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Piano mansardato aggiuntivo: l'abuso edilizio vale per l'intera struttura o solo per le opere in ampliamento?

Consiglio di Stato: per 'sanare' alcune opere di ampliamento di una struttura abusiva, è necessario dimostrare che l’ampliamento abusivo del fabbricato consentiva di identificare esattamente la parte di esso legittimamente realizzata, e quindi anche le opere di completamento a tale parte afferenti.

Qualsiasi intervento abusivo realizzato su una struttura per la quale è stata presentata domanda di sanatoria o condono 'rende' abusiva l'intera struttura alla quale si riferisce? Oppure le parti 'assentite' con regolare titolo edilizio possono 'salvarsi' dalla demolizione?

Alla difficile e particolare questione cerca di dare una risposta il Consiglio di Stato nella sentenza 9150/2022 dello scorso 27 ottobre, che è bene esaminare dal principio.

Piano mansardato aggiuntivo

Il progetto 'del contendere' licenziato si riferiva ad un fabbricato composto da piano seminterrato, e due piani fuori terra, con superficie di circa 74 mq. per ogni piano.

Nel corso dei lavori l’appellante ha realizzato un ampliamento sia del primo che del secondo piano, ed inoltre ha effettuato una sopraelevazione, creando un piano mansarda.

In relazione a questi interventi in difformità, l'appellante ha presentato istanza di condono edilizio, ad oggi non evasa.

Nel frattempo veniva accertato che nel fabbricato, allo stato di “rustico” alla data di presentazione della domanda di condono edilizio, erano stati effettuati ulteriori interventi, consistenti:

  • nell’intonaco e pavimentazione al piano seminterrato con allocazione del cancello di accesso in ferro;
  • nella realizzazione, al primo e secondo piano, di tramezzature, intonaco interno, impianti tecnologici e infissi esterni in ferro e soglie in marmo sulle varie aperture;
  • creazione di parapetti sugli sporti;
  • realizzazione di un andito ad ogni piano;
  • realizzazione di una superficie complessiva per ogni piano di circa 124 mq. e di 106 mq. per il piano mansarda.

Il Comune ingiungeva quindi la demolizione delle suddette opere, ritenute difformi dalle norme urbanistiche vigenti, e il TAR competente confermava l'operato del comune.

Abuso edilizio: tra struttura e opere di ampliamento

Il TAR competente ha respinto l’impugnazione originaria sul rilievo che con il provvedimento impugnato era stata ingiunta la demolizione delle sole opere eseguite dopo la domanda di condono, le quali ripetevano la natura abusiva del fabbricato.

L'appellante quindi censura la decisione del TAR per aver implicitamente ritenuta abusiva l’intera struttura, e non soltanto le opere in ampliamento, facendo discendere da tale constatazione l’affermazione di abusività di tutte le opere realizzate dopo la domanda di condono.

Secondo il ricorrente, invece, le opere oggetto dell’ordinanza impugnata dovevano, viceversa, considerarsi legittime, quantomeno nella misura in cui afferivano alla parte del fabbricato legittimamente eseguita, essendo in tal caso legittimate dalla originaria concessione edilizia.

Domanda di condono non esaminata e abusi edilizi: cosa succede?

La parola, quindi, passava al Consiglio di Stato, che dichiarava infondato l'appello rilevando che, effettivamente, l’impugnata sentenza ha fatto discendere la declaratoria di abusività di tutte le opere oggetto dell’ordinanza impugnata dalla mera circostanza che pende una domanda di condono non ancora esaminata, senza porsi il problema della eventuale afferenza delle opere medesime a parti del fabbricato legittimamente realizzate.

Opere di completamento di una costruzione

E' interessante però notare che, come fatto rilevare da Palazzo Spada, le opere di completamento di una nuova costruzione, quali la posa dei pavimenti, degli intonaci, dei serramenti ma anche la realizzazione di tramezzature e degli impianti tecnologici, sono comprese nel titolo edilizio che legittima la costruzione di un nuovo edificio, e quindi la questione posta dall’appellante sarebbe astrattamente pertinente.

Parte legittime e abusive: bisogna indicarle perfettamente

Tuttavia la questione, che si traduce nell’affermazione della non abusività di almeno una parte delle opere di cui è stata ordinata la rimozione, e quindi nella illegittimità, in parte qua, dell’ordinanza oggetto di impugnazione, avrebbe dovuto essere dedotta quale motivo di ricorso in primo grado: in quella sede, tra l’altro, l’appellante avrebbe dovuto allegare, e dimostrare, che l’ampliamento abusivo del fabbricato consentiva di identificare esattamente la parte di esso legittimamente realizzata, e quindi anche le opere di completamento a tale parte afferenti.

Quanto indicato sopra nel caso specifico non è stato fatto: ci si è limitati invece ad affermare che l’ordinanza impugnata avrebbe imposto la demolizione anche della parte di fabbricato oggetto di condono, sebbene il Comune non si fosse ancora pronunciato sulla medesima, lamentato il fatto che la realizzazione di opere di completamento al di fuori della procedura individuata dall’art. 35, comma 14, della L. 47/85, non giustifica, comunque, la demolizione del fabbricato oggetto di condono.

Opere di completamento: non è corretto affermare che esse sono abusive perché lo è l'immobile

Infine, nel ricorso di primo grado l’appellante ha rilevato che le opere di completamento sarebbero soggette a regime di DIA, e non a permesso di costruire, ragione per cui era illegittima la pretesa del Comune di rimuoverle.

La censura su cui si fonda l’atto d’appello, invece, assume la legittimità, almeno in parte qua, delle opere di completamento afferenti alla parte dell’immobile legittimamente realizzata in base alla concessione edilizia del 1982, e su questo stesso presupposto fonda l’affermazione di erroneità della impugnata sentenza, nella misura in cui essa ha rilevato l’abusività di tutte le opere di completamento a partire dall’abusività dell’intero immobile.

Seppure tale statuizione del TAR effettivamente non possa dirsi corretta, in linea di principio, tuttavia non può non rilevarsi che il rilievo in questione avrebbe dovuto essere sollevato nel ricorso di primo grado, traducendosi – come già precisato – nella affermazione della legittimità delle opere di completamento afferenti la parte del fabbricato realizzata legittimamente in base alla c.e. rilasciata nel 1982.

Dato atto che l’appello si fonda, in conclusione, su un motivo nuovo, come tale inammissibile, esso va respinto, in quanto il capo della sentenza oggetto di impugnazione non potrebbe, comunque, essere modificato nel senso voluto dall’appellante.


LA SENTENZA 9150/2022 DEL CONSIGLIO DI STATO E' SCARICABILE IN FORMATO PDF PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE.

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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