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Piscina interrata e sanatoria: niente autorizzazione paesaggistica postuma senza il titolo abilitativo

Ai fini della tutela paesaggistica, è indifferente la circostanza che i volumi contestati siano fuori terra o interrati, poiché in entrambi i casi le opere non possono conseguire l’assenso paesaggistico se realizzate in assenza di preventivo titolo, con conseguente preclusione dell’autorizzazione paesaggistica postuma.

Si può 'sanare ex post', con un'autorizzazione paesaggistica postuma (cd. sanatoria paesaggistica), una piscina interrata per installare la quale non era stato richiesto un permesso di costruire? Cosa dicono in merito il Codice Urbani (d.lgs. 42/2004) e il Testo Unico Edilizia?

A queste domande risponde abbastanza puntualmente il Tar Napoli, che nella sentenza 7121/2022 si occupa del caso di una piscina in muratura con circostante zona pavimentata con piastrelle ad uso solarium e sottostanti locali tecnici.

L'abuso edilizio del contendere: inquadramento

Assieme ad altri manufatti edilizi, tra cui alcune tettoie, il contenzioso nasce dalla presentazione - dei ricorrenti - di un'istanza per il rilascio di un provvedimento di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 37 dpr 380/2001, previo accertamento di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 167 d. lgs. 42/2004.

La Soprintendenza, infatti, esprimeva parere di non compatibilità paesaggistica, contro il quale scattava il ricorso al TAR. Successivamente, l’amministrazione comunale ingiungeva la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.

La ricorrente sostiene che:

  • l’immobile era stato oggetto di un complessivo intervento di sistemazione degli spazi esterni, non comportanti realizzazione di superfici utili e volumi, in relazione al quale la proprietaria aveva inoltrato istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 37 del Testo Unico Edilizia, previo accertamento di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 167 d. lgs. n. 42/2004, il cui diniego è stato impugnato col ricorso avanti al TAR;
  • le contestate opere, complessivamente intese, rientrano nell’ambito degli interventi di carattere meramente manutentivo, tipici di attività edilizia liber, ai sensi del precedente art. 6 d.p.r. 380/2001, per i quali pertanto non occorre il preventivo rilascio del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 d.p.r. 380/2001;
  • gli stessi, a tutto concedere, sarebbero comunque realizzabili mediante SCIA, ai sensi dell’art. 22 comma 1, d.p.r. 380/2001, in quanto pienamente conformi agli strumenti urbanistici vigenti. L’immobile, infatti, ricade in zona “1B” del vigente P.U.T., ai sensi della Legge Reg. Campania n. 35/1987, avente specifica considerazione dei valori paesistico ambientali. Nell’ambito di tale zona, per i fabbricati esistenti a tutto il 1955, tra cui rientra quello di proprietà della ricorrente, sussiste la possibilità di effettuare interventi di restauro conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria e demolizione delle superfetazioni, secondo le norme tecniche di cui al titolo IV.

Quindi, la mancata considerazione della possibilità di realizzare tali interventi, mediante SCIA, previsti dalla normativa di zona disciplinata dal P.U.T. costituisce ulteriore difetto di motivazione del provvedimento, oltreché illegittima applicazione dell’art. 31.

Ancora: le medesime opere, sempre intese nel loro complesso, non potendo essere annoverate tra gli interventi di nuova costruzione o comunque soggetti al regime di cui agli artt. 10 e 31 d.p.r. 380/2001, andrebbero considerate tra quelli di ristrutturazione edilizia, con conseguente applicazione dell’art. 33 del Testo Unico Edilizia, in luogo dell’art. 31.

In particolare, la piscina interrata non avrebbe affatto determinato la creazione di un nuovo volume né di superficie né mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante. La stessa, inoltre, risulta essere pertinenza di attività turistico ricettiva extra-alberghiera.

Quando si possono sanare opere in zona vincolata senza autorizzazione paesaggistica?

L’impugnata ordinanza - prosegue il ricorso - non considera l’entrata in vigore del D.P.R. 31/2017 (autorizzazione paesaggistica semplificata), il cui Allegato A, richiamato dall’art. 2, ha specificamente escluso dall’obbligo del preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, talune categorie di interventi tra i quali sono compresi quelli oggetto di contestazione.

Ma non c'è niente da fare: il TAR Campania respinge su tutta la linea, partendo dalla questione relativa alla compatibilità paesaggistica che è stata già risolta, in senso sfavorevole per i ricorrenti, dalla sentenza 2157/2022, secondo la quale, in materia di vincoli paesaggistici, l’art. 167, comma 4, d.lgs. 42/2004 consente una limitata possibilità di sanare opere costruite senza titolo in zona vincolata con esclusivo riferimento ai seguenti casi:a) lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; c) lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.

L'abuso edilizio nel suo complesso e i singoli interventi

I giudici amministrativi argomentano, con riguardo al caso di specie, contraddistinto dalla realizzazione di una pluralità di manufatti, che nelle ipotesi di un complesso di opere abusive realizzate sulla medesima area o sul medesimo immobile, l’amministrazione è tenuta ad effettuare una valutazione complessiva e non atomistica dell'intervento edilizio, posto che il pregiudizio recato al regolare assetto del territorio – e con esso anche dei valori paesaggistici - deriva non dall’opera considerata singolarmente ma dall'insieme degli interventi.

Le opere accertate, pertanto, non possono essere valutate come indipendenti l’una dall’altra, occorrendo, invece, recuperare una prospettiva d’insieme che metta in risalto il collegamento funzionale degli interventi contestati.

Una visione frammentaria e isolata, l’una dall’altra, delle opere finirebbe per ridimensionare, se non neutralizzare del tutto, il reale impatto che l’attività edificatoria posta in essere ha avuto sul paesaggio e sull’ambiente circostanti.

Ma in ogni caso, anche a volere considerare i diversi interventi singolarmente e non in un’ottica unitaria, gli stessi resterebbero comunque non sanabili.

La piscina interrata: non è una pertinenza, crea comunque volume

Per quel che riguarda la piscina, ai fini della tutela paesaggistica, è indifferente la circostanza che i volumi contestati siano fuori terra o interrati: in entrambi i casi, le opere non possono conseguire l’assenso paesaggistico se realizzate in assenza di preventivo titolo, con conseguente preclusione dell’autorizzazione paesaggistica postuma (cfr., TAR Campania, Napoli, sez. III, 12 febbraio 2019; Idem, 30 agosto 2018, n. 5309, secondo cui “il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno”).

A rinforzo, si osserva inoltre che:

  • va smentita l’irrilevanza paesaggistica dei volumi interrati, atteso che il divieto di sanatoria si applica anche nei confronti di questo tipo di interventi, se realizzati senza titolo, a nulla rilevando il fatto che essi non rappresentino un ostacolo o una limitazione per le visuali panoramiche (TAR Campania, Napoli, sez. VII, 14 giugno 2019, n. 3288; Id., 22 maggio 2018, n. 3358; Tar Umbria, sez. I, 30 aprile 2021, n. 300);
  • secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza amministrativa, la realizzazione di una piscina non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide in modo invasivo sul sito di relativa ubicazione, e postula, pertanto, il previo rilascio dell'idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire (TAR Campania, Napoli, sez. III, 7 gennaio 2020, n. 42; TAR Campania, Salerno, sez. II, 18 aprile 2019, n.642, questa Sezione, 17 settembre 2020, n. 3875).

Piscina interrata: è nuova costruzione, non pertinenza e serve il permesso di costruire

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E le tettoie? Impattano sul paesaggio

Con specifico riferimento alle tettoie residue e non ancora rimosse dai ricorrenti (di cui una estesa per mt. 21 X 5,50 ed alta mt. 2,90 e l’altra per mt. 5 X 6 con altezza media mt. 3,00), per il TAR non c'è dubbio che le stesse - benché aperte e quindi non costituenti tecnicamente nuovi volumi - abbiano comunque determinato, come rilevato dalla Soprintendenza, la trasformazione della superficie da scoperta a coperta in zona vincolata, con evidente impatto sul paesaggio, così da giustificare il parere contrario alla compatibilità paesaggistica.


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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