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Problemi in materia di deroghe alle distanze legali: nuovo studio del Notariato

L'ultimo lavoro del Consiglio Nazionale del Notariato, disponibile in allegato, riguarda i problemi in materia di deroghe alle distanze legali (riflessioni sull’orientamento attuale della giurisprudenza)

Segnaliamo e alleghiamo l'ultimo studio del CNN n.128-2021/C - "Problemi in materia di deroghe alle distanze legali (riflessioni sull’orientamento attuale della giurisprudenza)", incentrato sugli aspetti inerenti gli artt. 872 e 873 del Codice Civile, la servitù prediale, i contratti, l'usucapione, gli atti negoziali collegati, ecc.

Problemi in materia di deroghe alle distanze legali: nuovo studio del Notariato

Nella premessa allo studio, si osserva tra l'altro che:

  • come precisato dalla Corte Costituzionale, la disciplina in tema di distanze tra le costruzioni «attiene in via primaria e diretta ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi» e rientra nella competenza legislativa statale esclusiva. Quella regionale concorrente interviene soltanto perché i fabbricati possono insistere su di un territorio che può avere rispetto ad altri - per ragioni naturali e storiche - specifiche caratteristiche. La legittimità dei regolamenti, in deroga alla regola stabilita dal codice civile, si giustifica allora soltanto nella misura in cui essa si collochi in maniera coerente nel quadro di interventi urbanistici pianificatori funzionali a un assetto complessivo e unitario di determinate zone dell’habitat;
  • una tradizione interpretativa, consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, ha consentito di regolare le distanze tra le costruzioni attraverso contratti (o più raramente mediante previsioni testamentarie), tali da dar origine a servitù prediali, nelle quali, il fondo che subisce la realizzazione dell’opera a distanza inferiore a quella legale assume la posizione di servente, così da arrecare all’altro fondo quell’utilità, che è tale da attribuirgli la posizione di dominante. La costituzione di una servitù volontaria non sarebbe viceversa consentita tutte le volte in cui una prescrizione del regolamento edilizio avesse a imporre l’osservanza di un distacco maggiore delle costruzioni anche a partire dal confine, in ragione della finalità d’interesse collettivo di queste;
  • occorre domandarsi se si debba o non ammettere la costituzione della servitù in deroga alle distanze tra le costruzioni, quando queste siano stabilite dai regolamenti locali o da altri strumenti urbanistici, mediante destinazione del padre di famiglia. La questione si rivela di interesse significativo, se si considera che le costruzioni vicine possono spesso costituire parti di un edificio condominiale (specialmente orizzontale);
  • si deve ipotizzare, in linea di principio, che gli atti negoziali con i quali le parti intendano costituire la servitù prediale, consistente nel mantenere la costruzione a distanza inferiore da quella legale, vadano ritenuti validi, sia che si trovino a derogare la distanza di tre metri stabilita nel codice, sia quando si trovino invece a derogare quella di distacco dal confine, stabilita dai regolamenti edilizi oppure dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore o da altra fonte integratrice della regola codicistica;
  • il punto nodale dell’intera questione riposava e continua a riposare sull’art. 872. La violazione della disciplina sulle distanze comporta quelle «conseguenze di carattere amministrativo», che nessun contratto (anche quando dia origine a una servitù prediale) può impedire. Non si comprende la ragione per la quale la tutela della previsione subprimaria dovrebbe trovarsi condivisa con quella del giudice civile, che vi può provvedere solamente quando alcuno glielo domandi e sempre che non si sia perfezionato il periodo stabilito per l’usucapione. Una volta che si riconosca la validità del contratto stipulato tra vicini, con il quale uno consenta che l’altro costruisca a distanza inferiore da quella stabilita dalle norme subprimarie, semplicemente si nega, a quanti risultino gravati dalla servitù, di accedere alla protezione risarcitoria e a quella ripristinatoria, stabilita all’art. 872, ma resta ben saldo il potere dell’amministrazione di assicurare il rispetto delle disposizioni che essa stessa ha emanato.

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