Pitture e vernici naturali per l’edilizia: cos’è importante sapere
Componenti e materie prime di origine naturale, garantiscono il rispetto dell’ambiente, della salute e forniscono altissime prestazioni.
Sostenibilità, etica e scelte per il futuro
Negli ultimi anni si sta sempre più prendendo coscienza delle alterazioni, spesso irreversibili, che le attività umane hanno portato e portano all’ambiente: oggi viviamo sulla nostra pelle i danni e i drammi derivanti da questa condotta scellerata.
Seppure la consapevolezza della necessità di un cambio di rotta stia crescendo, continua a prevalere una visione miope e autodistruttiva che vuole:
- da una parte la conservazione del modello economico attuale, lineare, che non si preoccupa della limitatezza delle materie prime e della produzione di scarti e inquinanti;
- dall’altra un modello circolare, molto più interessante a livello economico e di prosperità, che vede la necessità di una maggior sostenibilità ambientale, sociale ed economica, anche attraverso l’adozione di modelli di economica circolare.
Il modello lineare, quello che prevede l’impiego di energia e materie prime come se fossero inesauribili, è oggi considerato intoccabile, perché chi gode degli enormi profitti, generati dalle attività a forte impatto ambientale, non ha alcun interesse a cambiare lo stato delle cose.
D’altro canto, la politica, che dovrebbe salvaguardare la salute collettiva e quindi l’integrità dell’ambiente in cui viviamo, non ha la forza, la cultura e la capacità per opporsi agli appetiti di una classe imprenditoriale ceca e sorda rispetto ai drammi ambientali e sociali che il consumismo sfrenato ha generato.
La conseguenza è l’assenza del progetto per un modello di sviluppo sostenibile, la cui definizione non può essere demandata al mercato.
L’incontro tra la necessità dei consumatori di avere prodotti, tecnologie e servizi più rispettosi dell’ambiente e questa esasperata ricerca di massimizzazione degli utili, in una situazione caratterizzata da una deregolamentazione molto spinta, genera delle risposte che spesso sono solo apparentemente orientate al rispetto dell’ambiente; per descrivere questa condotta è stato coniato il termine greenwashing, cioè un ambientalismo di facciata che ha come finalità quella di continuare a fare ciò che si è sempre fatto, limitandosi a dare una pennellata di verde, tanto per salvare le apparenze.
Questa premessa serve a definire qual è lo scenario in cui i produttori di materiali a basso impatto ambientale si trovano ad operare, dove tutto è vero così come è vero il suo contrario: è esperienza quotidiana incontrare prodotti definiti eco o bio che nulla hanno a che vedere con il rispetto dell’ambiente.
Il ruolo dell’edilizia nella salvaguardia dell’ambiente
Una delle attività umane che maggiormente impatta sull’ambiente è l’edilizia: il consumo di suolo, la produzione dei materiali, la gestione dei fabbricati (riscaldamento, raffrescamento, illuminazione…) e, in ultimo, lo smaltimento successivo alla demolizione, determinano costi ambientali rilevanti.
Ecco che questa nuova attenzione tra i consumatori ha fatto crescere la domanda di edifici salubri, efficienti energeticamente e durevoli: ma come si può capire, in mancanza di riferimenti certi, se quello che viene offerto ai committenti è realmente rispettoso dell’ambiente e salubre per chi vivrà l’edificio?
Si possono definire due regole che possono supportare le scelte dei prodotti meno impattanti:
- la prima è forse la più semplice: per ogni prodotto sintetico, che richiede gran dispendio di energia in produzione, inquinante, di difficile smaltimento esiste un prodotto di origine totalmente naturale con prestazioni uguali o superiori;
- la seconda regola è che un prodotto, anche di origine naturale, più viene lavorato, trasformato, additivato ad altre sostanze di cui non conosciamo la provenienza e più lo si rende sconosciuto ai processi di degradazione naturali, quindi probabilmente inquinante.
Quindi l’obiettivo sarà: ricercare soluzioni naturali con formulazioni le più semplici possibili.
Le pitture naturali, i leganti utilizzati
Si può provare ad applicare queste due regole alle pitture, agli impregnanti, agli smalti per legno e matallo, all’antiruggine, ai trattamenti per cotto e parquet e ultimi, ma con un ruolo fondamentale rispetto all’inquinamento indoor e outdoor a causa dei grandi quantitativi utilizzati, i prodotti per la manutenzione e la detergenza.
La prima caratteristica che distingue le vernici naturali da quelle di origine petrolchimica, la si trova nei leganti; ma cosa sono i leganti e che ruolo hanno?
Queste sostanze servono, in fase applicativa, a:
- “legare” i componenti della pittura al supporto su cui essa viene applicata, come i coloranti, che donano l’aspetto estetico ricercato all’oggetto sui cui si è intervenuti e i filler, che riempiono – in maniera più o meno importante – la scabrezza superficiale del supporto oggetto di intervento;
- proteggere dagli agenti esterni il supporto – luce, acqua, olii, sporco di vario genere;
- conferire, quando occorre, una maggior durezza superficiale, resistenza all’usura e ai graffi.
Nelle pitture di origine sintetica i leganti sono normalmente resine petrolio-derivate (acriliche, poliuretaniche, epossidiche), mentre nelle pitture naturali si utilizzano oli siccativi (lino, tung ecc) o resine vegetali (resina di pino, carnauba ecc).
Le vernici all’acqua: sono prodotti naturali?
Il mercato ci propone una grande quantità di prodotti all’acqua che spesso vengono intesi come naturali; purtroppo però, nella maggior parte dei casi, l’unico componente naturale è solo… l’acqua.
Scorrendo la Tabella 1 ci si rende conto che le vernici all’acqua non sono considerabili un prodotto eco-sostenibile e che anche l’acqua presente nella formulazione risulta fortemente inquinata.
La differenza sostanziale tra le vernici a solvente e quelle all’acqua risiede nel fatto che il mezzo di dispersione (il componente che rende fluida e applicabile la vernice) non è più il solvente, ma l’acqua; di conseguenza le vernici all’acqua contengono una minore quantità di solventi: gli applicatori e l’ambiente ringraziano, ma non è ancora sufficiente; anzi, in taluni casi l’aver eliminato l’odore del solvente, ha tolto il campanello d’allarme rispetto a ciò che stavamo utilizzando, facendo abbassare la guardia rispetto alla pericolosità ambientale di questi formulati.
Ma esistono prodotti con buone prestazioni che non contemplano l’utilizzo di componenti petrolioderivati?
Certamente sì e ne possiamo vedere la descrizione dei componenti nella tabella che segue:
La prima grande differenza è la sostituzione della resina sintetica con l’olio vegetale, in questo caso l’olio di lino le cui caratteristiche sono:
- é prima facilmente reperibile;
- è di costo contenuto ed elastico;
- in grado proteggere il supporto dall’acqua e;
- mantiene pressoché inalterata la sua permeabilità al vapore.
Proseguendo il confronto tra la formulazione della pittura sintetica e quella naturale si evince come per ogni funzione, in alternativa al prodotto di sintesi, ne esista uno di origine naturale.
In particolare, i prodotti vernicianti naturali possono essere costituiti da materie prime di origine vegetale, come gli oli essiccanti ricavati dal lino, dal Tung (Aleurite Fondi) e le resine di colofonia ricavate dalla resina di pino, insieme a materiali coadiuvanti di origine minerale come terre naturali, ossidi di ferro (pigmenti), talco, celite e carbonato di calcio (filler) e, in porzione quantitativamente assai limitata, da materie prime di origine animale limitatamente alla cera d’api.
Prodotti naturali in edilizia: opportunità da non perdere
Vale ora la pena soffermarsi su un aspetto che emerge dalla lettura del grafico sotto riportato:
Quasi l’80% dei componenti utilizzati nella formulazione di prodotti vernicianti naturali è di origine vegetale: in un’epoca in cui si ipotizza la messa a dimora di miliardi di alberi per compensare l’eccesso di CO2 emessa nell’ultimo secolo, eleggere come fonte di approvvigionamento, per prodotti di larga diffusione e abbondante utilizzo, le piante è già di per sé rivoluzionario!
Infatti:
- la coltivazione di specie erbacee per l’estrazione degli oli, di cere o la produzione di isolanti, permetterebbe, attraverso le piante, di intrappolare grandi quantità di anidride carbonica in maniera quasi permanente. Infatti, la pianta attraverso la fotosintesi clorofilliana, trasforma la CO2 in zuccheri che a loro volta, attraverso l’attività cellulare, saranno trasformati in oli, fibre, essenze e quant’altro occorre per le attività umane. Vi è poi da considerare che nella maggior parte dei casi queste piante hanno molteplici utilizzi: il lino viene sfruttato per l’estrazione dell’olio dai semi, ma la parte aerea si può impiegare per produrre isolanti termici; così la canapa, che oltre ad un importantissimo utilizzo come fibra tessile, trova impiego per il confezionamento di ottimi pannelli coibenti. Quindi tutti impieghi di lunga durata che permetterebbero di costituire piccoli, ma numerosissimi serbatoi permanenti di CO2;
- banale, ma occorre sottolinearlo: più prodotti naturali si impiegano e meno si dovrà ricorrere all’uso del petrolio e, di conseguenza, meno si produrranno sostanze inquinanti, CO2 in testa;
- altro aspetto fondamentale: una vigorosa spinta a queste produzioni porterebbe delle ricadute positive anche a livello sociale: nuovi impieghi di manodopera, ritorno di popolazione nei borghi contadini, equa distribuzione della ricchezza e svincolo dalla dipendenza dalle grandi multinazionali della chimica del petrolio.
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