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Permesso di costruire in sanatoria: ecco quando la demolizione è illegittima

Cassazione: non è preclusiva la mancanza di una delibera del consiglio comunale avente ad oggetto la dichiarazione della conformità della costruzione con gli interessi pubblici urbanistici e ambientali

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L'ordine di demolizione di un'opera per la quale è stato richiesto e ottenuto un permesso di costruire in sanatoria è illegittimo, anche in mancanza della delibera comunale avente ad oggetto la dichiarazione della conformità della costruzione con gli interessi pubblici urbanistici e ambientali.

E' importante e aggiunge altre informazioni alla 'saga' degli abusi edilizi e delle sanatorie edilizie e urbanistiche, quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 41131/2019 dello scorso 8 ottobre in merito ad un ricorso presentato per l'annullamento di un provvedimento del Tribunale che aveva a sua volta rigettato il ricorso per l'annullamento dell'ordine di demolizione della Procura della Repubblica alla luce del conseguimento del permesso di costruire in sanatoria.

Permesso in sanatoria, delibera consiliare e demolizione

Il punto chiave della sentenza verte sulla corretta interpretazione dell'art.31 comma 5 dpr 380/2001, che richiede la delibera del consiglio comunale non come provvedimento che deve "doppiare" il permesso in sanatoria (la cui sola legittimità deve essere oggetto di valutazione, da parte del giudice dell'esecuzione: Sez. 3, n. 42164 del 09/07/2013, Brasiello, Rv. 256679), ma al fine di impedire la demolizione delle opere, eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, che siano state acquisite al patrimonio del Comune.

Il citato art. 31, comma 5 prevede, infatti, che l'opera acquisita sia demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. 

Insomma: non ci deve per 'forza' essere una delibera consiliare, basta il permesso in sanatoria per evitare la demolizione.

L'acquisizione nel patrimonio del comune

Non è finita qui: per la Corte suprema, il Tribunale ha sbagliato a revocare in dubbio la legittimazione a richiedere il permesso in sanatoria, alla luce del fatto che, dopo la notifica della ingiunzione a demolire, l'immobile dovrebbe ritenersi acquisito al patrimonio del Comune. 

Tale acquisizione, infatti, presuppone la sussistenza dei presupposti delineati dall'art. 31, commi 2 e 3 del dpr 380 e cioè:

  • è necessario che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale ingiunga al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3 (e di tale provvedimento amministrativo non è menzione alcuna nella decisione impugnata);
  • è solo se il responsabile dell'abuso non provveda alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, che il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.

L'eventuale carattere parziale della sanatoria

Infine, è fondato anche il terzo motivo, per l'assoluta genericità della motivazione avente ad oggetto il carattere parziale della sanatoria. L'esclusione, da parte di quest'ultima, di alcune aree non si accompagna, nel provvedimento impugnato, neanche ad una generica affermazione che le aree non comprese nella sanatoria costituirebbero oggetto dell'ingiunzione di demolizione. 

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