Processo BIM di GP Project, il racconto di un’impresa sostenibile
Giampaolo Pilloni, AD di GP Project, illustra il percorso BIM avviato dalla sua società, concentrandosi sul forte legame tra sistema di gestione BIM e ottica nZEB. Il racconto di due progetti diversi per tipologia e complessità, in cui coniugare BIM e sostenibilità.
GP Project: digitalizzazione e sostenibilità
Di seguito proponiamo un’intervista di approfondimento a Giampaolo Pilloni, AD di GP Project, società di progettazione certificata con ICMQ, da sempre attenta ai due temi chiave della vision contemporanea della gestione e costruzione di città e territori: digitalizzazione e sostenibilità.
GP Project ha scelto la sostenibilità come elemento base di moltissimi suoi progetti. Crede che sia oggi importante fare delle scelte a volte più costose o impegnative ma che possono essere di supporto al futuro del nostro Pianeta?
Sono convinto che la vulnerabilità del futuro del nostro Pianeta debba essere spiegata anzitutto a chi vive oltreoceano. Poi, un esame di coscienza potremmo farlo anche noi europei che siamo tuttavia più virtuosi rispetto a USA, Cina, India, Indonesia. In GP siamo convinti che il grosso sforzo condotto a partire dal 2014, che ha indirizzato l’azienda verso digitalizzazione e architettura sostenibile, sia stato decisivo: per noi è una scommessa vinta.
I materiali utilizzati in ottica di risparmio energetico
Siete specializzati nel risparmio energetico, quali materiali usate per i vostri progetti?
Oggi, le linee guida del legislatore a livello comunitario sono volte all’architettura nZEB (Nearly Zero Energy Building) e ZEB (Zero Energy Building), pertanto partiamo molto avvantaggiati, visto il numero di edifici pubblici e privati certificati nZEB in classe A4 da noi già realizzati in questi anni. Abbiamo la consapevolezza di come si progetta e come si costruisce uno ZEB estremamente sostenibile con materiali bio-based. Siamo indirizzati verso l’uso di materiali naturali (bio-based material) con l’obiettivo di aderire ai concetti dell’economia circolare. Abbiamo brevettato un sistema di costruzione di un involucro edilizio estremamente performante in termini strutturali, energetici, acustici e molto rapido da costruire chiamato Pablok.
I sistemi off-site si coniugano infatti con le esigenze sia dei clienti privati che, sempre più, chiedono soluzioni efficienti “tempo zero”, sia della pubblica amministrazione che, per rispettare i tempi stretti dei bandi (vedi alla voce PNRR) sono costretti a imporre alle imprese tempistiche sempre più strette per sostituire un patrimonio edilizio pubblico insicuro, energivoro e fatiscente.
A distanza di anni continuiamo a ottimizzare il brevetto con l’intento di farlo diventare un vero e proprio punto di riferimento anche per altri studi e per i colleghi che si stanno approcciando all’architettura green.
Dopo il 2026, quando molte opere pubbliche saranno state realizzate nel rispetto dei CAM e dei criteri DNSH e anche molti privati avranno apprezzato la qualità del vivere in un ambiente salubre, confortevole e nZEB, il divario con chi sarà ancora in classe G sarà evidente semplicemente confrontando le bollette delle utenze. In conseguenza di questo passaparola, prevedo una vera e propria rivoluzione del mercato che coinciderà con una corsa verso l’nZEB e verso la classe A4. Succederà esattamente ciò che oggi succede nei negozi di elettrodomestici dove nessuno guarda neanche più il frigorifero in classe B.
Digitalizzazione e eco-sostenibilità
Come si sposa la digitalizzazione con l’approccio eco-sostenibile?
Noi abbiamo indirizzato queste scelte aziendali (BIM e BioArchitettura) in contemporanea. Quando nel 2014 abbiamo scelto “cosa fare da grandi” (progettisti di bioarchitetture nZEB con metodologia BIM) onestamente non abbiamo pensato a un legame tra questi due concetti.
Ci siamo però resi conto però, intorno al 2014, che per affrontare la progettazione di opere complesse con metodo e maggiore efficienza era necessario implementare un approccio digitale che permettesse di condurre le varie fasi con una programmazione lineare e precisa. Proprio in quel periodo iniziamo il percorso BIM rendendoci conto anche del vantaggio portato al tipo di progettazione che volevamo implementare: quella sostenibile. Abbiamo subito compreso che per compilare e condurre positivamente una procedura per l’ottenimento di buoni risultati nei protocolli di sostenibilità (ITACA, Leed, ecc.) fosse doveroso farsi supportare da un accurato modello digitale. Oggi un modello digitale BIM ben impostato, insieme a figure professionali competenti, ci aiuta ad avere rapidamente dati indispensabili per il calcolo dei parametri premianti, per condurre il progetto verso scelte positive e sostenibili.
Gli esempi progettuali
Può farci degli esempi di progetti in cui emerge questo tipo di approccio?
Le scuole gemelle di Acqui Terme sono i primi due edifici non residenziali in Italia ad aver ottenuto il Protocollo ITACA con un risultato estremamente soddisfacente di 3.2/5. Sono state progettate a cavallo tra il 2015 e il 2016 e realizzate tra il 2017 e 2018. Le scelte volte alla sostenibilità sono risultate molto premianti nei principali criteri con maggior peso (energetici, materiali riciclati/recuperati, riciclabili, confort termico estivo, invernale, indoor, ecc.) che hanno raggiunto sempre il massimo livello (5/5).
Le scuole sono i primi due edifici da noi progettati in BIM con materiali bio-based (Pablok) e il risultato raggiunto ha fornito un indirizzo prezioso per i capitolati standard dei nostri progetti che ora adottiamo per ottenere le migliori prestazioni sull’ex novo.
Questo progetto ha raggiunto il primo premio al Digital&BIM Award nel 2018 e una menzione speciale al Premio Sostenibilità 2019, a ulteriore conferma della bontà delle nostre scelte e dell’ottimo connubio tra digitalizzazione e sostenibilità, fosse anche solo per il fatto che la digitalizzazione è utilissima per misurare la sostenibilità ante-operam.
Altri esempi a cui siamo legati sono le scuole di Frassinoro (MO) e Sarzana (SP), entrambe in costruzione, entrambe nZEB in classe A4, ma con due scale differenti: una in un paese montano di pochi abitanti che guarda al futuro nel migliore dei modi costruendo una scuola da circa 1.500 mq per 150 studenti e l’altra in una città ligure, sul mare, che ha deciso di sostituire un edificio insicuro, parzialmente inagibile perché vulnerabile sismicamente, con un edificio strategico con Civic Center per 1.100 studenti. Di fatto, sarà il luogo più sicuro della città.
Siamo affezionati anche a opere “minori” come ville private, costruite e in costruzione in tutto il nord Italia. “La casa di Carla”, in provincia di Parma, è un ottimo esempio di demolizione e ricostruzione interamente gestito in BIM. Anch’esso nZEB in classe A4, costruito in tempi celeri.
Non vi era necessità di realizzare una villa con metodologia BIM ma per noi è diventato “il metodo”, l’unico che conosciamo per raggiungere buoni standard di qualità progettuali, gestionali e in tempi rapidi.
Gli obiettivi comuni
Gli esempi che ha portato sono molto diversi ma hanno obiettivi comuni. Quali?
Sono tutti nZEB, in classe A4, tutti edifici sismoresistenti, tutte peculiarità della metodologia costruttiva.
In comune però, hanno anche la velocità sia dal punto di vista progettuale, che in fase di cantiere. Queste tempistiche strette impongono di scongiurare gli imprevisti ed è qui che si pone come strumento efficace la gestione BIM.
Avere un modello digitale ben federato, coordinato, ricco di informazioni a monte del processo costruttivo, permette di non avere imprevisti e di non sbagliare in cantiere, soprattutto quando un fermo cantiere per incertezza, imprevisto o andamento anomalo potrebbe costare parecchio all’impresa e/o al committente. Il BIM, dunque, è una metodologia finalizzata a incrementare la qualità di processo (in fase progettuale e in fase esecutiva/gestionale) e ridurre la vulnerabilità della commessa.
Cantiere sostenibile, esempi di applicazione pratica
Oggi si parla sempre più di cantiere sostenibile. Può farci alcuni esempi di applicazione pratica?
Siamo affascinati da come l’interesse dei committenti si stia sempre più indirizzando verso la sostenibilità anche dei processi produttivi. È davvero un bel segnale per il futuro.
Un esempio che mi piace raccontare è quello del cantiere del polo scolastico Poggi Carducci di Sarzana.
È attualmente in costruzione ed è ricco di particolarità legate alla sostenibilità (sistemi lignei off-site con naturali bio-based) al punto da diventare il progetto pilota di Regione Liguria (per l’edilizia scolastica) e risultare di interesse anche per il mondo accademico - saranno svolte visite con alcune facoltà di ingegneria di alcune Università italiane - proprio perché vengono applicati moderni concetti di architettura sostenibile con tecnologie off-site.
Stiamo gestendo questo cantiere con una committenza virtuosa - il Comune di Sarzana - e con una stazione appaltante (IRE Liguria) lungimirante, estremamente esperta e sensibile a temi di sostenibilità ambientale.
Abbiamo a che fare con una superficie di circa 17.000 mq, 4 edifici in condizioni difficili (una tendostruttura e tre in calcestruzzo armato) e un dislivello importante. Abbiamo deciso così di fare una scuola su due piani (contro i 4 piani ante operam) dando perfetta fruibilità al piano rialzato. Il dislivello tra nord e sud è stato compensato con la realizzazione di un rilevato che è stato costruito con aggregati riciclati, regolarmente certificati e collaudati, con un processo di trasformazione delle macerie provenienti dalla demolizione degli edifici. Tali rilevati sono sostenuti da gabbioni metallici costipati con sassi. In sostanza, il processo di trasformazione da macerie ad aggregati riciclati impiegabili strutturalmente è stato condotto interamente all’interno del cantiere da cui non è uscito neanche un camion destinato alle discariche.
In questo modo abbiamo abbattuto CO2 (gas di scarico dei camion), abbiamo risparmiato tempo, soldi (non abbiamo pagato gli smaltimenti delle macerie e non abbiamo dovuto pagare per comprare aggregati riciclati che, viceversa, ci siamo costruiti in cantiere) e abbiamo evitato interferenze col traffico cittadino di Sarzana, oltreché rumori e vibrazioni per le proprietà confinanti col cantiere.
Insieme a committente e stazione appaltante, non potendo evitare l’espianto di una quarantina di arbusti, abbiamo deciso di recuperare quelli di estremo interesse (ulivi) per piantumarli in altre aree della città. In compenso, per ogni albero rimosso ne piantiamo tre autoctoni. Stessa sensibilità per la gestione della tendostruttura: non è stata rimossa e smaltita, bensì smontata e rimontata in un altro quartiere di Sarzana.
Tutte scelte indirizzate verso il riuso, contro lo spreco e che rendono questo progetto, di cui andiamo fieri, estremamente virtuoso in termini di sostenibilità.
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