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Preposto: la vigilanza attiva richiede la verifica preventiva delle condizioni di sicurezza

Analisi della figura del preposto alla sicurezza anche in considerazione di una recente pronuncia della Cassazione, dove si esprimono ulteriori indirizzi che spingono anche alcune brevi considerazioni sulla delicata questione del preposto inidoneo.

Nel corso dell’ultimo decennio, una delle figure della prevenzione di cui si sta maggiormente discutendo è quella del preposto per la sicurezza.

Dopo il significativo ampliamento degli obblighi di sovraintendimento e di vigilanza posti a suo carico dell’art. 19 del D.Lgs. 81/2008, sono notevolmente aumentati i casi finiti al vaglio della S.C. di Cassazione penale, che riguardano condotte tenute da soggetti che, in concreto, hanno svolto compiti di sovraintendimento sul lavoro altrui, anche di fatto.

Recentemente la Cassazione, con la sentenza n. 16690/2021, Sez. IV penale, ha espresso ulteriori indirizzi su tale figura di particolare rilievo che spingono anche alcune brevi considerazioni sulla delicata questione del preposto inidoneo.


Non c’è dubbio che, nel corso dell’ultimo decennio, una delle figure della prevenzione di cui si sta maggiormente discutendo è quella del preposto per la sicurezza; è innegabile che il D.Lgs. 81/2008 ha determinato un notevole salto qualitativo del modello prevenzionale cooperativo, esaltando il concetto di vigilanza attiva sui lavoratori quale uno dei baluardi fondamentali per assicurare l’effettività delle tutele della salute e della sicurezza sul lavoro previste dagli art. 32 e 41, comma 2, Cost. e il perno di questo rinnovato regime è proprio la figura del preposto, ossia la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa (art. 2, comma 1, lett. e, D.Lgs. 81/2008).

La centralità di tale figura si rilevava, in effetti, anche precedentemente nella normativa, anche se l’art. 19 del D.Lgs. 81/2008 ha posto l’enfasi proprio sul concetto di vigilanza attiva, facendo si che oggi più che mai ha assunto un ruolo strategico in ambito antinfortunistico, come si rileva anche sul piano giurisprudenziale. Infatti, basti pensare che dopo il significativo ampliamento degli obblighi di sovraintendimento e di vigilanza posti a suo carico dal citato art. 19 D.Lgs. 81/2008, sono notevolmente aumentati i casi finiti al vaglio della S.C. di Cassazione penale, che riguardano condotte tenute da soggetti che, in concreto, hanno svolto compiti di sovraintendimento sul lavoro altrui, anche di fatto.

Per altro, recentemente con la S.C. di Cassazione, Sez. IV pen. con la sentenza del 3 maggio 2021, n. 16690 ha espresso ulteriori indirizzi su tale figura di particolare rilievo che spingono anche alcune brevi considerazioni sulla delicata questione del preposto inidoneo.


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Il caso

La vicenda affrontata questa volta dai Giudici di legittimità riguarda un grave incidente che costava la vita a un operaio, distaccato presso la ditta F.V. durante i lavori di ammodernamento della linea ferroviaria Marconia-Montegiordano, presso la stazione ferroviaria di Ricco Imperiale.

In sintesi, a quanto si apprende l’operaio mentre era impegnato in lavori di manutenzione ordinaria (nella specie, lavori di pulitura) della parte anteriore della macchina rincalzatrice - parcata sul c.d. binario morto per il ricovero dei mezzi meccanici - veniva travolto improvvisamente dalla macchina stessa che subiva uno spostamento; le indagini hanno permesso di accertare che la macchina rincalzatrice aveva subito un improvviso spostamento in avanti a causa del colpo ricevuto dalla macchina profilatrice - condotta da un altro operaio - che, dopo aver urtato contro la rincalzatrice, priva questa sia del freno di stazionamento sia delle staffe di bloccaggio, ne causava il movimento in avanti con conseguente travolgimento dell’operaio che rimaneva schiacciato tragicamente contro la barriera paracolpi.

Sia il Tribunale di Castrovillari che la Corte di Appello di Catanzaro ritenevano responsabile il preposto G.A., oltre che il conduttore del macchinario, per il reato di omicidio colposo di cui agli artt. 113, 589 comma 1,2, 3 cod. pen. per avere, per colpa generica nonché per inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle disposizioni del POS vigente in azienda cagionato, il decesso del lavoratore.

Come si legge nella sentenza “Nello specifico: G.A., in qualità di preposto e, al momento dell'incidente, di direttore di cantiere, aveva ordinato a S.C., stante l'assenza del conducente/manovratore della macchina saldatrice, di spostare la citata macchina saldatrice, per condurla sul binario morto trainandola con la macchina profilatrice, onde consentire il passaggio di altro convoglio, pur sapendo che, sul medesimo binario, erano in corso operazioni di manutenzione ordinaria sulla macchina rincalzatrice da parte di P.C. e P.F., omettendo di coordinare le citate operazioni, di sovrintendere e vigilare sulle predette operazioni nonché sull'osservanza da parte dei dipendenti delle norme del POS e di quelle in materia di sicurezza sul lavoro”.

Il preposto ha presentato, quindi, ricorso per cassazione, censurando l’operato dei Giudici di merito sotto vari profili; in particolare, lo stesso ha lamentato principalmente la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 40, 41, 589 cod. pen., 533 cod. proc. pen., e 27 Cost.

A suo avviso, l'infortunio non è riconducibile a delle carenze organizzative ma ad uno sviluppo estemporaneo di uno specifico lavoro; pertanto, nessun rimprovero può essere mosso allo stesso.

 

Organizzazione del lavoro e mancato coordinamento delle lavorazioni

Tuttavia, i Giudici di legittimità nell’annullare la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al trattamento sanzionatorio, hanno rigettato il ricorso – e quello del conduttore – e confermato nel resto la decisione assunta dai Giudici di merito circa la responsabilità del ricorrente.

In particolare, ad avviso della S.C. di Cassazione nel caso di specie “......risulta che alla qualifica formale del G.A. corrispondesse una concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro, atteso che egli, nell'esercizio della sua funzione di direttore dei lavori, ha impartito direttive agli operai (sia alla vittima che al S.C., il quale lo ricorda nel suo ricorso) in modo incongruo perché non ha verificato che il binario di destinazione del traino della macchina saldatrice fosse sgombero da altri mezzi, con ciò violando l'obbligo, su di lui gravante, di coordinare le due squadre di operai impegnate in diverse e contemporanee lavorazioni sullo stesso binario”.

 


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Difetto nell’ordine dei lavori da eseguire e gestione del rischio

Al momento dell’incidente, quindi, il G.A. svolgeva concretamente compiti direttivi operativi ma, al di là di possibili osservazioni sulla distinzione tra preposto e dirigente, il dato fondamentale è che aveva impartito ai lavoratori una serie di ordini, di disposizioni lavorative, omettendo, però, di coordinare le operazioni, di sovrintendere e vigilare sulle stesse, nonché sull'osservanza da parte dei dipendenti delle norme del POS e di quelle in materia di sicurezza sul lavoro.

Si può parlare, quindi, di un difetto nell’ordine dato dal G.A. sul piano prevenzionale e, in quanto gestore del rischio (cfr. Cassazione, Sez. IV pen. del 15 febbraio 2021, n. 5796), doveva accertarsi preventivamente della sussistenza delle condizioni di sicurezza e coordinare le attività dei lavoratori; si tratta di una linea comune che, in termini generali, accomuna il preposto con il dirigente, fermo restando i due differenti ruoli disegnati dal D.Lgs. 81/2008 che, comunque, fanno parte della stessa catena di comando e di controllo.

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In conclusione

La sentenza della S.C. di Cassazione n. 16690/2021, spinge anche a un’ulteriore considerazione conclusiva; nei teatri lavorativi il datore di lavoro rimane pur sempre l’attore principale della sicurezza, a fronte del suo obbligo (indelegabile) di valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro e di redazione del relativo DVR (cfr. artt.17, 28 e 29, D.Lgs. 81/2008) ma, indubbiamente, quello del preposto non è certamente un ruolo solo di comparsa, che può svolgere passivamente le funzioni ad esso attribuite dall’art. 19 del D.Lgs. 81/2008.

Per tale ragione qualora la condotta omissiva del preposto è tale da mettere gravemente in pericolo la salute e la sicurezza dei lavoratori il datore di lavoro non può e non deve rimanere inerte ma, al contrario, deve attivarsi anche attraverso l’applicazione di sanzioni disciplinari, nel rispetto di quanto prevedono l’art. 2106 cod. civ., l’art. 7 della legge 300/1970 e la contrattazione collettiva, fino ad arrivare al licenziamento nei casi più gravi qualora il preposto si dimostri inidoneo per lo svolgimento dei compiti assegnati.

Emblematico appare, sotto tale profilo, il caso affrontato dalla S.C. di Cassazione, sezione Lavoro, 22 marzo 2017, n. 7338, che qui merita di essere brevemente ricordato; la vicenda risale al 2011 quando il responsabile della produzione veniva licenziato per motivi disciplinari dal datore di lavoro, per avere impiegato per un periodo di un mese e mezzo tre dipendenti dell’azienda addetti alla macchina robot dell’isola di saldatura al di fuori delle procedure di sicurezza, per altro fornendo indicazioni su come eluderle.

La S.C. di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare del preposto in quanto indicando ai suoi sottoposti gerarchicamente come eseguire la prestazione lavorativa eludendo le procedure di sicurezza li aveva esposti, così, a notevoli rischi d’infortunio; tale condotta, infatti, secondo i Giudici presenta i caratteri dell’eccezionale gravità in quanto il responsabile di produzione nella qualità di preposto per la sicurezza è venuto meno al suo specifico obbligo di vigilanza operativa; sul piano oggettivo e soggettivo, pertanto, siffatta condotta è idonea a ledere il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

 

La massima

Cassazione penale, Sez. IV, sent. 3 maggio 2021, n, 16690
Infortuni sul lavoro – Omicidio colposo – Dovere di vigilanza operativa sulle lavorazioni – Piano Operativo di Sicurezza – Omesso coordinamento e vigilanza – Responsabilità del preposto – Valutazione – Sussiste.

Risponde del reato di omicidio colposo (art. 589, cod. pen.) il preposto che, senza aver preventivamente verificato le condizioni di sicurezza, ha omesso di coordinare le attività dei lavoratori, di sovrintendere e vigilare sulle operazioni, nonché sull'osservanza da parte dei dipendenti delle norme del POS e di quelle in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.


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A cura di Mario Gallo

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