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Perrini (CNI): "L'8 marzo celebriamo la nostra parte migliore"

Procede a passo spedito l’accesso all’Albo professionale delle donne laureate in ingegneria, un fenomeno che va di pari passo con l’apprezzabile presenza del genere femminile ai corsi di laurea in ingegneria.

In 15 anni la percentuale di donne iscritte all'Albo ingegneri è salita dal 9.1% al 16.9%

Nel 2007 le donne iscritte all’Albo ingegneri erano il 9,1%, attualmente rappresentano il 16,9%, pari a 42.200 su un totale di oltre 240.000 iscritti. Agli inizi degli anni 2000 le laureate in ingegneria erano il 20% del totale, mentre nel 2021 raggiungono il 26,7%, considerando sia le lauree di primo livello che le magistrali e in queste ultime, le donne laureate nel 2021 hanno raggiunto il 31%.

Tuttavia, questo progresso e questa spinta in avanti, anche in ambito tecnico, nascondono ancora un’intrinseca debolezza del mercato del lavoro che non riesce a collocare nella giusta misura le donne, oggi come nel passato. Che i differenti contesti lavorativi siano ben lontani dal rispettare un principio di equità e, ancor più, l’eguaglianza delle opportunità è evidente e basta solo osservare il divario retributivo di genere che persiste in ogni settore produttivo e ad ogni livello nei percorsi di carriera, non solo in Italia.

Secondo Eurostat, nel lavoro dipendente in Italia, mediamente una donna percepisce un salario più basso del 4% rispetto agli uomini, ma il differenziale anziché diminuire aumenta al crescere delle competenze e del grado di istruzione acquisito. Se ad esempio si prende in considerazione il comparto dei servizi tecnico-scientifici, nei quali operano anche gli ingegneri, il differenziale salariale raggiunge il 26%.

Non è possibile attribuire almeno una parte delle differenze salariali al fatto che gli uomini accedono agli studi universitari in misura maggiore delle donne e quindi sono per questo più qualificati per ricoprire posizioni apicali. In Italia è l’esatto contrario, visto che nella popolazione tra i 25 ed i 64 anni, il 23% delle donne è in possesso di laurea a fronte del 17% degli uomini (se si restringe il campo alla popolazione attualmente più giovane, il distacco delle donne rispetto agli uomini è ancora più ampio). Non solo: il 57% di chi si è laureato nel 2021 è donna.

Tra non molto non dovremo neanche più nasconderci dietro il racconto che poche donne affrontano studi tecnico-scientifici, per cui l’offerta di lavoro può rivolgersi solo agli uomini. In Italia attualmente la percentuale di donne tra i 25 e i 30 anni con laurea in discipline STEM è pari al 16,5% delle donne con diploma di laurea; nel complesso dell’area Ocse tale percentuale scende al 12,5%.

Sebbene siano in maggioranza gli uomini a laurearsi in discipline STEM, siamo tra i Paesi industrializzati che inizia ad avere una tra le quote più elevate di donne con laurea in ambito tecnico-scientifico ed a questo sta contribuendo non solo l’incremento di donne che si laureano in matematica e statistica ma anche quelle che si laureano in Ingegneria.

Nell’ambito della libera professione e, quindi, del lavoro autonomo i divari salariali assumono caratteri critici. Tra i liberi professionisti iscritti alle casse professionali private, secondo i dati Adepp, nel 2021 il differenziale salariale ha raggiunto il 45%. D’altra parte gli ultimi dati di Inarcassa indicano che una donna ingegnere che opera nella libera professione percepisce un reddito annuo mediamente inferiore del 47% rispetto a quello degli uomini. A parità di età, esperienza e competenza, una donna in ambito tecnico guadagna considerevolmente meno rispetto agli uomini anche e soprattutto perché se nel lavoro dipendente la conciliazione dei tempi lavoro-famiglia è difficoltosa, nel lavoro autonomo può essere a volte impossibile.

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