Prevenire il degrado del calcestruzzo con i sistemi impermeabilizzanti DRACO
L’azione di aria, acqua e sostanze presenti nel terreno può portare a patologie che indeboliscono le strutture in calcestruzzo. Per questo, oltre ad agire sulla formulazione del mix design, è fondamentale scegliere un idoneo sistema di impermeabilizzazione, capace di contrastare gli elementi e massimizzare la vita utile dell’opera.
Protezione del calcestruzzo da agenti aggressivi
Le strutture in calcestruzzo armato possono essere soggette all’aggressione di diversi tipi di sostanze chimiche contenute nell’aria, nell’acqua e nei terreni.
Distinguiamo di seguito due diversi tipi di patologie:
- le prime sono quelle ricorrenti nelle strutture che per morfologia, geometria e posizione entrano in contatto parziale o permanente con terreni, acque di falda, sostanze di percolazione e gas pericolosi per la salubrità umana (come il Radon);
- mentre il secondo tipo di patologia riguarda tipicamente le strutture esposte all’aria (ossigeno, CO2, umidità, cloruri).
DRACO offre soluzioni ideali con sistemi di impermeabilizzazione e di protezione dall’acqua per entrambe le tipologie di patologie.
Per le problematiche riguardanti le strutture sotto quota, prevalentemente esposte al degrado causato da contatto con acqua e sostanze presenti nel terreno, sono consigliabili prodotti come i teli bentonitici della gamma VOLTEX e le membrane idroattive a base polimerica ULTRASEAL.
Le strutture fuoriquota, soggette prevalentemente all’aggressione delle sostanze contenute nell’aria, necessitano di una protezione differente, come quella ottenuta con
MAGIFLEX CLE
(Concrete Life Extender), una malta cementizia bicomponente elastica in grado di proteggere la struttura dall’acqua, dai cloruri e dall’anidride carbonica, senza perdere l’elasticità.
Degrado nelle strutture in calcestruzzo armato: principi generali
Come abbiamo visto, le opere in calcestruzzo armato sono soggette a un invecchiamento naturale e fisiologico, connesso all’esposizione della struttura a sostanze presenti nell’aria, nell’acqua e nel terreno. Tale invecchiamento deriva da processi che possono essere identificati e classificati in categorie precise:
- corrosione delle armature;
- attacchi chimici e fisici della matrice cementizia (solfatici, cicli gelo-disgelo, abrasioni-erosioni, ritiri igrometrici e dilavamenti).
In tutti i casi, è bene ricordare, che per giungere a gravi livelli di danneggiamento della sezione strutturale è necessaria la concomitanza di tre condizioni:
- presenza di acqua;
- presenza di una certa porosità interconnessa;
- presenza di sostanze chimiche come l'aria (contenente ossigeno e CO2), i solfati, i cloruri e gli alcali.
Per migliorare la durabilità nelle nuove strutture, è possibile agire sulla qualità del calcestruzzo, partendo da principi come la riduzione della porosità e del rapporto a/c: è dunque necessaria la formulazione di conglomerati cementizi sufficientemente compatti da sfavorire possibili attraversamenti da parte dei suddetti fluidi degradanti. Oltre che consigliabile, tale passaggio è anche prescritto dalle cogenti normative di riferimento, che inducono una progettazione della miscela orientata alla durabilità, secondo il requisito della classe di esposizione ambientale.
Tuttavia, anche per le strutture nuove non ci si può limitare ad un approccio esclusivamente basato su un'ottimale formulazione della miscela cementizia, ma bisogna ricorrere anche ad un'idonea scelta e ad un'accurata progettazione dei sistemi di impermeabilizzazione dei getti e dei relativi dettagli tecnologici, in funzione della parte d'opera e del tipo di contatto prevalente (ovvero il tipo di aria, di acqua e/o di terreno con i quali l’opera viene a contatto).
Per le strutture esistenti valgono i principi generali appena citati, ai quali si aggiunge l'impossibilità di operare sul mix-design il quale, non solo è soggetto ad una certa vetustà (molte opere sono già vicine al termine della loro vita utile d'esercizio), ma è anche stato concepito e realizzato in epoche dove i principi moderni connessi alla durabilità, all'esposizione ambientale e all'impermeabilizzazione non erano richiesti.
Il degrado del calcestruzzo: le patologie tipiche
Da quanto appena premesso, deriva che molte strutture siano soggette a patologie riconducibili a quelli che oggi (dimenticando spesso il periodo nel quale tali opere vennero concepite), classifichiamo, sommariamente e genericamente, come difetti di progettazione e/o di messa in opera, mancata manutenzione e/o carenza di sistemi impermeabilizzanti efficaci.
Tutte le patologie che interessano le strutture in calcestruzzo sono favorite dal passaggio di una soluzione acquosa aggressiva che opera sia attraverso il calcestruzzo (nelle porosità o nelle lesioni) sia sulla sua superficie e che si lega inesorabilmente al fenomeno della carbonatazione, che interessa, a vario livello, qualsiasi struttura a contatto con l'aria.
Tali patologie ricorrenti possono insistere su tutti i tipi di strutture (interrate, esposte all'aria e/o all'acqua) e verranno classificate in una sorta di ordine crescente di pericolosità attraverso 4 categorie ricadenti nella grande famiglia delle problematiche superficiali/corticali. In larga parte possono quindi essere risolte principalmente con l'impiego di sistemi protettivi e con un ricorso solo localizzato a malte da ricostruzione (esclusivamente per quanto concerne l'ultimo caso, ovvero il distacco del copriferro).
Macchie di umidità ed efflorescenze: quando l’acqua si fa vedere
Una patologia tipica delle strutture in calcestruzzo è la presenza di umidità penetrata per infiltrazioni o per risalita capillare attraverso il calcestruzzo stesso. Sui viadotti stradali o più in generale nelle strutture di scavalco, tale problematica può essere rilevata all'intradosso di solette, sulle spalle (con infiltrazioni provenienti dal terreno a tergo della struttura stessa) o all'interno di pile cave (accompagnata anche da possibili ristagni d'acqua difficoltosi da eliminare).
Le macchie di umidità possono essere classificate in due grandi categorie:
- umidità passiva: si individua generalmente in corrispondenza di efflorescenze di colore biancastro (di natura calcica), tipico residuo del fenomeno principale che in quella determinata porzione si è esaurito;
- umidità attiva: si identifica visivamente più scura del calcestruzzo integro, in quanto ancora legata a fenomeni di infiltrazione in corso (al contatto con la mano, la pelle rimane umida o bagnata).
La mancata o carente impermeabilizzazione dell'estradosso delle solette e il non funzionamento dei sistemi di smaltimento o drenaggio delle acque di piattaforma sono le concause intorno alle quali è possibile articolare la risoluzione del problema. Queste patologie non comportano un pregiudizio diretto della statica o funzionalità dell’opera ma, qualora trascurate a lungo, possono ridurne la durabilità.
Dilavamento, ovvero l’asportazione del calcestruzzo
I dilavamenti si manifestano quando si verifica un'asportazione del calcestruzzo, in uno spessore ridotto, dalla superficie della struttura a seguito dell’azione chimico/meccanica svolta su di essa dall’acqua corrente.
È abbastanza tipico in spalle, pile, travi, sbalzi, solette, ovvero elementi interessati in maniera diretta dal passaggio insistito di acqua, come spesso avviene in corrispondenza dei giunti di dilatazione non impermeabilizzati. Inoltre, anche in questo caso, la qualità esecutiva originaria del calcestruzzo degradato è un altro aspetto decisivo per contrastare l'insorgenza di tali patologie.
Spesso i dilavamenti si configurano come conseguenze dell'umidità nel calcestruzzo, infatti in presenza di acque aggressive, a contatto con la matrice cementizia si genera il dilavamento della calce libera ed il conseguente indebolimento superficiale e degrado del materiale, la cui asportazione vera e propria poi è dovuta all'azione meccanica dell'acqua corrente.
Vespaio e la compromissione della continuità del calcestruzzo
I vespai sono difetti molto evidenti che interrompono la continuità superficiale del calcestruzzo. Possono derivare dalla separazione degli aggregati e dai conseguenti vuoti che ne derivano, da attività di vibrazione non idonea, da riprese di getto mal eseguite o da una curva granulometrica non correttamente studiata in fase di mix design.
In molti casi non sono dunque solo semplici irregolarità di superficie, ma si rilevano abbinati ad armature localmente scoperte e visibili a causa della non ottimale compattezza del calcestruzzo.
Il vespaio è quindi una tipologia di ammaloramento che non si ricollega solamente al degrado dovuto all’azione di agenti esterni, quali acqua e/o aria, ma è riconducibile anche a un'errata realizzazione o applicazione del calcestruzzo stesso.
Copriferro degradato e ammaloramento della parte corticale del calcestruzzo armato
Con copriferro degradato ci si riferisce al rilevamento visivo della compromissione della parte corticale di una sezione in calcestruzzo armato. Spesso questo genere di ammaloramento può riguardare anche le staffe d'armatura presenti nelle parti strutturali con una dimensione prevalente (cioè che presentano un elevato rapporto superficie/volume esposto), come gli spigoli di travi o pilastri.
La mancata protezione dell’armatura indica un livello di esposizione chimicamente pericoloso perché innesca un aumento esponenziale della velocità del degrado chimico in quella sezione.
Il copriferro degradato può essere causato oltre che dal deterioramento del calcestruzzo per distacco o per dilavamento (come visto in precedenza), da errori in fase esecutiva come vespai (come visto in precedenza) o anche da cause accidentali come urti di automezzi.
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L'articolo prosegue fornendo una panoramica delle soluzioni tecniche DRACO per prevenire il degrado delle strutture in calcestruzzo, sia interrate e sia fuori terra.
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