Quale futuro per i sistemi di riscaldamento? Sfide e prospettive per gli edifici italiani dopo le Direttive Europee
L’Unione Europea accelera l’introduzione di un blocco totale ai sistemi di riscaldamento a combustibili fossili, stringendo i tempi per lo sviluppo di alternative. La Direttiva Case Green e il Regolamento Ecodesign introducono le linee guida per l’eliminazione graduale delle caldaie a gas. Queste direttive lasciano aperte diverse opzioni per il futuro dei sistemi di riscaldamento. Ma l'Italia affronta sfide uniche legate al suo patrimonio edilizio. Inoltre, l'adozione di una singola tecnologia senza considerare le specificità regionali potrebbe comportare problemi. Perciò, una strategia multi-tecnologica e su misura è auspicabile per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
L’Unione Europea accelera l’introduzione di un blocco totale ai sistemi di riscaldamento a combustibili fossili, stringendo il tempo per lo sviluppo di alternative.
Con il Green Deal, l'Europa vuole diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050, con una tappa intermedia fissata al 2030. Tuttavia, attualmente il continente conserva una significativa dipendenza dalle risorse energetiche tradizionali, come il gas naturale. E, nonostante l'adozione crescente di fonti energetiche alternative e rinnovabili, l’abbandono repentino di questa fonte fossile mette una notevole pressione sulle attuali tecnologie dei sistemi di riscaldamento.
Direttiva Case Green e Regolamento Ecodesign
In cosa consiste precisamente questo blocco? Con il pacchetto legislativo “Pronti per il 55 %”, l’Europa ha fissato per il 2050 l'obiettivo della neutralità climatica in tutti i settori dell'economia e, per il 2030, una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990. All’interno di questo pacchetto, il Parlamento Europeo ha approvato il 14 marzo 2023 La Direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), nota anche come “Case Green”, e attualmente si trova in fase di negoziati ufficiali.
La direttiva mira a riqualificare il parco immobiliare europeo migliorandone l'efficienza energetica. Il provvedimento prevede un focus sul miglioramento energetico del 15% degli edifici più energivori in ciascun Stato membro, che in Italia si traduce in 1,8 milioni di edifici residenziali su un totale di 12 milioni. Inoltre, si impongono obiettivi sul raggiungimento di classi energetiche: gli edifici residenziali devono essere classe energetica E entro il 2023 e D entro il 2033, quelli non residenziali e pubblici devono ottenere la classe E entro il 2027 e D entro il 2030, mentre gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028.
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L’eliminazione graduale dei sistemi di riscaldamento alimentati da combustibili fossili è una delle misure principali previste dall’iniziativa. Infatti, due terzi dell'energia consumata per riscaldare e raffrescare gli edifici provengono ancora da combustibili fossili.
Pertanto, la direttiva Case Green fermerebbe sin dal 1° gennaio 2024 l’incentivazione finanziaria da parte degli Stati membri per l'installazione di caldaie individuali che usano combustibili fossili.
A questo blocco agli incentivi della Direttiva Case Green si aggiungerebbe il veto alla commercializzazione delle caldaie a gas a partire dal 2029, imposto dal Regolamento Ecodesign 813/2013 della Commissione, che disciplina la progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica dei sistemi di riscaldamento.
Attualmente in esame, il regolamento fisserebbe dei requisiti minimi per l’immissione sul mercato degli apparecchi per il riscaldamento: nello specifico un valore di rendimento stagionale al 115%.
Questo rendimento comporterebbe, ad oggi, di fatto il divieto della vendita di tutte le caldaie a gas, anche quelle che utilizzano gas rinnovabile come il biometano e l’idrogeno.
Attualmente le caldaie a condensazione possono raggiungere un rendimento superiore al 100%, grazie al recupero tramite condensazione del calore contenuto nel vapore acqueo dei fumi, ma questo difficilmente arriva a valori superiori al 108-109%. Arrivare al 115% con le fonti tradizionali è difficile.
La Direttiva Case Green pone l’accento del divieto sui combustibili fossili, il Regolamento Ecodesign sul rendimento.
Questo dà luogo a una difficoltà nel prevedere esattamente quale sarà lo scenario futuro riguardante le caldaie a gas, comprese quelle a condensazione. Mentre la Direttiva Case Green consente i sistemi di riscaldamento ibridi e le caldaie che usano combustibili rinnovabili, il Regolamento Ecodesign pone un obiettivo che lascia fuori sia le caldaie a gas sia i generatori termici alimentati da rinnovabili che attualmente sono in commercio.
Scenari post-caldaie a gas
Tuttavia, è innegabile l'obiettivo dell'Europa di accelerare, in un lasso di tempo estremamente breve, lo sviluppo delle tecnologie dei generatori di calore per aumentarne l'efficienza e ridurre al minimo il consumo di combustibili fossili. E questo obiettivo si scontra con una realtà che complica la sua attuazione. Da un lato, il parco immobiliare italiano, a causa delle proprie caratteristiche fisiche, pone delle resistenze all’installazione di alcuni tipi di generatori, dall’altro lato, le tecnologie dei sistemi di riscaldamento attualmente in commercio non sembrano prontissime alle sfide lanciate dall’Europa.
Il panorama italiano pone degli ostacoli agli obiettivi europei: bisogna fare i conti con l’anzianità degli edifici e le complesse morfologie urbane. Infatti, la maggior parte degli edifici in Italia è stata costruita prima del 1991, data di entrata in vigore della Legge n. 10 del 1991.
Gli edifici italiani sono in gran parte sprovvisti dei requisiti minimi di trasmittanza imposti dalla normativa sul risparmio energetico, e questo pone una pressione maggiore sugli impianti di riscaldamento che devono emettere più calore.
Inoltre, i sistemi di riscaldamento a radiatori sono ampiamente diffusi e richiedono una temperatura di funzionamento troppo elevata per alcune tecnologie. A questo aggiungiamo la difficoltà di installare le unità esterne delle pompe di calore in condomini e in centri storici, dove sono comuni vincoli paesaggistici, o sonde geotermiche in contesti sprovvisti di spazi aperti per le perforazioni sotterranee.
D’altro canto, quali sono i sistemi di riscaldamento che potrebbero sostituire le caldaie a gas, non più volute dalle direttive e regolamenti europei?
A seguito si elencano, in modo non esaustivo, alcune tecnologie emergenti che ambiscono alla sostituzione delle caldaie a combustibili fossili.
Caldaie a biomassa
La diffusione delle caldaie a pellet, che utilizzano biomasse come pellet di legno o scarti agricoli come combustibile, sta emergendo come una solida alternativa sostenibile alle caldaie a gas in Italia.
Questi impianti offrono numerosi vantaggi, inclusa la compatibilità con gli impianti esistenti e la capacità di operare sia a basse che alte temperature. Il notevole risparmio sui costi, una volta ammortizzato il costo iniziale, costituisce un punto di forza significativo. La fonte di energia derivante dalle biomasse non destinate all'alimentazione è considerata rinnovabile e sostenibile, con il vantaggio aggiuntivo di essere neutra in CO2.
Tuttavia, il settore delle Fonti di energia rinnovabili (FER) termiche deve affrontare sfide riguardanti gli impatti emissivi legati agli impianti di riscaldamento a biomassa: ad esempio l’immissione in atmosfera di particolato aerodisperso (PM10), composti organici volatili e ossidi di azoto. Le politiche future potrebbero favorire impianti che non compromettano la qualità dell’aria. Aggiungiamo le difficoltà legate al bisogno di spazio per lo stoccaggio della materia prima, vista la sua bassa densità energetica (kWh/mc).
Pompe di calore
La prospettiva di una sostituzione generalizzata delle caldaie a gas con pompe di calore, implicando un passaggio dall'uso del gas all'elettricità per il riscaldamento, risponde ai requisiti stabiliti dalla Direttiva Case Green.
Tuttavia, questo processo si confronta con sfide considerevoli, soprattutto in edifici storici e condomini densamente popolati, spesso privi centrali termiche e di balconi capaci di ospitare le unità esterne delle pompe di calore.
I costi iniziali elevati e la necessità di modifiche strutturali rappresentano ostacoli significativi. L'implementazione di specifici incentivi fiscali sarebbe essenziale per mitigare i costi iniziali elevati. Questa situazione è aggravata dalla presenza diffusa di termosifoni in gran parte degli edifici in Italia, i quali richiedono temperature troppo alte per il funzionamento ottimale delle pompe di calore.
Sistemi di riscaldamento a idrogeno
L'idrogeno rappresenta una promettente opzione nel panorama energetico grazie alla sua capacità di offrire un'alternativa pulita e versatile.
La sua produzione da fonti rinnovabili, la non emissione di CO2, la possibilità di riutilizzare anche se solo in modo parziale la rete a gas, e la possibilità di immagazzinamento a lungo termine lo rendono un possibile alleato nella sfida della decarbonizzazione. Tuttavia, l'utilizzo su larga scala comporta sfide significative, come la necessità di adattare le infrastrutture esistenti e la gestione complessa legata alla sicurezza.
Inoltre, attualmente sul mercato ci sono caldaie “H2 ready” che sono grado di funzionare con una miscela di metano e idrogeno al 20%, mantenendo quindi una dipendenza dai combustibili fossili. Ci sono però aziende che stanno spingendo per liberarsi totalmente dal metano, avviando le prime linee di produzione in Europa per la produzione di caldaie funzionanti al 100% a idrogeno, con previsione di lancio sul mercato entro il 2025.
Thermally Driven Heat Pump
Le pompe di calore ad attivazione termica (TDHP) offrono numerosi vantaggi e si propone anch’essa come possibile candidata per far fronte alle direttive europee. Questa tecnologia può essere alimentata sia da metano che da gas provenienti da fonti rinnovabili, aprendo prospettive interessanti per l'utilizzo di energia pulita.
Nonostante le sfide legate alla regolamentazione dei gas refrigeranti e agli alti costi di installazione, le TDHP sono considerate ideali per edifici poco efficienti e presentano diversi vantaggi. Tra questi, l’alta efficienza energetica (già oggi supera il limite del 115%), l’utilizzo di gas rinnovabili come biogas e idrogeno e, infine, la loro versatilità e la possibilità di connessione alle infrastrutture di distribuzione del gas esistenti, semplificando l’installazione.
Micro-Cogeneratori
La microcogenerazione è un'opzione chiave per la transizione verso un modello energetico distribuito. La tecnologia MCHP (Micro Combined Heating and Power) unisce un motore a gas e un sistema di recupero del calore di scarto per produrre energia elettrica e termica.
Tra i suoi vantaggi ci sono il risparmio energetico ed economico che comporta il minore utilizzo di combustibile e l’assenza di perdita per il trasporto dell’energia elettrica, i minori rischi di interruzioni e sovraccarichi delle reti ad alta tensione, la significativa riduzione di CO2 e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile e pulita come biogas e olio vegetale.
Tuttavia, la microgenerazione comporta anch’essa importanti sfide e limitazioni: costi iniziali di investimento, necessità di una manutenzione regolare, dipendenza dai combustibili fossili (spesso usa il gas metano come combustibile primario). La vendita o lo scambio di elettricità prodotta in eccesso sulla rete elettrica è essenziale per ridurre gli sprechi e garantire un rapido ritorno sull'investimento.
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