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Pompe di calore su impianti a radiatori: quali verifiche per valutarne la fattibilità?

La tecnologia della pompa di calore viene impiegata sempre più frequentemente negli edifici residenziali. Come si è giunti a tale situazione? E quali sono le verifiche necessarie a verificarne la fattibilità dell’impianto e il suo dimensionamento? Ecco le indicazioni tecniche dell’esperto.

La tecnologia della pompa di calore viene impiegata sempre più frequentemente negli edifici residenziali. Se fino a qualche anno fa era quasi unicamente destinata ad edifici di nuova costruzione particolarmente performanti sotto il punto di vista energetico, ora vede una sua applicazione anche in edifici esistenti, più o meno isolati, dotati di impianti di climatizzazione tradizionalmente considerati ad “alta temperatura” come i radiatori. Come si è giunti a tale situazione?

Diffusione della pompa di calore, tra Superbonus e transizione energetica

Sicuramente il Superbonus 110% ha favorito l’utilizzo della pompa di calore su edifici esistenti. La sua efficienza, in termini di energia primaria non rinnovabile e l’eventuale compensazione con energia elettrica da fonte rinnovabile proveniente da un impianto fotovoltaico, sono in grado di migliorare in maniera importante la classe energetica dell’edificio. Chiaramente, con l’utilizzo di tali tecnologie il doppio salto di classe energetica, risulta abbastanza semplice da conseguire.

Nel corso del 2022 è inoltre emersa una significativa criticità legata alla dipendenza dal gas metano, velocizzando ulteriormente la transizione energetica verso l’utilizzo di energia elettrica.

Se nel campo automotive la soluzione è rappresentata dall’auto elettrica, negli impianti di climatizzazione lo è la pompa di calore.

La difficoltà a cui si va incontro è quella di capire, caso per caso, dove sia possibile lavorare in pompa di calore e di scegliere la taglia corretta della stessa anche in funzione di quello che sarà l’utilizzo dell’impianto da parte del committente.

Chiariamo quindi fin da subito che progettare in pompa di calore non è purtroppo “semplice” come siamo stati a abituati fare con le caldaie.

Valutare l’utilizzo della pompa di calore caso per caso: quali verifiche?

Analizziamo quali sono le verifiche da compiere per valutare la possibilità di alimentare un impianto a radiatori di un edificio esistente con una pompa di calore.

È opportuno precisare che, ancor prima di metter mano al sistema di generazione, sarebbe necessario, ove e quando possibile, provvedere all’isolamento delle strutture disperdenti al fine di ridurre la domanda energetica del fabbricato. Tale intervento, consente infatti di scegliere una pompa di calore di taglia più piccola che lavorerà in un contesto di maggiore efficienza.

Da non sottovalutare poi l’aspetto della termoregolazione come l’utilizzo di una sonda climatica esterna e l’installazione di termostati in grado di regolare la temperatura interna degli ambienti climatizzati.

La prima verifica riguarda la disponibilità di spazi idonei al posizionamento della pompa di calore. L’unità esterna, in quanto tale, necessita di un apposito spazio esterno in cui essere posizionata senza creare disturbi a livello di emissioni sonore. Spesso poi necessita anche di spazi interni per alloggiare un eventuale unità interna che può comprendere anche un accumulo di discrete dimensioni dedicato alla produzione di acqua calda sanitaria. I produttori sono in grado di fornire in questo senso svariate tipologie di prodotti, più o meno integrate, per adattarsi anche a contesti esistenti dotati di spazi limitati. In questo senso, è quindi di fondamentale importanza conoscere in maniera appropriata ciò che offre un mercato delle pompe di calore in continua evoluzione.

La seconda verifica riguarda la possibilità di alimentare l’impianto a radiatori con temperature di mandata compatibili con il funzionamento di una pompa di calore.

La pompa di calore non è generalmente in grado di lavorare con elevate temperature di mandata. Nel caso in cui fosse possibile, funzionerebbe comunque con delle efficienze non propriamente ottimali.

Occorre pertanto verificare che l’impianto a radiatori esistente riesca a garantire le condizioni di comfort anche se alimentato ad una temperatura di mandata inferiore ai 55°C o ancor meglio 50°C.

Per valutare tale possibilità si può procedere in due maniere differenti:

  • Stress test dell’impianto: consiste nell’impostare una temperatura di mandata massima sulla caldaia pari a 50°/55°C e verificare se nelle giornate più rigide l’impianto consente di raggiungere le condizioni di comfort. Se ciò accade, l’impianto a radiatori sarà in grado di garantire tali condizioni anche se alimentato da una pompa di calore.
  • Rilievo della potenza e simulazione energetica: nel caso in cui non sia possibile eseguire uno stress test dell’impianto i software di calcolo dedicati alla simulazione energetica consentono di ottenere numerose ed importanti informazioni. Simulando al loro interno il sistema edificio impianto ed inserendo la reale potenza dei radiatori è possibile capire se la loro temperatura di mandata calcolata potrà essere compatibile con l’utilizzo di una pompa di calore.

Impianti a radiatori e pompa di calore: tutti gli accorgimenti

Solitamente gli impianti a radiatori installati in edifici esistenti vengono condotti con regimi di funzionamento che prevedono attenuazioni o spegnimenti. Questo anche per via di quanto previsto dall’art. 4 comma 2 del DPR n. 74/2013 dedicato ai limiti di esercizio degli impianti termici per la climatizzazione invernale. Ad esempio, per la zona climatica E è previsto un funzionamento limitato a 14 ore giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile.

Ciò che però spesso viene ignorato è che al successivo punto 6 vengono elencate una serie di casistiche, afferenti sia ad impianti centralizzati che ad impianti autonomi, in cui è possibile andare in deroga alla durata di attivazione giornaliera dell’impianto. In queste casistiche è pertanto possibile prevedere un funzionamento in continuo dell’impianto (ad esempio 20°C interni regolati 24h/24h) .

Passare ad un funzionamento in continuo dell’impianto termico consente di far lavorare i radiatori a temperature inferiori a tutto vantaggio del funzionamento in pompa di calore.

A parità di energia (kWh) richiesta dall’involucro per garantire le sue condizioni di comfort, se si aumentano le ore di funzionamento dell’impianto si riduce la potenza (kW) che l’impianto dovrà fornire.

La potenza di un radiatore dipende dalla sua temperatura media la quale è pari alla differenza fra temperatura di mandata e temperatura di ritorno. Riducendo la temperatura media si ridurrà anche la temperatura di mandata.

Fig. 1 – Temperatura di mandata, media e di ritorno, in funzione della temperatura esterna, per un impianto a radiatori funzionante per 14 ore al giorno.

Da notare come al di sotto dei 5°C esterni venga richiesta una temperatura media di mandata superiore ai 50°C. Calcolo eseguito con il software EC700 - Calcolo prestazioni energetiche degli edifici di Edilclima.

Fig. 2 – Temperatura di mandata, media e di ritorno in funzione della temperatura esterna per un impianto a radiatori funzionante in continuo.

Da notare come la temperatura media di mandata rimanga ben al di sotto dei 50°C anche con temperature esterne inferiori ai 5°C. Calcolo eseguito con il software EC700 - Calcolo prestazioni energetiche degli edifici di Edilclima.

Altra cosa da non sottovalutare è la “disponibilità” dei committenti ad un utilizzo in continuo dell’impianto dopo anni trascorsi con differenti abitudini. Occorre spiegare loro i vantaggi che comporta, e che se i radiatori non sembrano più “caldi” come in precedenza non significa che l’impianto non sia in grado di riscaldare a sufficienza gli ambienti; lo si sta solamente facendo in maniera più efficiente.

Se anche aumentando le ore di funzionamento dell’impianto le temperature di mandata rimangono troppo elevate non sarà di fatto consigliabile procedere con la pompa di calore. Occorre realizzare ulteriori interventi in grado di ridurre le temperature di mandata.

La soluzione più semplice è quella di sostituire i radiatori esistenti con nuovi corpi scaldanti di maggiore dimensione e quindi più potenti.

Più impegnativa, ma anche più efficace, è la realizzazione di interventi dedicati all’isolamento dell’involucro disperdente. In questo caso non solo calerà la temperatura di mandata ma anche la domanda energetica dell’edificio.

Una volta verificato che l’impianto può lavorare in maniera confortevole, si procede con la scelta della taglia della pompa di calore. Il suo dimensionamento richiede particolare attenzione in quanto non deve essere troppo cautelativo. Occorre che sia corretto e quindi finalizzato a individuare la taglia giusta in funzione dell’involucro, della tipologia di impianto, e delle abitudini dei committenti circa l’utilizzo dell’edificio.

La pompa di calore presenta infatti un costo particolarmente sensibile in rapporto alla sua potenza. Scegliere una macchina sovradimensionata comporterebbe quindi costi sensibilmente maggiori senza che ve ne sia una reale necessità.

Inoltre, la modulazione di potenza (in caso di pompe di calore modulanti) non è comunque in grado di spingersi a fattori di carico particolarmente bassi. Il rischio sarebbe pertanto quello di lavorare per un elevato numero di ore stagionali in on/off con conseguente perdita di efficienza e usura dei suoi componenti meccanici.

Il progettista, dopo aver quindi verificato la possibilità di lavorare in pompa di calore, dovrà eseguire accurate simulazioni di calcolo per la scelta della giusta taglia della macchina. Tali valutazioni vanno svolte con appositi software, come EC700 - Calcolo prestazioni energetiche degli edifici di Edilclima, il quale grazie a calcoli raffinati come la firma energetica ed il calcolo dinamico orario, è in grado di guidare il progettista verso le migliori soluzioni percorribili.

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