pretendono impasti sabbiosi, “sono-sempre-andate-bene”. Con attenzione e scrupolo (concetti soggettivi, quindi estranei ai canoni della qualità) vengono fatti episodici cubetti che, pure essi, “vanno-quasi-sempre-bene”. Cioè “passa”. Quando poi sembra che non siano andati bene “c’è-sicuramente-stato-un-qualche-cosa-di-estraneo-perché-di-solito-vanno-quasi-sempre-bene”. In conclusione sembra che ci sia una percentuale del “passa” prossima a 100. A volte persino superiore.
Coloro che non amano detta ciambella, né le secche, né credono di rappresentare una rara unicità che sfugge alla mia fantasia, credo possano sostanzialmente identificarsi in due gruppi. Per ciascuno dei due identifico un possibile modello di riferimento sulla base dei miei ventennali scambi di vedute con Roberto Marino, personaggio ben noto all’universo mondo del calcestruzzo nostrano, caro amico, nonché già Collega.
Roberto, molto comprensibilmente, è legato anema e core al modello “vecchia Calcestruzzi”, ossia alla Calcestruzzi dell’arco temporale che va dalla sua costituzione (1962) alla sua cessione al Gruppo Italcementi (1997). Sia chiaro: Vittorio Volta, storico Responsabile della Qualità della “vecchia Calcestruzzi” e, con lui, Roberto sono sicuramente tra i massimi studiosi ed esperti del calcestruzzo che abbiano calpestato i suoli degli italici impianti di betonaggio. Onore al merito! Essi hanno ben conosciuto, e conoscano, il processo che ho sopra sinteticamente descritto, nonché i tanti sottoprocessi che lo formano. Nella “vecchia Calcestruzzi” lo hanno attuato e percorso, con merito, percorrendo vie antesignane del principio delle “famiglie” di calcestruzzo con cui hanno voluto massimizzare i risultati ottenibili dai prelievi, anche se non particolarmente numerosi. Per primi, ad esempio, hanno molto puntato sulla relazione tra rapporto acqua/cemento e resistenza media alla compressione nella progettazione delle miscele a prestazione. Nell’ambito del controllo statistico della produzione si sono prevalentemente basati sulle carte di controllo: strumento sicuramente valido ma, a mio modo di vedere, non quanto un altro strumento di cui farò poi cenno.
Una considerazione che Roberto esprime con la convinzione ed il calore proprio dei romagnoli (in ossequio al campanilismo io, emiliano, appartengo ad una diversa parrocchia) è che la Calcestruzzi di quegli anni ha impegnato tantissime risorse per tenere centinaia di convegni ed incontri finalizzati alla diffusione della cultura del calcestruzzo. Una tale attività richiede sicuramente un elevato grado di conoscenza e, come detto, Vittorio e Roberto ne erano e ne sono ricchi. Richiede anche un grande sforzo organizzativo e, da non trascurare, un deciso impegno economico.
Il considerevole numero di qualificati convegni ed incontri ha sicuramente avuto un ruolo determinante affinché la Calcestruzzi acquisisse agli occhi del suo mercato quella forte immagine che l’ha sempre connotata; ancor più al di là delle dimensioni della sua struttura produttiva.
Per il concetto di qualità e per i parametri cui riferirlo, le attività di cui Roberto Marino è orgoglioso provano sicuramente una comunicazione, con relativa politica aziendale, di ottima qualità. Circa il fatto, diverso, ch’esse abbiano inciso significativamente sulla generale cultura del calcestruzzo … Roberto non me ne voglia, ma se mi guardo tutt’attorno …
L’altro Gruppo, cui sopra accennavo, fin dagli anni ’60 ha avuto come capo-fila Readymix, in cui arrivai nel 1966. Il Gruppo inglese, tra i primi o, forse, primo a produrre calcestruzzo preconfezionato al mondo, negli anni ‘60 era presente in quattro continenti con oltre 3.000 impianti. Readymix aveva sempre applicato una politica i cui capisaldi erano: ricerca, forte formazione interna e autocontrollo spinto per abbattere quelli che considerava i due maggiori mali: il mancato raggiungimento della prestazione e la dispersione dei risultati. Per sconfiggere il primo erano (sono) vitali buona conoscenza della tecnologia ed un congruo numero di risultati di prova. Per il secondo occorreva (occorre) conoscere e disporre di un sistema di controllo statistico particolarmente pronto ed efficace. Lo creò, già alla fine degli anni ’60, la stessa Readymix; è basandolo sui principi delle somme cumulate ed è noto come metodo Cu.Sum. L’utilizzo del principio delle famiglie di calcestruzzo ne è il secondo caposaldo. Mi sono formato in quel contesto, quindi con il “chiodo fisso” dell’autocontrollo spinto e con l’approccio tiepido alla promozione che è caratteristico del mondo anglosassone.
Quando, anni dopo, approdai alla neo-costituita Italcalcestruzzi del Gruppo Italcementi, riscontrai assonanza tra la mia precedente formazione ed i principi che animavano il Gruppo stesso. Quando poi (1997) Italcalcestruzzi acquisì le attività di Calcestruzzi e ne assunse il nome, fece proprie molte delle impostazioni gestionali in uso nella “vecchia Calcestruzzi” ma l’approccio al controllo di qualità rimase quello della precedente Italcalcestruzzi. D’altro canto, con l’acquisizione, Italcalcestruzzi, divenuta ormai Calcestruzzi, ne acquisiva automaticamente l’immagine frutto (anche, ma non solo) delle sue numerose iniziative di divulgazione e promozione. Per altro aspetto, non nascondo che, quantomeno in me, permaneva la netta sensazione che l’ “acculturamento” del mercato richiedesse ben altri sforzi e interventi.
Sono due visioni diverse proposte agli Operatori del settore e, a ben vedere, l’una o l’altra ben poco conta di fronte agli determinanti elementi. La priorità spetta sicuramente a Sistemi di qualità veri, a controlli di accettazione probanti e, per quanto direttamente ci riguarda, all’auspicio che coloro che navigano aggrappati a illusorie ciambelle di salvataggio, o che si siano arenati sulle secche, utilizzino mezzi ben più idonei alla navigazione. Che, poi, utilizzino il metodo caro a Roberto Marino o quello che io mi sono sforzato di interpretare, ha forse grande importanza? Avremmo comunque fatto un bel passo in avanti.


Piero Giovanni Zanco

Produzione e controllo di calcestruzzo ed aggregati, Certificazione FPC, Marcatura CE, Progettazione e lay-out impianti

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