Prevenzione sismica: questa sconosciuta
Il tema della prevenzione sismica in Italia richiede un'attenzione urgente. L'articolo analizza le criticità del patrimonio edilizio esistente, evidenziando le lacune normative e proponendo soluzioni come incentivi fiscali, assicurazioni obbligatorie e l’istituzione di un’Anagrafe del Costruito per una gestione più efficace e sicura della sicurezza sismica.
Lo scorso 12 dicembre, si è svolta a Roma la Settima Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica (7GNPS), promossa da Fondazione Inarcassa, Consiglio Nazionale Ingegneri e Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, del cui Comitato Tecnico-Scientifico ho l’onore di far parte sin dalla prima edizione.
L’iniziativa, che vuole essere una “grande occasione di confronto tra i rappresentanti delle istituzioni e gli esperti in materia, per discutere e analizzare le proposte in ambito scientifico, tecnologico e fiscale finalizzate alla messa in sicurezza del patrimonio edilizio”, ha visto la presenza di rappresentanti di istituzioni politiche e di ricerca, nonché la partecipazione a distanza di migliaia di tecnici.
Con l’occasione si vuole fare il punto sulla situazione della sicurezza sismica in Italia, analizzando quanto fatto negli ultimi anni e riprendendo alcune proposte.
Imparare dal passato
Sbagliando s’impara: se guardiamo quello che succede nel nostro paese (e, in verità, anche in altri) con riferimento alle catastrofi naturali, questo famoso motto appare senz’altro falso.
Come ben noto, dopo un terremoto, i media dedicano gran parte del loro spazio all’evento: le varie TV ci mostrano immagini che già abbiamo visto, i giornali e i siti web pubblicano fotografie identiche a quelle che abbiamo già nel cassetto. Nonostante ciò, credendo nel repetita iuvant, rispondiamo alla pressione dei media evidenziando gli errori di progettazione e/o di realizzazione riscontrati, parlando di tecniche di costruzione, di adeguamento e miglioramento sismico, cioè di prevenzione.
Ci sembra l’unica alternativa alla rassegnazione e allo sconforto. Ma poi?
Poi, col passare dei giorni, il tema non fa più audience, viene gradualmente abbandonato dai media e tutti si dimenticano persino della propria sicurezza. È un film già visto molte, troppe volte.
Più volte abbiamo reagito con un “Adesso basta!” e, in alcuni casi, favoriti (purtroppo va detto così) dalla natura che ci ha offerto lunghi sciami sismici, come quello che ha interessato l’Italia centrale a partire dall’agosto 2016, il tema è stato tenuto caldo un po’ più a lungo ma poi è stato ancora una volta inesorabilmente dimenticato.
Spesso i cittadini se la prendono con i politici, colpevoli di non avviare serie iniziative per la prevenzione del rischio sismico. Ma è proprio così?
Certamente la politica non fa molto, forse nulla, ma va anche detto che non si riscontra da parte dei cittadini una convinta richiesta di sicurezza. Nelle varie campagne elettorali, molto frequenti nel nostro paese, qualcuno ha mai parlato di sicurezza sismica? Qualche elettore ha posto la questione ai candidati? Ha subordinato il proprio voto al tema sicurezza?
D’altra parte, quanti di noi, penso soprattutto ai tecnici, prima di acquistare un immobile hanno chiesto di poter valutare il progetto strutturale?
La sicurezza sismica in Italia
Son passati ormai oltre dieci anni da quando, nell’ambito di un’inchiesta sulla sicurezza sismica in Italia della Commissione Ambiente e Territorio della Camera dei Deputati, una delegazione dell’ENEA sulla base dei dati raccolti sentenziò che gran parte del costruito non rispettava le norme sismiche vigenti: oltre il 70%. È una stima che poteva spaventare ma apparve subito congrua, se non al ribasso.
I motivi erano diversi.
Al primo posto va messa certamente l’inerzia nell’aggiornare la classificazione sismica del territorio italiano.
Al momento del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908 sembrava che in precedenza non fossero mai avvenuti eventi sismici in Italia: fu avviata la classificazione che interessò soltanto le aree appena colpite dal disastro e si proseguì così, cioè rincorrendo gli eventi sismici, molto a lungo, nonostante alcuni tentativi di cambiare rotta. Un significativo passo in avanti ci fu a seguito del terremoto dell'Irpinia del 1980, quando il 43% del territorio nazionale fu classificato sismico, con l’introduzione della zona 3; si è dovuto aspettare fino al sisma del Molise del 2002, perché tutto il territorio nazionale fosse classificato sismico, con l’introduzione della zona 4, a sismicità molto bassa, che includeva le aree a sismicità più bassa, ossia gran parte dell'Italia settentrionale, la Sardegna e il Salento. A molte aree fu attribuita una pericolosità sismica maggiore che non in precedenza.
Parallelamente, la prima normativa a fornire indicazioni su come valutare gli effetti delle azioni sismiche fu emanata dopo il terribile terremoto di Avezzano del 1915. La prima normativa di moderna concezione apparve solo nel 1975, con l’introduzione dello spettro di risposta e della distribuzione delle forze sismiche crescenti verso l'alto che simula i modi principali di vibrazione di un edificio regolare.
Le costruzioni antecedenti l'applicazione di queste leggi, e oltre il 60% delle abitazioni in Italia era stato costruito prima degli anni 70, non rispondevano, nominalmente, a criteri di sicurezza sismica. Pur escludendo da questa valutazione le strutture di interesse storico e artistico, va osservato che abbiamo un patrimonio edilizio invecchiato e non va sottovalutato che i periodi di maggiore attività in campo edilizio hanno seguito eventi eccezionali (come le guerre e i terremoti), con la conseguenza che molte costruzioni sono state edificate in fretta, con sistemi e materiali scadenti. A quelli legati ai fenomeni naturali si sono aggiunti disastri dovuti ad interventi impropri o alla vetustà ed al degrado, accelerato da una scarsa manutenzione.
Le costruzioni esistenti
I progressi della scienza e della tecnica negli ultimi decenni sono stati notevoli e oggi abbiamo in Italia una delle norme tecniche più avanzate.
Nella progettazione delle strutture va sempre considerata l’azione sismica, fortemente variabile da sito a sito sul territorio nazionale. Sappiamo come selezionare i siti idonei, come progettare e realizzare nuove costruzioni anche utilizzando, oramai sempre più spesso, moderne tecnologie antisismiche.
Per garantire la buona qualità, vanno anche garantiti adeguati controlli sul rispetto delle norme in fase di progettazione ed esecuzione e pene severe e certe per chi sbaglia.
Il vero problema sono le costruzioni esistenti.
L’OPCM 3274/2003 ha imposto l’obbligo per i gestori di edifici pubblici di valutare strutturalmente il proprio edificio entro cinque anni, poi diventati una decina.
La valutazione degli edifici privati, invece, era ed è richiesta soltanto in casi particolari, come quello di evidente riduzione della capacità resistente della struttura o di esecuzione di interventi di adeguamento o di miglioramento o che interagiscano con elementi strutturali.
In entrambi i casi, pubblico e privato, gli interventi sono obbligatori solo se si riscontra un’inadeguatezza rispetto alle azioni controllate dall’uomo, ossia i carichi permanenti e altre azioni di servizio, ma non in caso di inadeguatezza rispetto alle azioni sismiche, che rientrano tra quelle ambientali, ossia non controllabili dall’uomo. ù
A decidere sono i proprietari o gestori, tenendo conto della gravità dell’inadeguatezza ma anche della disponibilità economica.
Così non va.
Non è ulteriormente procrastinabile l’avvio e lo sviluppo di un processo di prevenzione che, nei tempi necessari e con le corrette modalità, porti a un sensibile miglioramento sismico delle costruzioni esistenti. È un percorso lungo, che possiamo soltanto avviare, sperando che venga concluso da una delle generazioni che ci seguono e che dovrà portare a non dover più contare vittime e senzatetto a seguito di eventi sismici o, quantomeno, a ridurne fortemente il numero.
L'importanza della conoscenza
Da dove cominciare?
Dalla conoscenza, non c’è altra strada. Ossia dall’istituzione dell’ “Anagrafe del Costruito”, un database gestito a livello comunale che deve contenere, per ciascun edificio, tutte le informazioni necessarie per poter valutare la sua classe di sicurezza sismica, come definita dalle Linee Guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni (Allegato A, Decreto MIT n. 58 del 28.02.2017). Le informazioni contenute devono servire anche a individuare gli eventuali interventi necessari, a stabilire l’eventuale necessità di indagini specialistiche e a programmare la manutenzione ordinaria e straordinaria.
La messa a punto dell’anagrafe può essere perseguita per fasi.
La prima fase consiste nella raccolta di tutta la documentazione tecnico-amministrativa disponibile, in possesso dei proprietari o degli amministratori ovvero disponibile presso uffici pubblici, e in eventuali indagini visive. La situazione ideale sarebbe quella di disponibilità del progetto originario e della documentazione relativa a tutti gli interventi, strutturali e no, successivamente eseguiti sull’edificio e anche di informazioni sugli effetti di eventuali azioni eccezionali subite, come quelle dovute ai terremoti: una sorta di “fascicolo clinico”.
Purtroppo, quasi mai è così e in molti casi andranno programmate indagini sui materiali e rilievi sui dettagli costruttivi e una valutazione della struttura nel suo stato attuale.
La conoscenza è indispensabile sia per valutare ciascuna costruzione sia per la pianificazione del territorio. È il punto di partenza per programmare gli interventi necessari e, quindi, per un impiego razionale delle risorse disponibili. La sovrapposizione delle classi di rischio sismico degli edifici con le mappe di pericolosità consentirà di individuare le aree ma anche i singoli edifici a maggior rischio. È da lì che bisogna cominciare a intervenire.
BONUS FISCALI: un buon investimento a patto che ..
Come finanziare un efficace processo di prevenzione?
Qualche tentativo è stato già fatto. Il già citato Decreto MIT 58/2017 prevede di poter eseguire interventi strutturali, fruendo di detrazione delle spese sostenute dall’imposta lorda, ripartita in cinque quote annuali di pari importo.
La detrazione (Sismabonus), variabile fino all’85% delle spese ma comunque fino a un assegnato massimale, è riconosciuta per un miglioramento di almeno una classe di rischio ed è maggiore in caso di miglioramento di due classi e/o per i condomini.
L’iniziativa nei primi anni non ha avuto un grande successo, almeno se si paragonano i dati con quelli relativi agli interventi di efficientamento energetico, a vantaggio dei quali giocano sia la spinta delle stringenti direttive europee sia la possibilità di poter rifare rifiniture e infissi.
Va anche osservato che nei condomini un intervento di efficientamento energetico può essere realizzato anche sulla singola unità immobiliare, mentre quello strutturale deve coinvolgere necessariamente l’intera struttura, ossia più proprietari.
Successivamente, nel 2020, è stato introdotto il Superbonus che prevedeva una detrazione nella misura del 110% delle spese, da ripartire in cinque quote annuali di pari importo. Grazie alla copertura totale delle spese e alla possibilità di cedere il credito, questo incentivo ha avuto un certo successo anche in campo strutturale.
Non sono mancati, però, abusi e alcuni effetti negativi; tra questi, un aumento esorbitante dei prezzi dei materiali edili.
Uno dei principali aspetti negativi, a parere dello scrivente, era l’assenza sia di prescrizioni sull’entità del miglioramento da perseguire (in termini di passaggi di classe di rischio o di indice di sicurezza sismico), ossia l’ammissibilità di miglioramenti non significativi dal punto di vista strutturale, sia di una gradualità che favorisse il passaggio di due o più classi. Sappiamo come è finita, purtroppo.
Chi scrive è convinto che gli incentivi fiscali rappresentino un investimento per il nostro paese, che dovrebbe consentire un risparmio in termini di vite umane e garantire allo Stato di non dover intervenire in futuro a seguito di eventi sismici; dovrebbero essere utilizzati correttamente e, pertanto, regolamentati da leggi severe. Certo, si spende oggi per avere benefici in un futuro anche lontano, senza accorgersene perché saranno i benefici dei disastri evitati: questa logica purtroppo non interessa a un politico, ma deve interessare a uno statista perché riguarda il futuro del paese.
Più volte si è sottolineata l’importanza di una sinergia tra efficienza energetica e sicurezza strutturale. Appare ovvio che interventi di efficientamento energetico hanno senso soltanto in edifici che offrono un grado di sicurezza strutturale accettabile; in assenza di tale requisito, andrebbe imposto l’obbligo di prevedere in parallelo anche un miglioramento strutturale che comporti il raggiungimento di un grado di sicurezza accettabile.
Appare ovvio anche che la sicurezza strutturale dovrebbe incidere sul valore di mercato. Pertanto, nelle compravendite andrebbe reso obbligatorio l’Attestato di Prestazione Strutturale (APS), che certifichi il grado di sicurezza strutturale, in analogia a quanto si fa da tempo in campo energetico con l’Attestato di Prestazione Energetica (APE).
Appare ovvio, infine, come non sia accettabile che un edificio, oggetto di lavori di miglioramento sismico con incentivi fiscali, possa fruire nel futuro di ulteriori contributi pubblici per un eventuale intervento di riparazione o ricostruzione a seguito di eventi sismici, se non per terremoti di particolare entità, superiore a quella dichiarata nella precedente valutazione.
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