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Progettista e appaltatore: l'incompatibilità vale anche per il collaboratore esterno

Consiglio di Stato: l'incompatibilità fra progettista del progetto posto a base di gara e appaltatore di lavori vale anche se il progettista non ha partecipato direttamente alla gara per l'affidamento dei lavori ma è un collaboratore dell'impresa di costruzioni

Assume particolare rilevanza la recente sentenza 2853/2018 del 14 maggio del Consiglio di Stato, 'dedicata' all'incompatibilità prevista dall'art. 24, comma 7 del Codice Appalti. La domanda è: tale incompatibilità si pone soltanto tra affidatario dell'incarico di progettazione ed affidatario dell'appalto di lavori per cui ha svolto progettazione (generalmente in Rti), oppure si estende anche al progettista che, pur non avendo partecipato alla gara quale concorrente o quale soggetto ausiliario o cooptato, sia tuttavia investito, da parte dell'aggiudicatario, in forza di un rapporto di dipendenza o di collaborazione intrattenuto con quest'ultimo, di attività inerenti lo svolgimento dei lavori appaltati, indicate nell'offerta tecnica?

Nello specifico, il comma 7 dell'art. 24 riproduce le incompatibilità previste dall’art. 90, comma 8 e 8 bis, del d.lgs. 163/2006, stabilendo che gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti o delle concessioni di lavori pubblici, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione, e prevedendo che il divieto non si applica "laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l'esperienza acquisita nell'espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori".

Secondo Palazzo Spada, anche se il Codice non prevede espressamente questa ipotesi, l'incompatibilità sussiste comunque poiché i rapporti di dipendenza e di collaborazione rilevano se riferiti al progettista, in quanto i divieti "sono estesi ai dipendenti dell'affidatario dell'incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell'incarico e ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione e ai lori dipendenti".

L'esigenza della norma è infatti garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore-esecutore dei lavori, potendo svolgere una funzione sostanziale di ausilio alla PA nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati. Se le posizioni di progettista e di appaltatore-esecutore dei lavori coincidessero, quindi, vi sarebbe il rischio di vedere attenuata la valenza pubblicistica della progettazione, con la possibilità di elaborare un "progetto su misura" per una impresa alla quale l'autore della progettazione sia legato, così agevolando tale impresa nell'aggiudicazione dell’appalto

Pertanto, la stessa teoria vale per l'appaltatore di lavori che, avvalendosi dell'apporto del progettista, come dipendente o collaboratore, si conquisti una situazione di vantaggio idonea ad alterare la par condicio dei concorrenti. Di fatto, il divieto si fonda sul peculiare rilievo assunto dalla progettazione nell'esecuzione dei lavori pubblici che, oltre ad essere fase preliminare e strumentale alla realizzazione delle opere, costituisce il baricentro dell'attività posta a monte dell'esecuzione dei lavori.

Quanto poi al mancato intervento del progettista nella procedura di aggiudicazione - poiché, in effetti, egli non ne ha predisposto alcun atto né ha fatto parte della commissione giudicatrice -, Palazzo Spada evidenzia che viene in rilievo la fattispecie alternativa configurata dall'art. 42, su menzionata, vale a dire la possibilità di "influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato": l'ampia portata della norma consente di ricomprendere nel suo ambito di applicazione tutti coloro che, anche senza averne titolo, e con qualsiasi modalità, e non necessariamente per conto della stazione appaltante, senza intervenire nella procedura, ma, anche dall’esterno, siano in grado di influenzarne il risultato.

Quanto all’interesse rilevante per l'insorgenza del conflitto, la norma, come rileva l'appellante, va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio, per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare, a salvaguardia della genuinità della gara da assicurare (non solo mediante gli obblighi di astensione espressamente previsti dal terzo comma, ma anche) attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione.

Il quarto comma dell'art. 42, infine, impone alla stazione appaltante un obbligo di vigilanza, sia in fase di aggiudicazione che in fase di esecuzione, specificamente in riferimento al rispetto dell'obbligo di astensione, ma è da ritenere che esso si estenda a tutte le possibili misure che possano ancora essere prese per prevenire o porre rimedio al conflitto. 

In conclusione deve riconoscersi che il progettista, già incaricato della stazione appaltante della predisposizione del progetto posto a base di gara, che sia stato indicato, nell'offerta tecnica di un operatore economico concorrente per l'affidamento dell’appalto dei lavori, quale consulente esterno dell'aggiudicatario, in fase esecutiva, con compiti di natura tecnica, è in posizione di incompatibilità ai sensi dell'art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche se non è legato all’aggiudicatario da un rapporto di dipendenza o di subordinazione.

Una diversa lettura - per il Consiglio di Stato - finirebbe per rendere più che agevole l'elusione dei divieti di cui all'art. 24, comma 7, mediante la partecipazione alla gara di enti dotati di personalità giuridica distinta da quella dei progettisti o dalla persona fisica dei progettisti, ove fosse consentito attribuire nella sostanza a questi ultimi un ruolo comunque rilevante in fase di esecuzione dei lavori.

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