Predimensionamento delle strutture in cemento armato: elementi primari e secondari
Sull’argomento del Predimensionamento delle strutture in cemento armato LOGICAL SOFT ha dedicato un interessante FOCUS di Approfondimento e un VIDEO
che descrive le principali tipologie strutturali con l'obiettivo di identificare, già in fase di predimensionamento, gli elementi primari e secondari nella risposta alla sollecitazione sismica.
In termini pratici, per stabilire in quale di queste categorie ricada la struttura in progetto è possibile condurre uno studio delle rigidezze flessionali degli elementi verticali presenti: setti e pilastri.
La rigidezza flessionale di un elemento verticale può essere condotta secondo due modelli statici distinti.

La rigidezza flessionale complessiva a livello di impalcato è valutata come somma delle rigidezze flessionali in ciascuna direzione di riferimento e secondo i due diversi modelli di calcolo.
Se dunque la rigidezza flessionale totale dei setti o dei pilastri al primo impalcato supera il 65%, ne consegue che anche la resistenza a taglio alla base risulterà tale e la struttura può essere definita a parete o telaio rispettivamente. Diversamente, si configura una struttura mista telaio/pareti.
Vediamo nel seguito due esempi di come uno stesso edificio possa essere progettato con soluzioni differenti che conducono a strutture di tipologia diversa caratterizzate da un comportamento sismico ultimo diverso.
Nelle immagini si riporta la rappresentazione tridimensionale dei due modelli, realizzata con il Modulo CEMENTO ARMATO di TRAVILOG TITANIUM 4.


Si osservi che per l'edificio di esempio B, i pilastri collaborano alla resistenza sismica per meno del 5% su tutti gli impalcati. Facendo riferimento al paragrafo 7.2.3 delle NTC 2008, tali pilastri possono essere considerati "secondari". Ci concentriamo allora nel seguito su come questi elementi si comportino sismicamente e come possano essere modellati ed analizzati.
In nessun caso la scelta degli elementi da considerare secondari può determinare il passaggio da struttura "irregolare" a struttura "regolare", né il contributo alla rigidezza totale sotto azioni orizzontali degli elementi secondari può superare il 15% della analoga rigidezza degli elementi principali.
Se consideriamo i risultati dell'analisi di rigidezza per l'edificio di esempio B, possiamo ritenere i pilastri elementi secondari in quanto ad essi viene attribuito un contributo alla rigidezza totale inferiore al 15%.
Come possiamo dunque procedere alla modellazione di pilastri come "secondari" per una struttura a pareti come quella dell'esempio B?
Poiché essi sono chiamati a resistere ai soli carichi verticali, dovranno essere svincolati in modo tale da non reagire alla sollecitazione sismica orizzontale. Possiamo ipotizzare di svincolare le aste al piede ed in testa rispetto ai momenti in y e z (considerando l'asse x lungo lo sviluppo longitudinale del pilastro e gli assi y e z perpendicolari a formare la terna destrorsa).
Si attribuisce inoltre agli elementi secondari una rigidezza ridotta del 50% per simularne un comportamento fessurato. Si ipotizza infatti che tali elementi raggiungeranno il momento di fessurazione in condizioni di esercizio e la rottura allo stato limite ultimo per sollecitazioni molto inferiori rispetto agli elementi primari.
Nella seguente immagine riportiamo lo stesso modello dell' Immagine 2 (edificio di esempio B) con le modifiche esposte per gli elementi secondari.

La normativa fornisce le linee guida per determinare il valore massimo del fattore di struttura, ovvero la duttilità potenziale limite che una struttura può esprimere sotto azione sismica.
Il valore del fattore di struttura q da utilizzare per ciascuna direzione della azione sismica può essere calcolato come:
q = q0 × KR
dove:
KR: è un fattore riduttivo che dipende dalla regolarità in altezza della costruzione;
q0:è il valore massimo del fattore di struttura; esso dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia strutturale e dal rapporto au/a1 tra il valore dell'azione sismica per il quale si verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione.
Il fattore di struttura q0 può essere determinato in modo semplificato, per strutture in calcestruzzo armato, mediante i valori riportati in tabella 7.4.I delle NTC2008 al variare della classe di duttilità e della tipologia di struttura.
Per l'edificio di esempio B che stiamo trattando il fattore di struttura q massimo può essere determinato con le seguenti scelte:
- Classe di duttilità: CDB
- Struttura regolare in altezza: KR = 1
- Struttura a pareti accoppiate: q0= 3×αu/α1×kw
- Edifici a pareti accoppiate: αu/α1 = 1,2
- Strutture a pareti: kw= (1 + α0) / 3 = (1 + 1,5) / 3 = 0,83
Si noti che il fattore di struttura calcolato tramite tabelle normative è un valore "massimo" e pertanto quello impostato dal progettista dovrebbe essere scelto in modo da interpretare correttamente la capacità duttile della struttura.
Come è possibile determinarne allora il valore corretto?
Un'utile indicazione può essere fornita analizzando le sollecitazioni massime registrate allo stato limite ultimo (SLU) ed allo stato limite di danno (SLD) a seguito di un calcolo sismico con il fattore di struttura massimo.
Nel caso in cui le sollecitazioni determinate allo SLD siano superiori a quelle allo SLV, ci si troverebbe nell'anomala situazione di richiedere alla struttura una resistenza sismica superiore in condizioni di esercizio piuttosto che ultime. E' dunque opportuno provvedere alla diminuzione del fattore di struttura fino a livello coerenti di sollecitazione.
Per l'esempio trattato (edificio di Esempio B), le sollecitazioni massime allo SLV sono leggermente inferiori rispetto a quelle ottenute allo SLD e conviene dunque diminuire il fattore di struttura impostato.
E' quindi importante verificare che considerando alcuni elementi come secondari il comportamento sismico non subisca modifiche evidenti. Utile strumento può essere l'analisi dei cinematismi di ciascun modo di vibrare con particolare attenzione ai modi di vibrare principali. Nell'esempio trattato ci troviamo proprio in questo caso e quindi possiamo confermare la bontà della modellazione eseguita.

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