Qualche considerazione sulla vulnerabilità sismica dei ponti
Qualche considerazione sulla vulnerabilità sismica dei ponti
La vulnerabilità sismica che si osserva sui ponti e viadotti della rete attuale è sicuramente imputabile ad un quadro di conoscenze e di indicazioni normative che fino a pochi anni fa risultava assolutamente inadeguato. Fino al 2003, anno di emanazione dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio 3274/03, le indicazioni normative si limitavano ad alcune prescrizioni di dettaglio sui sistemi di collegamento. In generale, una cultura della progettazione sismica dei ponti ha trovato applicazione solo di recente, con l'effettiva diffusione delle Norme Tecniche per le Costruzione del 2008, e l'elevato livello di vulnerabilità che si osserva sui ponti esistenti è da attribuire ad una concezione strutturale inadeguata, più che a carenze nelle caratteristiche prestazionali dei materiali o all'adozione di azioni sismiche di progetto ridotte. Nel panorama complessivo, anche le tecniche costruttive hanno giocato un ruolo importante. Oggi la tipologia più diffusa di impalcato prevede la realizzazione di una struttura piuttosto leggera composta con travi affiancate in acciaio e soletta superiore in c.a.. Diversamente, i ponti realizzati in epoca precedente, fino a circa 15 anni fa, presentavano regolarmente un impalcato in c.a.p., spesso realizzato con travi prefabbricate, e la loro massa sismica risulta particolarmente elevata.
Nell'affrontare la questione della vulnerabilità dei ponti è utile tenere presente che, sotto l'aspetto della risposta sismica, un ponte è sostanzialmente diverso da un edificio multipiano. L'edificio è un sistema in serie, dove le forze agiscono su piani rigidi e le strutture resistenti di ogni livello si fanno carico delle azioni dei piani superiori, a livello di fondazione viene trasferita tutta l'azione sismica della costruzione, spesso indicata come "taglio alla base". Da questo assetto complessivo conseguono gran parte delle indicazioni generali di progetto. La situazione dei ponti è decisamente diversa perché le azioni agiscono su un impalcato solitamente deformabile e si trasferiscono su più sottostrutture (sistema in parallelo), anche loro deformabili e con massa significativa. I concetti di ripartizione orizzontale e di taglio alla base, familiari per gli edifici, vanno rivisti in un contesto più articolato e risultano parzialmente utili per controllare la risposta sismica dei ponti.
Anche i parametri prestazionali devono essere riconsiderati in funzione della specificità della funzione. In generale, l'obiettivo di progetto prevede un'assenza di danneggiamento significativo sulla sovrastruttura, sui collegamenti e sulle spalle mentre è accettabile un danneggiamento dei giunti e delle pile. Il livello di danneggiamento deve essere comunque calibrato in relazione al ruolo dell'attraversamento e ai tempi previsti per il ripristino della funzionalità.
Questi criteri generali trovano poi diversa declinazione per le differenti tipologie strutturali, che spaziano da quelle più diffuse dei ponti a travi appoggiate o continue, a quelle meno diffuse come i ponti a telaio, ad arco e strallati, fino ad arrivare alla situazione decisamente più complessa ma ampiamente diffusa sul territorio nazionale dei ponti storici in muratura. E' quindi difficile inquadrare in modo unitario il problema della vulnerabilità dei ponti; iniziare dai problemi caratteristici dei ponti a travata può comunque risultare utile.
Buona parte dei ponti a travata esistenti sono realizzati mediante uno schema statico di travi semplicemente appoggiate su due pile contigue; sul piano orizzontale sono presenti vincoli trasversali su entrambe le pile e vincoli longitudinali solo su una delle due. In questo caso, lo schema è particolarmente semplice e si conclude all'interno della singola campata.
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