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Infrastrutture per l’emergenza: Plug in the park, il prototipo di parco attrezzato replicabile

I disastri, naturali o causati dall’uomo, catalizzano il processo di abbandono dei centri minori e dei piccoli borghi che caratterizzano il paesaggio italiano. Il tentativo di difendere questi luoghi, oggetto del seguente studio svolto presso l’Università di Firenze, è basato su un dualismo di intenti: innescare un processo di valorizzazione del territorio su diverse scale e proporre un modello di infrastruttura replicabile capace di far fronte ad un’eventuale emergenza.

Il concetto di gestione del rischio: il ruolo della vulnerabilità

La letteratura scientifica si è occupata ampiamente di analizzare il concetto di analisi e gestione integrata del rischio per comprendere come ridurlo al minimo e ottenere un quadro chiaro delle azioni, anche preventive, che possano essere messe in atto.

Il concetto fondamentale di rischio è traducibile nell’equazione:

R = P x V x E

dove
P = Pericolosità
, cioè la probabilità che un fenomeno di determinata intensità si verifichi in un certo intervallo di tempo e in una data area;
V = Vulnerabilità di un elemento
(persone, edifici, infrastrutture, attività economiche), ossia la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità;
E = Esposizione
, cioè il numero di unità, o “valore”, di ognuno degli elementi a rischio, come vite umane o case, presenti in una data area.

Nella gestione del rischio è proprio il fattore della vulnerabilità a ricoprire il ruolo più importante. Il riconoscimento della sua rilevanza ha aperto la ricerca ad un approccio completamente diverso alla materia della gestione del rischio, dal momento che ci è resi conto che l’uomo è capace di gestire la sua vulnerabilità, ma ha poco controllo sui pericoli della natura.

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La risposta emergenziale in Italia

Il processo emergenziale si articola in diverse fasi, che vanno dalle azioni preventive di riduzione del rischio al soccorso nei primi momenti di emergenza, fino all’aiuto per gli sfollati sul lungo periodo.

Gli attori principali che entrano in gioco durante queste fasi sono la Protezione Civile, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni che collaborano tra loro su più livelli in tre tipologie di azioni:

  • azioni preventive;
  • azioni per la prima emergenza;
  • azioni sul lungo periodo.

In questo processo assume molta importanza la scelta dei luoghi destinati alle varie funzioni di assistenza, soccorso e ricovero alla popolazione, specialmente nei casi in cui un disastro renda inutilizzabili i luoghi dove si svolgono solitamente queste funzioni.

La Protezione Civile individua le aree destinate alle varie funzioni durante l’emergenza:

  • Aree di attesa (o meeting point)
    Trattasi di quei punti di raccolta della popolazione ove le persone possono essere tempestivamente assistite e informate al verificarsi di un evento calamitoso. La popolazione, già in tempi di normalità, dovrà conoscere la disposizione di tali aree e la viabilità da percorrere per raggiungerle.
  • Aree di accoglienza (coperte o scoperte)
    Trattasi delle aree da destinare a tendopoli, roulottopoli o ad insediamenti abitativi di emergenza (containers) in grado di assicurare un ricovero di media e lunga durata per coloro che hanno dovuto abbandonare la propria abitazione.
  • Aree di ammassamento
    Trattasi delle aree ricettive nelle quali fare affluire i materiali, i mezzi e gli uomini che intervengono nelle operazioni di soccorso.

Solitamente le aree vengono preparate per ospitare queste funzioni solo dopo il disastro e ciò determina l’allungamento delle tempistiche per il loro utilizzo.

Nei comuni più piccoli, nonostante esista un piano di emergenza comunale che individua queste aree, questo non è consultabile o pubblicizzato. La popolazione, quindi, non sa come comportarsi in caso di emergenza e quali siano le aree sicure in cui rifugiarsi e in cui dovrà trasferirsi qualora la propria abitazione sia inagibile.

Guardando indietro ai casi degli anni passati si nota la mancanza di un approccio univoco. Procedure e soluzioni sono sempre diverse per ogni emergenza, ma si possono individuare delle fasi ricorrenti nella risposta emergenziale, come si illustrerà di seguito.

Le principali problematiche delle Aree Interne

Le cosiddette Aree interne accolgono circa un quarto della popolazione italiana, in una porzione di territorio che supera il sessanta per cento di quello totale.

Una parte rilevante delle Aree interne ha subito gradualmente, dal secondo dopoguerra, un processo di marginalizzazione segnato da un progressivo calo della popolazione, riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio, scarsità di servizi pubblici e privati, con costi sociali per l’intera nazione, ripetuti dissesti idrogeologici e aumento del degrado legato al patrimonio culturale e paesaggistico.

Per queste stesse ragioni oggi si sta cercando una strategia che si ponga come obiettivo non solo l’inversione del trend demografico, sia in termini di numero di residenti, sia in termini di composizione per età e natalità, ma nuovi processi di rivitalizzazione intesi sia economici, sia lavorativi.

Come conseguenza del declino demografico che ha caratterizzato gran parte del loro territorio – in genere molto forte e in alcuni casi drammatico – si ha una situazione generalizzata di debolezza demografica strutturale, la quale è destinata quasi ovunque ad aggravarsi per inerzia. Su questo sfondo, si può affermare che l’obiettivo preliminare che la strategia di sviluppo persegue è il rafforzamento della struttura demografica dei sistemi locali delle Aree interne.

Plug in the park: il parco attrezzato per Ortona dei Marsi

In questo scenario si è scelto di analizzare, come oggetto del seguente studio, il paese di Ortona dei Marsi; un comune montano della provincia de L’Aquila alle pendici del monte Parasano che conta 189 residenti.

Negli ultimi anni il Comune  ha registrato un forte spopolamento che affonda le radici nel disastro del 1915, il grande terremoto che danneggiò pesantemente il borgo e fece circa 30.000 vittime in tutta l’area della Marsica. Il territorio comunale, infatti, si trova in area sismica 1, ovvero di sismicità alta, calcolata in base alla PGA (Peak Ground Acceleration, il picco di accelerazione del suolo).

Vista del borgo di Ortona dei Marsi.

Pianificazione emergenziale: il concetto di Plug In

Come per molti piccoli comuni situati sul territorio italiano delle Aree interne la pianificazione emergenziale si trova ad uno stato pressoché embrionale, nonostante siano proprio questi luoghi ad avere importanti problematiche legati al rischio sismico e idrogeologico.

La strategia alla base del progetto è basata sulla proposta di un modello di parco infrastrutturato, possibilmente replicabile in aree caratterizzate da condizioni simili, in cui si individuano gli elementi chiave da valorizzare e tutelare.

La presenza di un parco già infrastrutturato e predisposto per offrire riparo alla popolazione sfollata possiede vantaggi sia dal punto di vista economico che temporale.

Evitare la fase di ricerca di un’area adatta alle funzioni di protezione civile seguita da quella di un’eventuale espropriazione a soggetti privati e dei lavori di infrastrutturazione e sistemazione del terreno, infatti, permette un notevole risparmio di tempo e l’arrivo più celere della sistemazione degli sfollati in soluzioni abitative più confortevoli delle tende, come i container o le case prefabbricate.

Allo stesso tempo i soldi stanziati per l’emergenza non devono essere investiti nei lavori di sistemazione di queste aree di emergenza, ma possono essere destinati in maggior parte per la ricostruzione del centro colpito, così da velocizzare il ritorno della popolazione alle proprie abitazioni.

Tre concetti chiave:

  • Risparmio di denaro
  • Risparmio di tempo
  • Risparmio di risorse

La perdita della casa, aspetto tra i più gravi e visibili durante un disastro, costituisce non solo una privazione fisica, ma porta anche una lesione della dignità, identità e privacy. La distruzione di un’abitazione, di un quartiere, di una città può causare, infatti, un trauma psicologico, sconvolgere le strutture sociali e i comportamenti consueti, costituire una minaccia alla sicurezza e avere un importante impatto economico negativo.

Data la complessità della questione, non limitata al mero oggetto edilizio, la discussione deve incentrarsi non sulla ricostruzione delle singole case o rifugi, ma alla ricostruzione come processo, fatto di aspetti sociali, culturali ed economici. È per questo motivo che nel presente lavoro il progetto del processo assume la stessa rilevanza del progetto del singolo elemento architettonico.

Le fasi del processo

Parallelamente al progetto di un manufatto architettonico capace di fare fronte ad un’emergenza abitativa è stato necessario concentrarsi sul progetto del processo alla base della proposta.

Il processo è inteso come un ciclo che si chiuda su sé stesso una volta che la fase emergenziale sia terminata.

Questo ciclo si articola in 4 fasi, che partono da una fase 0, in cui l’area con funzioni emergenziali è destinata a parco attrezzato per la comunità e il turismo, che si trasforma nel momento in cui inizia l’emergenza. Le strutture già presenti nel parco quindi entrano in gioco, si trasformano e si arricchiscono di elementi via via che le fasi si susseguono.

Le fasi del processo per il parco attrezzato.

Le modifiche apportate per l’emergenza alle strutture del parco sfruttano la reversibilità della tecnologia utilizzata per dismettere le parti non più necessarie e riutilizzarle per altri scopi, oppure trovano altri usi per le nuove strutture come parte integrante del parco.

Attraverso questo processo si intende mantenere e tutelare il forte senso di comunità tipico delle piccole realtà dei borghi. Questo è possibile se, anche in caso di emergenza, si fa in modo che la popolazione possa restare nelle vicinanze del paese, mantenendo uniti i nuclei familiari e alloggiandoli in uno spazio raccolto che ricordi il più possibile la comunità del borgo.

La popolazione, inoltre, si trova ad essere accolta in uno spazio con cui ha già un rapporto consolidato attraverso la precedente fruizione del parco e delle sue strutture, elemento importante in una situazione tanto traumatica come può essere la perdita della propria casa.

Più precisamente le fasi si articolano nel modo seguente:

_Fase 1
Nella prima fase post-disastro la soluzione abitativa prevista per gli sfollati che non possono tornare nelle loro abitazioni è rappresentata dalle tende della Protezione Civile.

_Fase 1A
In questa fase intermedia, le tende sono sostituite dai container ad uso abitativo per garantire un maggiore comfort alla popolazione nel caso in cui i tempi di ricostruzione o di preparazione di alloggi semi-temporanei siano lunghi.

_Fase 2
In questa ultima fase dell'emergenza si deve far fronte ad un periodo di tempo più lungo rispetto alle altre fasi. Si rende necessario, infatti, l’uso di alloggi semi-temporanei quando il processo di ricostruzione richieda molto tempo e quindi che essi siano in grado di resistere anche per diversi anni.

_Fase 3
In questa ultima fase l'emergenza si è conclusa. Una volta che la popolazione può tornare alla propria abitazione nel borgo, si inizia lo smantellamento degli alloggi non più utilizzati e l'adattamento dei restanti per eventuali nuovi usi. Gli elementi delle strutture, essendo stati assemblati a secco, sono facilmente smontabili e reimpiegabili in altre costruzioni.

Il sistema del parco attrezzato

Il sistema che si vuole progettare è inteso come fruibile da diversi gruppi sociali (anziani, bambini, cittadini, turisti etc.) attraverso una rete di strutture polifunzionali che permettano una gestione sociale diffusa dello spazio verde.

L’infrastruttura si articola secondo la maglia strutturale di un modulo base di 3,7 m x 3,7 m. Su di essa di inseriscono i singoli elementi.

Il parco si articola su una serie di terrazzamenti che riprendono la struttura del borgo arroccato sulla collina dove le abitazioni sono poste su livelli diversi salendo di quota.

Vista del parco di progetto.

La viabilità

Il parco si sviluppa lungo il nuovo asse viario progettato come da piano regolatore per la città di Ortona che dalla strada provinciale scende verso il campo sportivo. Dall’asse principale partono due strade carrabili di viabilità interna che fungono da viali del parco. Ai lati di questi viali si organizzano le strutture e il verde attrezzato con i percorsi pedonali che si snodano lungo i terrazzamenti.

L’infrastruttura

L’infrastruttura, composta degli allacci alla rete elettrica, idrica e fognaria segue la viabilità principale lungo i viali del parco e si dirama inserendosi nella griglia generatrice delle strutture del parco. Le strutture, con il loro telaio cavo, ospitano le terminazioni delle tubazioni e dei cavi.

La griglia generatrice può costituire anche un punto di partenza per una possibile evoluzione del progetto dal punto di vista paesaggistico con una piantumazione degli alberi organizzata secondo lo stesso criterio.

I servizi

La modularità dell’infrastruttura consente una variabilità di aggregazioni che a sua volta le permette di adattarsi a molte funzioni e di ospitare un ampio numero di servizi.

Vi sono alcune strutture permanenti che ospitano i servizi principali del parco e dell’area di campeggio: uno spazio con cucine e tavoli, bagni pubblici, una lavanderia, uno spazio per laboratori e alcune strutture per l’allevamento di piccoli animali e come magazzini per i prodotti delle colture.

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ndr. L'articolo è stato redatto con il fine di presentare l'oggetto di studio della Tesi di Laurea seconda classificata alla sesta edizione del Premio Ilaria Rambaldi.

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