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Permesso di costruire in sanatoria: è vietata la parcellizzazione degli abusi edilizi

In una recente sentenza, il Consiglio di Stato puntualizza ancora una volta alcuni concetti relativi alla sanatoria edilizia, all’accertamento di conformità e al divieto di parcellizzazione dell’abuso edilizio

Gli abusi edilizi non possono essere 'parcellizzati', cioè non è possibile invocare per ogni singolo intervento illegale l'applicazione di una disciplina a favore, visto che così operando si andrebbe contro la "valutazione complessiva e non atomistica che deve riguardare l’abuso".

Questa e altre interessanti indicazioni sugli abusi edilizi e la sanatoria urbanistica sono contenuti nella recente sentenza 5267/2021 dello scorso 12 luglio del Consiglio di Stato, inerente il ricorso di un privato contro la sentenza del Tar Umbria, che aveva dichiarato improcedibile il ricorso proposto avverso l’ordinanza di demolizione in ragione della presentazione dell’istanza di sanatoria e respinto il ricorso proposto avverso il diniego opposto dall’amministrazione resistente avverso la detta istanza, concludendo per la correttezza della ricostruzione operata dal Comune quanto alla difformità totale dell’immobile realizzato dal ricorrente rispetto al titolo edilizio.

 

Da annesso agricolo a immobile per civile abitazione: niente sanatoria

La questione arriva quindi a Palazzo Spada, che prima di tutto mette alcuni interessanti paletti sul tema:

  • la giurisprudenza assolutamente prevalente del Consiglio di Stato (ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 3 marzo 2020, n. 1540) ritiene che la proposizione di istanza permesso a costruire in sanatoria in relazione ad opere abusive oggetto di ordinanza di demolizione fa venire meno l'interesse alla decisione del gravame proposto avverso al predetto provvedimento demolitorio, atteso che la presentazione dell'istanza di sanatoria, sia essa di accertamento di conformità sia essa di condono, produce l'effetto di rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio dell'ingiunzione di demolizione e, quindi, improcedibile l'impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse;
  • l'art. 31 del dpr 380/2001, stabilisce, al comma 1 che: “Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”. Nella fattispecie in esame si evince che la concessione edilizia rilasciata dall’amministrazione appellata aveva ad oggetto la costruzione di un annesso agricolo il cui allegato progetto presenta le seguenti caratteristiche edificio 8,00x6,25 m. con altezza alla gronda di 3,50 m. destinato alla rimessa di attrezzi agricoli. L’accertamento posto in essere dall’amministrazione comunale ha consentito di verificare la realizzazione di un immobile destinato a civile abitazione costituito da due piani: piano terra e piano interrato per complessivi mq. 196,06, descritto analiticamente nell’ordinanza di rimessa in pristino impugnata in prime cure. Siamo di fronte, quindi, a un organismo edilizio completamente diverso.

Permesso di costruire in sanatoria: è vietata la parcellizzazione degli abusi edilizi

No alla parcellizzazione degli abusi

In ultimo, Palazzo Spada osserva che le censure avanzate dall’appellante sono del tutto errate, cercando inutilmente di parcellizzare l’analisi dei vari abusi realizzati, invocando per ogni singolo intervento l’applicazione di una disciplina di favore, ma così andando di contrario avviso rispetto alla necessaria valutazione complessiva e non atomistica che deve riguardare l’abuso.

Non è dato, infatti, scomporre l’abuso in più parti, al fine di negarne l'assoggettabilità alla sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.

L'opera edilizia abusiva va identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato.

La totale difformità risulta, peraltro, evidente dal momento che in materia di abusi edilizi il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall'autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera; mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione.

Nella fattispecie ricorrono tutte e quattro le predette condizioni, sicché si è in presenza di un caso di scuola di totale difformità tra quanto autorizzato e quanto realizzato.

Di conseguenza in mancanza della doppia conformità è evidente che l’istanza di concessione in sanatoria non poteva essere accolta e in ragione della natura dell’abuso è del pari legittima l’adozione dell’ordinanza demolitoria, non potendo al riguardo invocarsi alcun valido affidamento, non potendo ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non potrà mai legittimare.

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