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Professionisti e prestazioni occasionali: Smentito centro Studi CNI

si chiarisce, una volta per tutte, che il professionista, titolare di un rapporto di lavoro dipendente, non può far ricorso alla prestazione occasionale per svolgere attività per le quali è richiesta l'iscrizione all'albo, ma è obbligato ad aprire partita IVA. E la regola vale anche se l'attività primaria è quella di lavoratore dipendente.

Un parere MEF chiarisce la questione della prestazione occasionale degli iscritti all’albo
Si fa presente che nel caso rappresentato (ndr: dipendente iscritto a un albo) qualora l’attività svolta dal soggetto rientrasse tra le attività tipiche della professione per il cui esercizio è avvenuta l’iscrizione all’albo i relativi compensi sarebbero considerati quali redditi di lavoro autonomo con conseguente integrale soggezione degli stessi alla relativa disciplina

Si conclude in questo modo la nota prot. 4594 del 25 febbraio 2015 (qui sotto in allegato) sul il parere del Centro Studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, espresso con la nota n. 448 del novembre 2014 e successivamente con la nota n. 31/2015, allegata alla circolare n. 488 del 3 febbraio 2015, e quindi si chiarisce, una volta per tutte, che il professionista, titolare di un rapporto di lavoro dipendente, non può far ricorso alla prestazione occasionale per svolgere attività per le quali è richiesta l'iscrizione all'albo, ma è obbligato ad aprire partita IVA. E la regola vale anche se l'attività primaria è quella di lavoratore dipendente.
Era stata INARCASSA a sollecitare in modo formale un chiarimento da parte del MEF e la risposta mette in rilievo il grosso errore commesso dal Centro Studi.

Tutto era iniziato infatti quando il Centro Studi aveva pubblicato un documento in cui dava una sua interpretazione sul tema delle prestazioni occasionali. In particolare, passando a rassegna la normativa civilistica, previdenziale e fiscale, aveva affermato che un iscritto ad un albo professionale, che svolge come attività prevalente quella di lavoratore dipendente (pubblico o privato), può esercitare prestazioni occasionali senza limiti di durata e di compenso previsti dalla normativa in materia e senza aprire partita IVA. I limiti sono quelli definiti dalla legge Biagi, secondo cui la collaborazione non può durare più di 30 giorni nel corso dell'anno solare e il compenso, corrisposto dallo stesso committente, non può essere superiore a 5mila euro. Un'interpretazione, quella del Centro Studi, che andava a colpire le certezze che le leggi e altri chiarimenti avevano fino ad allora contribuito a costruire e che INARCASSA aveva valutato come «una forzatura priva di base legale».

Ma a smantellare definitivamente l'interpretazione del Centro Studi è stato questo parere del Ministero delle Finanze: «Il documento redatto dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri - prende in considerazione la diversa ipotesi di un soggetto iscritto in un albo professionale, contestualmente titolare di un rapporto di lavoro dipendente, al quale si garantisce la possibilità di svolgere, senza obbligo di apertura di partita IVA, collaborazioni impropriamente definite come ‘occasionali' atteso che per le medesime, dal punto di vista fiscale, non è richiesto né il rispetto del limite di durata massimo, pari a 30 giorni, né il limite dei compensi percepibili nell'anno solare, pari a 5mila euro».

Viene da chiedersi in che modo e il perché il centro studi abbia commesso un errore così marchiano, ripreso anche dagli altri consigli nazionali.
In una circolare a tutti i collegi il CNGGL riporta in merito al parere del Centro Studi del CNI: “tale ricostruzione, non aderente al dettato normativo, ha ingenerato confusione sui principi che regolano la materia e sui conseguenti obblighi previdenziali"

Forti le sottolineature anche sul social. L'ing. Marco Belardi presidente della Consulta degli Ingegneri della Lombardia interviene su twitter e sul suo blog, con numerosi commenti.

Un errore che non potrà non avere conseguenze all'interno della struttura dell'organizzazione del Centro Studi.



D’altronde se il dipendente avesse potuto, infatti, servirsi della prestazione occasionale per effettuare attività professionale, avrebbe avuto grandi vantaggi rispetto ai colleghi con partita IVA. Come aveva rilevato Inarcassa, scrivendo al MEF per chiedere delucidazioni, «nel caso in cui un professionista, che svolge attività professionale a latere di un rapporto di lavoro dipendente, sia messo in grado di avanzare un'offerta economica sulla quale non gravi né l'IVA né il contributo integrativo si produrrebbe un ‘effetto dumping’». 

E dopo le contestazioni di molti architetti e ingegneri dediti esclusivamente alla libera professione, il Centro Studi CNI aveva provveduto a pubblicare una nota di chiarimento in cui specificava che per considerare occasionale, e quindi senza obbligo di partita Iva, il lavoro professionale svolto da un dipendente iscritto all'albo, devono sussistere caratteristiche di saltuarietà, eccezionalità e non ripetitività e l’attività dev’essere svolta senza vincolo di subordinazione con il committente. 

Ecco il parere del MEF: www.ingenio-web.it/immagini/CKEditor/MEF circ 25 02 2015-1.pdf

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