Ponti e Viadotti | Sicurezza
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Processo Morandi: 700 milioni l’anno al MIT per controlli non effettuati

“Non esiste il reparto specializzato nei controlli ai viadotti, nonostante sia obbligatorio da 50 anni”, “Quando poi i test sono passati al Ministero... quest’ultimo incassava i 700 milioni, ma non li usava per le verifiche”. Ecco alcune delle dichiarazioni emerse il 12 e 13 giugno nel corso del processo Morandi e una serie di mie precisazioni normative al fine di non cadere nelle trappole delle gogne mediatiche.

Nel corso del cosiddetto Processo Morandi che si sta svolgendo a Genova oggi (13 giugno 2023) ci sono state le dichiarazioni degli ingegneri Massimo Sessa, presidente del Consiglio Superiore dei LLP, ed Emanuele Renzi, direttore per la sezione infrastrutture stradali di ANSFISA.

Da quanto riportato nelle diverse testate emerge che in materia di sorveglianza delle infrastrutture lo Stato ha violato e viola le sue stesse regole, e omette di compiere i controlli che si è (auto)imposto.

In sostanza è stato evidenziato che dal 1967 a oggi «non è stato costituito l’apposito reparto nel Servizio tecnico centrale del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, con il compito di seguire il comportamento nel tempo dei grandi manufatti», come previsto da una circolare di 56 anni fa, tuttora vigente.

Emanuele Renzi ha precisato che una divisione così specifica non è presente oggi neppure nella nuova struttura di cui è dirigente (vedi mia nota in fondo al testo)

Tra le attività del Servizio ci sono l’elaborazione della normativa tecnica per la sicurezza delle costruzioni (norme, circolari e linee guida) nonché, come europeo il Servizio è Organismo riconosciuto di certificazione ed ispezione nel settore dei prodotti o sistemi destinati alle opere di ingegneria strutturale e geotecnica, “ma non sono previsti compiti su singole opere in esercizio” ha ribadito Renzi che a domanda specifica del pm Cotugno se conoscesse l’articolo 6 della circolare del 1967 ha ammesso: “Non conoscevo quell’articolo della circolare ma non mi risulta che sia mai stato istituito un apposito reparto né che l’STC sia mai stata chiamata a svolgere attività legate alla gestione delle opere”.

La circolare del 1967 evocata dal pubblico ministero Walter Cotugno, infatti, dispone «uno speciale controllo» da parte del dicastero competente per tutti i grandi manufatti, le opere d'arte importanti, i ponti e viadotti di rilevante altezza, le strutture di notevole luce libera o comunque fuori del normale per speciali circostanze di luogo e d’impiego». E nel medesimo documento si legge: «Per le opere già eseguite e quelle specialmente da lungo tempo in esercizio verrà costituito un apposito reparto presso il Servizio tecnico centrale del Consiglio superiore dei lavori pubblici, con il compito di seguire il comportamento nel tempo di tali grandi manufatti».

Nel corso del processo è stato ascoltato anche l’ing. Massimo Sessa, che del Cslp è presidente.

Il Cslp ancora non ha un servizio di monitoraggio dei ponti perché non è tra i suoi compiti – ha spiegato il presidente Sessa – e la circolare del 1967 non prevedeva un’attività di monitoraggio specifico in loco anche perché per fare auesto tipo di attività serve personale che non abbiamo. Certo se il ministro dispone delle verifiche specifiche noi come Cslp ci dobbiamo organizzare e richiedere personale che possa svolgere l’attività”.

Le Linee Guida sui Ponti

Dopo il crollo del Morandi, hanno ricordato i testimoni, sono state elaborate sempre dal Consiglio nuove «linee guida» sui viadotti esistenti, il documento che “pone l'attenzione sulle modalità con cui adottare azioni di approfondimento sulle opere, sulla frequenza delle ispezioni, sulla programmazione degli interventi e sulle eventuali limitazioni del traffico e prevenire i rischi".

Sul SECOLO XIX ritroviamo ulteriori particolari:

Le udienze degli ultimi giorni - sempre incardinate sulle presunte omissioni dello Stato - hanno inoltre rischiarato una certa insofferenza al coinvolgimento degli organismo centrali nel monitoraggio del ponte poi collassato. Si è infatti scoperto che dagli incartamenti che il Provveditorato regionale alle opere pubbliche, emanazione locale del ministero delle Infrastrutture, inviò a Roma in merito a un progetto di ristrutturazione fatalmente rinviato fino al disastro, sparì la parte d’una mail nella quale si descriveva il Ponte come decisamente malconcio.
Non solo: all’interno del medesimo Provveditorato vi era chi riteneva che di nuovo le carte sul restyling dovessero passare il vaglio proprio del Consiglio nazionale dei lavori pubblici, trattandosi di un intervento delicatissimo su un’opera particolare; ma alla fine quel controllo ulteriore non vi fu, sostanzialmente per scelta dell’allora Provveditore Roberto Ferrazza, tuttora in carica e imputato.

Da quanto riportato emerge anche che durante le indagini gli investigatori avevano scoperto come ancora il ministero dei Trasporti ogni anno incamerasse oltre 700 milioni da Autostrade per l’Italia, destinati ai controlli sulla solidità della sua rete gestita per 3000 chilometri. E però i test non venivano svolti.

Il retrofitting della Pila 9 del ponte

Nella giornata di ieri il processo aveva riguardato il progetto di retrofitting.

Su questo ho trovato molti particolari in un articolo di Genova 24.

Secondo la procura il Cta, il comitato tecnico amministrativo che all’interno del provveditorato alle opere pubbliche diede all’inizio di febbraio 2018 parere positivo al progetto di retrofitting, si sarebbe limitato nel parere favorevole a fare una sorta di copincolla senza preoccuparsi dello stato effettivo in cui si trovava il ponte Morandi pur avendo gli elementi per sapere che “lo stato di degrado del ponte era impressionante”.

Il Cta, che solo dal 2017 circa era stato indicato per legge quale organismo pubblico deputato a dare una parere sui progetti inviati dalle concessionarie autostradali, non avendo grandi competenze in merito, aveva dato chiesto aiuto al prof. Antonio Brencich, ingegnere strutturista e docente dell’università di Genova, che già collaborava come esterno con il Cta su altri progetti da validare, perché era di fatto l’unico ad avere conoscenze specifiche in tema di ponti e, anzi, di fatto diventa il principale relatore del progetto.

E Brencich ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee:

Nel progetto c’erano dati che giustificavono il progetto di retrofitting ma non c'era tutta la storia del ponte. Quindi Aspi e Spea che avevano tutti i dati potevano fornire una rappresentazione grafica dello stato del ponte e di come il retrofitting avrebbe cambiato migliorando lo stato del ponte”. Aveva fatto rilievi anche sulle tecniche di indagine del calcestruzzo: “Secondo me alcune tecniche utilizzate erano inaffidabili ma non era un giudizio ostativo perché dal progetto emergenza che erano state fatte anche altre prove come i carotaggi che invece erano affidabili”.

Il progetto sembra che poi non sia stato inviato al Consiglio Superiore.

L'avvocato Fabio Viglione difensore del provveditore alla opere pubbliche Roberto Ferrazza ha sottolineato che "il progetto di retrofitting sulla pila 9 - dimostratosi più che adeguato nell'incidente probatorio - non avrebbe dovuto essere inviato a Roma al Consiglio Superiore dei lavori pubblici poiché non aveva le caratteristiche di particolare complessità anche in quanto si trattava di una replica del progetto realizzato negli anni '90 sulla pila 11".

In aula lo ha detto anche il professore Antonio Brencich "Il progetto non era complesso perché ricalcava quello fatto sulla pila 11"

La deposizione dell'ex ministro Di Pietro del 19 dicembre 2018

Riporto questa deposizione perchè utile per ricostruire alcuni aspetti istituzionali.

Il giorno 19 dicembre 2018 alle ore 10 nel Palazzo di Giustizia di Genova, dinanzi al sostituto procuratore della Repubblica Massimo Terrile, è comparso DI PIETRO Antonio
"Sono stato Ministro per le Infrastrutture nel governo Prodi tra il 17.5.2006 e 1'8.5.2008. Il mio predecessore è stato Pietro LUNARDI, il mio successore Altiero MATIEOLI.
Appena avuta notizia della citazione, ho immaginato quelli che potevano essere gli argomenti di interesse e ho ritenuto di predisporre una memoria scritta, corredata da allegati, che sottoscrivo in sua presenza e produco, sperando possa essere utile alle indagini.
Si tratta di una memoria che ho redatto sulla base delle carte che avevo a disposizione e che ho articolato su tre temi.
Il primo attiene alle vicende della concessione autostradale tra ANAS spa e AUTOSTRADE PER L'ITALIA, con particolare riferimento al progetto di fusione tra AUTOSTRADE PER L'ITALIA e la spagnola ABERTIS, alla posizione da me assunta al riguardo, ai rapporti con l'Antitrust Europeo e all'emendamento del governo Berlusconi che previde l'approvazione per legge di tutte le concessioni autostradali già sottoscritte da ANAS con le società concessionarie.
Il secondo riguarda, più specificamente, il sistema infrastrutturale di Genova, e, quindi, la c.d. Gronda, gli interventi sulla viabilità di accesso al porto di Voltri (entrambi affidati ad AUTOSTRADE PER L'ITALIA), nonché una serie consistente di altri interventi sulla viabilità cittadina, di competenza di ANAS, per i quali erano stati stanziati circa 800 milioni: il tutto anche e soprattutto al fine di ridurre il traffico di automezzi pesanti che transitava sul ponte Morandi, che, già allora, aveva suscitato dubbi e sospetti sulla sua sicurezza strutturale.
Il terzo tema che ho trattato nella memoria è quello del sistena dei controlli pubblici sull'operato delle concessionarie."

DOMANDA: Come lei può facilmente immaginare è proprio quest'ultimo l'argomento di maggiore interesse per l'indagine in corso.
Nel periodo di tempo in cui lei è stato ministro e sino al 30.9.2012, ANAS ha svolto, come sa, il ruolo di concedente della rete autostradale di cui è concessionaria AUTOSTRADE PER L'ITALIA, ruolo che successivamente è stato trasferito al MIT (prima alla Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali-SVCA e poi alla Direzione Generale Vigilanza Concessioni Autostradali-DGVCA).
AUTOSTRADE PER L'ITALIA, in qualità di concessionaria ed in forza della convenzione, nonchè in forza del codice della strada e delle normative legislative e regolamentari vigenti, aveva ed ha l'obbligo di svolgere, sulle opere d'arte, una serie di verifiche e di controlli, con periodicità varia, allo scopo di garantirne la sicurezza strutturale.
Poiché la Convenzione unica del 2007 impone al concedente pubblico - e, quindi, prima all'ANAS e poi, a decorrere dall'1.10.2012, al MIT - un dovere di vigilanza sul rispetto degli obblighi gravanti su AUTOSTRADE PER L'ITALIA, la mia prima domanda è: questo dovere di vigilanza gravante sul/'ANAS, e successivamente trasferito in capo al MIT, doveva esercitarsi anche sulle attività di manutenzione che AUTOSTRADE PER L'ITALIA svolgeva o doveva svolgere, e sulla sicurezza strutturale delle opere d'arte della rete in concessione, oppure riguardava solo aspetti diversi da quello (finanziari, tariffari, trasportistici, qualità dei servizi ecc.)?
RISPOSTA: Per rispondere a questa domanda è sufficiente leggere la Convenzione unica, e, in particolare, l'artt.28.
Il Concedente vigila affinché i lavori di adeguamento delle autostrade siano eseguiti a perfetta regola d'arte a norma dei progetti approvati, senza che per il fatto di tale vigilanza resti diminuita la responsabilità del Concessionario in ordine all'esecuzione dei lavori...vigila anche sui lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria e sui ripristini... qualora constati che i lavori sono eseguiti in difformità da quanto stabilito dal comma 1,comunica al Concessionario gli adempimenti conseguenti.... visita ed assiste ai lavori, può eseguire prove, esperimenti, misurazioni, saggi e guanto altro necessario per accertare il buon andamento dei lavori stessi....
Che cosa può esserci di più chiaro di questa disposizione?
Escludo quindi recisamente - non solo sulla base della semplice lettura del testo della Convenzione, non suscettibile di alcuna diversa interpretazione, ma anche ricordando le discussioni awenute in proposito in ambito ministeriale e parlamentare - che dagli obblighi di vigilanza imposti al soggetto concedente pubblico fossero esclusi quelli relativi alla sicurezza strutturale delle opere d'arte della rete autostradale.

DOMANDA: Se il dovere di vigilanza dei soggetti pubblici concedenti riguardava, e riguarda, anche la sicurezza strutturale delle opere d'arte, come si concretizzava, per quanto a sua conoscenza, questa vigilanza?
Quali erano gli uffici competenti a svolgerla e come la svolgevano o avrebbero dovuto svolgerla?
RISPOSTA: Gli uffici competenti a svolgere questa attività di vigilanza erano, inizialmente, gli uffici di ANAS, e, in particolare, l'Ispettorato Vigilanza Concessioni Autostradali (IVCA).
ANAS era un ente dotato di strutture tecniche e di risorse professionali e finanziarie idonee a garantire, entro certi limiti, almeno un qualche livello di sorveglianza sulle attività di manutenzione svolte dalle concessionarie sulle opere autostradali in concessione.
Quando si decise che questa attività di vigilanza doveva essere sottratta ad ANAS, in quanto ANAS era diventata, a sua volta, concessionaria di alcune tratte autostradali e si istituì, all'interno del Ministero, la Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali-SVCA - decisione che a me pare del tutto condivisibile - questa nuova Struttura, e poi la Direzione Generale Vigilanza Concessioni Autostradali-Direzione Generale Vigilanza Concessioni Autostradali-DGVCA, non vennero dotate delle medesime strutture e delle medesime risorse che esistevano nell'Ispettorato ANAS.
Questo passaggio avvenne quando io avevo, ormai da anni, cessato le mie funzioni di ministro, e, quindi, non ne ho conoscenza diretta: quello che so è che il Responsabile della Struttura - che era prima il Direttore dell'Ispettorato ANAS e che divenne poi il Direttore generale Vigilanza del MIT - e cioè Mauro GOLETTA, si lamentò ufficialmente in varie sedi, nonché in una sua relazione al Parlamento di quegli anni, della assoluta carenza di mezzi e personale e, quindi, dell'impossibilità di svolgere la benché minima attività effettiva di sorveglianza.
Il che corrisponde certamente al vero, ·visto che sono a conoscenza del fatto che, ancora oggi, all'interno del MIT, non esiste una struttura tecnica adeguata alla sorveglianza sotto il profilo delle risorse finanziarie e delle professionalità.
Si trattò, all'epoca, e cioè nell'ottobre 2012 , di una precisa scelta politica, che, di fatto, rese impossibile qualsiasi attività di controllo e di sorveglianza, da parte della Struttura - e poi della Direzione generale - sulle attività di manutenzione cui era obbligata AUTOSTRADE PER L'ITALIA, come le altre società concessionarie.
Questa scelta, a mio parere dissennata, genera una grave responsabilità, in capo a chi l'ha operata e condivisa, sia sul piano istituzionale, sia sul piano politico.
Quanto poi essa possa avere rilevanza anche sul piano delle responsabilità penali in relazione al disastro verificatosi, non è mio compito valutare.

DOMANDA: Lei sa se, e quali documenti attinenti alla manutenzione svolta da AUTOSTRADE PER L'ITALIA arrivassero ad ANAS, e se, e quali arrivassero al Ministero?
RISPOSTA: Nel periodo in cui sono stato Ministro, posso dire con certezza che ANAS relazionava periodicamente la Direzione generale strade e autostrade del mio Ministero sulle attività svolte.
Non so dire, invece, quali fossero i rapporti e i canali informativi instaurati tra AUTOSTRADE PER L'ITALIA e ANAS, né se, con quale frequenza e con quali modalità, ANAS adottasse le iniziative di controllo previste dall'art.28 della Convenzione. Queste cose possono essere verificate presso ANAS, il cui presidente era, all'epoca, Pietro CIUCCI.
SPONTANEAMENTE: Sul tema della vigilanza e dei controlli pubblici, che ho capito essere l'argomento principale della mia audizione, mi riservo di approfondire la questione e di far pervenire, via mail, una nota integrativa alla mia memoria."


Commenti personali sulla vicenda

Dall’esterno posso solo riportare quanto emerge dai quotidiani locali e dalle agenzie, e ovviamente non posso commentare da un punto di vista giuridico quanto stia emergendo.

Posso riportare però alcune precisazioni che a mio pare è necessario evidenziare su quanto riportato e su quanto evidenziato dalla procura.

1. I ruoli di Ansfisa

ANSFISA non nasce per controllare i singoli ponti, ma "ANSFISA ha il compito di promuovere la sicurezza e vigilare sulle infrastrutture ferroviarie, stradali e autostradali e sugli impianti fissi".

Perciò i suoi compiti sono molto più ampi di quelli che avrebbe dovuto avere “Reparto speciale” previsto da una Circolare di 55 anni fa soltanto per “seguire il comportamento nel tempo dei grandi manufatti”. Infatti con il sistema messo in piedi da ANSFISA la gestione della sicurezza di qualsiasi manufatto (ponti, viadotti, gallerie, etc.) dell’intera rete stradale italiana viene costantemente monitorata dal gestore quale responsabile della sicurezza dell’infrastruttura e della rete di trasporto. Questo sistema è consolidato dall’attività ispettiva svolta dall’Agenzia su tutti i gestori e a campione sulle opere, che dal 2021 al 2023 avrà interessato circa 1.500 opere, poste su autostrade, strade statali, regionali, provinciali e comunali.

ANSFISA infatti, e' stata creata con il Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 16 novembre 2018, n. 130 (in S.O. n. 55, relativo alla G.U. 19/11/2018, n. 269) all'Art. 12:

1. E' istituita, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture
stradali e autostradali (ANSFISA), di seguito Agenzia, con sede in Roma presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con possibilita' di articolazioni territoriali, di cui una, con competenze riferite in particolare ai settori delle infrastrutture stradali e autostradali, avente sede a Genova. Fermi i compiti, gli obblighi e le responsabilita' degli enti proprietari e dei soggetti gestori in materia di sicurezza, l'Agenzia promuove e assicura la vigilanza sulle condizioni di sicurezza del sistema ferroviario nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali ...

4. Con riferimento alla sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali e fermi restando i compiti e le responsabilita' dei soggetti gestori, l'Agenzia, anche avvalendosi degli altri soggetti pubblici che operano in materia di sicurezza delle infrastrutture:
a) esercita l'attivita' ispettiva finalizzata alla verifica dell'attivita' di manutenzione svolta dai gestori, dei relativi
risultati e della corretta organizzazione dei processi di manutenzione, nonche' l'attivita' ispettiva e di verifica a campione
sulle infrastrutture, obbligando i gestori, in quanto responsabili dell'utilizzo sicuro delle stesse, a mettere in atto le necessarie misure di controllo del rischio, nonche' all'esecuzione dei necessari interventi di messa in sicurezza, dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e della mobilita' sostenibili ((...));
b) promuove l'adozione da parte dei gestori delle reti stradali ed autostradali di Sistemi di Gestione della Sicurezza per le attivita' di verifica e manutenzione delle infrastrutture certificati da organismi di parte terza riconosciuti dall'Agenzia;
... m) svolge attivita' di studio, ricerca e sperimentazione in materia di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali.

Non vi è traccia quindi di un impegno istituzionale del dover svolgere direttamente l'attività di monitoraggio e controllo.

In questi anni ho potuto osservare da vicino l’operato di ANSFISA e posso raccontare di aver visto un gruppo di tecnici entusiasti e motivati nel voler promuovere l’esecuzione dei controlli non solo attraverso l’attività di vigilanza, ma anche con la creazione di un master, l’organizzazione di incontri di confronto e condivisione di esperienze, con la realizzazione di documenti di supporto. Spero che il processo non diventi una scusa per ridimensionare un soggetto davvero importante per il settore.

2. La creazione della struttura in seno al MIT

Nel 1967 le Autostrade erano dello Stato. Sono state privatizzate di fatto nel 1999.

ANAS che era dello Stato, era il concedente e il vigilante. Successivamente al 2003, nel 2012 il concedente è diventato il MIT attraverso una Direzione ministeriale competente e una parte del personale ANAS che si occupava della vigilanza è stato trasferito al ministero.

E' naturale quindi che i controlli li dovesse fare lo Stato. La Circolare del 1967 - mi permetto di sottolineare che una Circolare è un provvedimento che nelle gerarchie normative non sta sicuramente in alto - nasceva quindi dall'esigenza di impiantare in seno allo Stato un sistema di monitoraggio e studio, anche in considerazione che tre anni primi si era conclusa la costruzione dell'autostrada del Sole. Inoltre, dopo la Circolare del 1967 – sia pur non esplicitamente abrogata – sono state emanati successive norme tecniche sui ponti stradali (D.M. 2 agosto 1980, Circolare del 11 novembre 1980, D.M. 4 maggio 1990 e Circolare 25 febbraio 1991) che, parlando anche di gestione delle opere esistenti, non citano in alcun modo la Circolare del 1967, né tantomeno il “reparto speciale”.

E in effetti non al Consiglio Superiore ma al Ministero veniva portata la competenza del controllo, con la creazione di una Direzione dedicata. Occorre però comprendere quali compiti avesse questa Direzione, se di natura semplicemente amministrativa o di vero e proprio controllo tecnico.

Dalla deposizione di Di Pietro che ho riportato appare che la struttura del MIT doveva verificare i progetti di manutenzione e la corretta realizzazione e non intervenire con proprie risorse ai controlli sul campo.

3. Il CONSIGLIO SUPERIORE DEI LAVORI PUBBLICI, i compiti assegnate e la circolare del 67

Per quanto riguarda il CONSUP le parole di Sessa su compiti e organico mi portano a diverse riflessioni.

Innanzitutto non è da ora ma da 55 anni che non si è creata la struttura che fu prevista nel 1967, e questo richiederebbe quindi un esame non degli ultimi 5 anni ma di 55 anni della storia del massimo organo consultivo tecnico dello stato.

Ma la domanda più corretta è se poi nel tempo questi compiti fossero davvero assegnati al CONSUP. Al punto 2 lo abbiamo già precisato, non erano assegnati.

Inoltre vorrei ricordare che la suddetta circolare del '67 fa riferimento alla L. 18 ottobre 1942, n. 1460 sugli Organi consultivi in materia di opere pubbliche e che questa Legge è stata poi abrogata dalla Merloni, che ridefiniva compiti e responsabilità del Consiglio Superiore e del Servizio Tecnico Centrale.

Quanto riportato dalla stampa generalista è quindi quanto mai fuorviante.

Ricordiamo che i compiti al CONSIGLIO SUPERIORE DEI LAVORI PUBBLICI sono oggi assegnati dal Codice dei Contratti.

Nell'attuale Codice dei Contratti all'articolo 47 è riportato.

1. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici è il massimo organo tecnico consultivo dello Stato; opera con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è dotato di piena autonomia funzionale e organizzativa.

 2. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici è presieduto dal Presidente ed è costituito dall’Assemblea generale, da quattro Sezioni, dalla Segreteria generale, dal Servizio tecnico centrale e dall’Osservatorio del collegio consultivo tecnico.

3. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, nell'ambito dei compiti attribuiti allo Stato e nel rispetto delle prerogative delle regioni, delle province autonome, delle province, delle città metropolitane e dei comuni, esercita funzioni consultive ed esprime pareri obbligatori esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di competenza statale, dei concessionari statali e sulle altre opere finanziate per almeno il 50% dallo Stato e pareri facoltativi sui documenti di fattibilità delle alternative progettuali inseriti nei documenti pluriennali di programmazione dei ministeri competenti. I pareri di cui al primo periodo sono resi se il costo complessivo dell’opera, come derivante dal quadro economico, è superiore a 200 milioni di euro, nel caso di infrastrutture lineari, o a 50 milioni di euro, negli altri casi. I Comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche esprimono parere obbligatorio esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnico-economica di opere di competenza statale, dei concessionari statali e delle altre opere finanziate per almeno il 50% dallo Stato se il costo complessivo dell’opera, come derivante dal quadro economico, è superiore a 25 milioni di euro e inferiore a 200 milioni di euro, nel caso di infrastrutture lineari, oppure è superiore a 25 milioni di euro e inferiore a 50 milioni di euro, negli altri casi. Non è obbligatorio il parere sui progetti di fattibilità tecnico-economica di opere di competenza statale, dei concessionari statali e delle altre opere finanziate per almeno il 50% dallo Stato se il costo complessivo dell’opera, come derivante dal quadro economico, è inferiore a 25 milioni di euro.

4. Le ulteriori competenze, l’organizzazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, le regole di funzionamento, nonché le ulteriori attribuzioni sono stabilite e disciplinate nell’allegato I.11. Insede di prima applicazione del codice, l’allegato I.11 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottatoai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.

Alla luce di queste indicazioni appare chiaro che il CONSUP ha un ruolo consultivo e non ha un ruolo attivo nei controlli sulle opere.

Continueremo con INGENIO a seguire l’evoluzione del processo anche con il compito di precisare, come in questo caso, alcuni punti dimenticati o omessi dai media generalisti. 

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