Piste ciclabili. Cosa cambia dopo la modifica al Codice della Strada
Il 14 dicembre 2024 sono entrate in vigore le modifiche apportate al Codice della strada con la Legge 177/2024. In questo contributo ci concentreremo sulle principali novità riguardanti la mobilità ciclistica.
Nuovo Codice della Strada: ci sono novità per le piste ciclabili?
Tali norme, per quando riguarda gli interventi già realizzati, non sono applicabili per il principio generale dell’ordinamento giuridico italiano che prevede che la legge disponga solo per il futuro, salva diversa previsione espressa, nel senso della retroattività, assente nella riforma del Codice, e lo stesso può affermarsi per gli interventi già approvati e/o appaltati.
In caso di nuovi interventi si applicano le nuove disposizioni che, di seguito, illustreremo.
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Quali norme per le piste ciclabili?
Va chiarito che la modifica del Codice della Strada non innova la norma principale che disciplina la realizzazione delle piste ciclabili propriamente dette. Infatti la realizzazione di queste ultime è normata dal Decreto Ministero Lavori Pubblici 30 novembre 1999, n. 557, che individua le caratteristiche di:
- a) piste ciclabili in sede propria;
- b) piste ciclabili su corsia riservata;
- c) percorsi promiscui pedonali e ciclabili;
- d) percorsi promiscui ciclabili e veicolari.
Il Codice non introduce elementi di rilievo rispetto a tali tipologie di infrastrutture, definite all’art. 3, comma 1, punto 39, “parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi”, che, quindi, rimangono assoggettate alle disposizioni del D.M. 557/1999.
Restano anche pienamente vigenti il comma 4-bis dell’art. 13, che prevede “Le strade di nuova costruzione classificate ai sensi delle lettere C, D, E ed F del comma 2 dell'articolo 2 devono avere, per l'intero sviluppo, una pista ciclabile adiacente purché realizzata in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza”, e il comma 2-bis dell’art. 14, che prevede “Gli enti proprietari delle strade provvedono altresì, in caso di manutenzione straordinaria della sede stradale, a realizzare percorsi ciclabili adiacenti purché realizzati in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza.”, entrambi introdotti dall’art. 10, comma 2, della legge n. 366 del 1998 e mai realmente applicati, anche per la mancata predisposizione, da parte degli enti locali, dei programmi pluriennali di sviluppo della mobilità ciclistica, previsti dall’art. 2 della Legge 28 giugno 1991, n. 208.
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Le modifiche alla normativa sulla ciclabilità
Chiarito che il Codice della Strada, come innovato dalla Legge 177 del 2024, non ha apportato modifiche alla normativa sulle piste ciclabili, esaminiamo quali sono le novità introdotte con l’art. 15 – Modifiche alla disciplina della ciclabilità – e cosa riguardano.
Sostanzialmente la novella legislativa modifica gli articoli già introdotti nel Codice dal Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con Legge 17 luglio 2020, n.77 e con Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120, che avevano introdotto una serie di novità tra le quali:
- la definizione di “casa avanzata” per l’arresto dei velocipedi in prossimità dei semafori;
- la previsione di una nuova tipologia di strada, la strada urbana ciclabile ove, in presenza di specifici requisiti costruttivi, è assicurata priorità alla circolazione dei velocipedi;
- la modifica della definizione di corsia ciclabile, al fine di definire meglio le modalità di impegno di tale corsia da parte di altri veicoli;
- la previsione, nei centri abitati, della nuova corsia ciclabile per doppio senso ciclabile;
- la possibilità per i velocipedi di circolare su strade o parti di esse riservate ai mezzi pubblici, purché queste abbiano una determinata conformazione;
- l'adeguamento di una serie di norme di comportamento, come quelle in tema di precedenza, sorpasso e incrocio malagevole.
Tali norme, oggetto anche di un allegato esplicativo (allegato B) del “Piano Generale della Mobilità Ciclistica urbana ed extra-urbana 2022-2024”, approvato dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni, erano stato oggetto di diverse polemiche da parte di chi vedeva, soprattutto nelle “corsie ciclabili”, un elemento di criticità per la sicurezza stradale, seppure avevano permesso, a diverse città, nell’immediatezza del post pandemia, di realizzare, con costi relativamente contenuti, percorsi ciclabili senza la rigidità delle norme che caratterizza la realizzazione delle piste ciclabili vere e proprie.
La modifica al Codice della Strada ha affrontato, quindi, la normativa introdotta nel 2020, apportando alcune modifiche e, in particolare:
- per quanto riguarda le “corsie ciclabili” è stato introdotto l’obbligo per il progettista, di verificare che non sia possibile adottare, al posto della corsia ciclabile, la fattispecie classica della pista ciclabile come definita dal DM 557/1999, ed è stato rimarcata la possibilità di un utilizzo promiscuo (velocipedi e mezzi motorizzati);
- anche per quanto riguarda le “corsie per doppio senso ciclabile” l’unica prescrizione immediatamente operativa della riforma del codice è l’obbligo per il progettista di verificare che non sia possibile adottare la fattispecie classica della pista ciclabile in sede propria in senso opposto a quello degli altri veicoli ai sensi del DM 557/1999 (ad esempio, per indisponibilità dello spazio necessario a installare i separatori longitudinali fisicamente invalicabili larghi almeno 0,50 metri prescritti dal DM stesso);
- vengono eliminate le “case avanzate” sostituite dalle “zone di attestamento ciclabile”, con la sola limitazione alle sole “strade con una corsia per senso di marcia”;
- per le “strade urbane ciclabili” viene eliminata dalla definizione della tipologia “E-bis”, introdotta dal DL 76/2020, i riferimenti alla necessaria presenza di banchine pavimentate e marciapiedi, e alla segnaletica orizzontale;
- vengono eliminate le “corsie bus+bici”, anch’esse introdotte dal DL 76/2020 che viene espressamente stralciata dalla riforma del codice, eliminando il comma i-ter dell’art 7 che prevedeva consentiva “...la circolazione dei velocipedi sulle strade di cui alla lettera i [riservate alla circolazione dei veicoli adibiti a servizi pubblici di trasporto], purché non siano presenti binari tramviari a raso ed a condizione che, salvo situazioni puntuali, il modulo delle strade non sia inferiore a 4,30 metri”.
Resta, in ogni caso, in vigore la differente e più ampia possibilità di “riservare corsie ...a determinate categorie di veicoli”, di cui all’art. 6, c. 4, lett. c) del codice, applicabile sulle strade urbane in virtù del combinato disposto con l’art. 7, c. 1, lett. a): le “categorie di veicoli” a cui riservare la circolazione in una corsia ben possono comprendere sia mezzi di trasporto pubblico, che biciclette e altre tipologie di veicoli. Questa facoltà esisteva prima della nuova disposizione introdotta dal DL 76/2020, è rimasta a seguito della sua entrata in vigore e resta anche a seguito dell’abrogazione della citata disposizione ad opera dell’attuale riforma del codice.
Questa fattispecie, peraltro, è espressione applicativa diretta del concetto generale di “corsia riservata”, definita come corsia “destinata alla circolazione esclusiva di una o solo di alcune categorie di veicoli” dall’art. 3, comma 1, n. 17 del codice.
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