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Portico in cemento, scala esterna e balcone non sono pertinenze dell'edificio ma ristrutturazione edilizia

Il riconoscimento del carattere pertinenziale dell'opera a fini urbanistici prescinde da valutazioni di tipo soggettivo, ovvero dal tipo di destinazione che il proprietario ha inteso imprimere nel caso concreto al manufatto di servizio, e presuppone ulteriormente che il manufatto sia di ridotte dimensioni rispetto al fabbricato principale.

Che tipo di opera edilizia può essere definita come pertinenza? E che differenza c'è tra la pertinenza e la ristrutturazione edilizia?

 

Portico, scala esterna, balconi, locale wc senza titolo edilizio

Siccome spesso ci si imbatte in questo 'dubbio', può essere utile ribadire i concetti di legge attraverso la sentenza 10197/2023 del 28 novembre del Consiglio di Stato, relativa al ricorso contro un'ordinanza di demolizione per la realizzazione, senza titolo edilizio, di queste opere:

  1. ampliamento del piano terra, mediante la realizzazione di due vani in muratura per una superficie pari a circa a mq. 17,60;
  2. realizzazione del piano interrato ubicato al di sotto del corpo di fabbrica descritto al punto precedente di dimensioni pari a circa mt. 4,29 x 3,26 x h 2,23;
  3. realizzazione di un portico in cemento armato al piano terra in aderenza al prospetto principale del fabbricato delle dimensioni di circa mt. 4,85 x 3,80 x h 3,23;
  4. realizzazione di una scala esterna in muratura (a forma di elle) per l'accesso al balcone del piano primo;
  5. realizzazione di un locale tecnico, ubicato al di sotto della già descritta scala in muratura, di dimensioni pari a circa mt. 2,52 x 1,12 x h. 2,50;
  6. realizzazione di un balcone al piano primo situato sul lato dell'edificio prospiciente la linea R.F.I. Roma — Albano delle dimensioni di circa mt. 4,30 x 1,25;
  7. realizzazione di un ulteriore balcone al primo piano delle dimensioni di circa a 65,30 mq con solaio di calpestio in cemento armato costituente copertura di sottostanti opere abusive (v. nn. 3 e 9)
  8. ristrutturazione del piano terra e del primo mediante la demolizione di alcuni tramezzi interni;
  9. realizzazione di un locale w.c. al piano terra, all'interno del locale destinato ad autorimessa, di dimensioni pari a mt. 2,47 x 1,08 x h 2,90 (locale autorimessa alterato sino a determinarne un’altezza media pari a mt. 3,05 a fronte di un’altezza media da progetto pari a mt. 2,60);
  10. realizzazione di un corpo accessorio ubicato nella corte esterna, chiuso su un lato con parete di blocchi di tufo, che presenta n. 3 pilastri con sovrastante copertura a tetto a falda unica con tegole di dimensioni pari a circa a mt. 7,32 x 3,95 x h media 2,40;
  11. esecuzione di lavori di movimentazione terra realizzati nell'area antistante il corpo accessorio descritto al punto precedente, su un'area di circa mq.120.

 

La nozione di pertinenza

Il ricorso si fonda sull'inquadramento delle opere di cui sopra alla voce 'pertinenza'.

Ma Palazzo Spada smonta tutto in un amen, evidenziando che circa la specifica questione il Collegio non ha motivo di discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale «la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica.

Il riconoscimento del carattere pertinenziale dell'opera a fini urbanistici (nozione diversa da quella civilistica) prescinde da valutazioni di tipo soggettivo, ovvero dal tipo di destinazione che il proprietario ha inteso imprimere nel caso concreto al manufatto di servizio, e presuppone ulteriormente che il manufatto sia di ridotte dimensioni rispetto al fabbricato principale (fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 15 settembre 2022, n. 7993).

E' quindi evidente l’inconciliabilità delle descritte caratteristiche con le opere realizzate che, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, determinano «sensibili alterazioni in termini di volume, superfici e sagoma» dell'edificio principale.

 

Qui siamo in presenza di una ristrutturazione edilizia

L'intervento in questione, chiude il Consiglio di Stato, appartiene alla tipologia della «ristrutturazione edilizia», nei termini di cui all'art. 3, comma 1, lett. d) del dpr 380/2001, che la riconosce negli «interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente» che, ai sensi del successivo art. 10, comma 1, lett. c) rientra fra gli «interventi subordinati a permesso di costruire».


LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

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