FRC - Calcestruzzo Fibrorinforzato | Calcestruzzo Armato | Certificazione | Calcestruzzo sostenibile
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Perchè la certificazione CVT per calcestruzzi preconfezionati fibrorinforzati è sbagliata

Dal 2018 ad oggi una sola ricetta certificata per gli FRC, e forse mai prodotta. Perchè ? forse le regole sono sbagliate ? Ecco la mia analisi tecnica del problema con il supporto di diagrammi e informazioni generali. E un aggiornamento normativo.

Ho ritenuto utile aggiornare questo articolo poichè il problema persiste. Mentre a livello europeo è stato giustamente bloccato un tentativo di rendere obbligatoria la marcatura CE del calcestruzzo - pratica sostanzialmente impossibile - in Italia c’è una norma che continua a richiedere una certificazione di prodotto per una categoria di calcestruzzi preconfezionati: quelli con fibre. Una decisione che ostacola l’uso di uno dei prodotti più interessanti per le costruzioni.

Ecco l’analisi, le considerazioni e le proposte.

 

Che cosa è il CVT per il settore delle costruzioni

Il CVT è una soluzione utile per il mercato e per la garanzia della sicurezza delle opere nel mondo delle costruzioni. Nascono infatti come "supporto normativo" nazionale per consentire l'immissione nel mercato di prodotti e tecnologie non regolamentate nelle NTC e che, altrimenti, dovrebbero seguire percorsi di certificazione internazionale più lunghi e onerosi per essere utilizzate.

Era la metà di luglio del 2018 quando il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha pubblicato il documento "Procedure seguite per la richiesta ed il rilascio di Certificati di Valutazione Tecnica (CVT) per sistemi o kit ricadenti nell'applicazione del Cap. 11, punto 11.1 caso C) del DM 17 gennaio 2018, Norme Tecniche per le Costruzioni", predisposte dalla Divisione Tecnica 2 del Servizio Tecnico Centrale.

Il documento - sottolinea il CSLLPP - costituisce un semplice atto di informazione e indirizzo, nell'ottica dell'ottimizzazione dell'attività amministrativa e del dialogo continuo con gli operatori esterni. Nello specifico:

  • vengono fornite indicazioni il più possibile chiare sulla procedura seguita dalla Divisione 2^ del Servizio Tecnico Centrale (STC) per le modalità di presentazione delle istanze, l'istruttoria ed il rilascio del Certificato di Valutazione Tecnica (CVT) di cui al Cap. 11, par. 11.1 delle nuove NTC 2018;
  • vengono fornite informazioni sulle prove da effettuare sui prodotti, sia ai fini della qualificazione che ai fini dei controlli annuali.

In estrema sintesi, si parte dal presupposto che ogni società che intenda commercializzare un prodotto, sistema o kit (cd "Fabbricante") ed ottenere la certificazione di cui trattasi, presenta al STC  una apposita istanza, con la chiara indicazione dei prodotti che intende qualificare. Dopo di che spetterà al Servizio Tecnico Centrale effettuare le analisi della documentazione e si avvia quindi l'iter che porta, in caso positivo, al rilascio del Certificato di Valutazione Tecnica.

Il processo di certificazione di ogni prodotto si basa su due documenti predisposti dal Consiglio Superiore dei LLPP: le linee guida per la qualifica dei materiali e quelle per la progettazione.

Queste linee guida vengono predisposte da commissioni ad hoc, composte da funzionari del Ministero e figure accademiche. Mancano le rappresentanze esterne, in particolare le Associazioni. Un errore.

In genere la predisposizione dei queste Linee Guida dura due/tre anni (al momento circa la metà dei prodotti da costruzione per cui è prevista hanno linee guida pronte) e questo è un problema perchè così si rallenta il percorso di adozione di innovazioni a volte utili. Ma di questo ho già parlato in altri articoli.

Oggi tornerò a parlare dell'applicazione del CVT di uno specifico prodotto: i calcestruzzi fibrorinforzati, riassunti con l'acronimo FRC.

 

La certificazione CVT degli FRC

I calcestruzzi e le malte fibrorinforzzate in genere sono prodotte secondo 4 processi diversi.

  1. Premiscelati
  2. In impianto  di prefabbricazione
  3. In cantiere per conci o strutture prefabbricate
  4. In impianti di calcestruzzo preconfezionato.

Il Consiglio Superiore dei LLPP ha pubblicato con il DM 17/1/2018 la prima revisione delle Linea guida per l’identificazione, la qualificazione, la certificazione di valutazione tecnica ed il controllo di accettazione dei calcestruzzi fibrorinforzati FRC (Fiber Reinforced Concrete).

Il documento era indubbiamente malfatto, non richiamava alcune aree di produzione (prefabbricazione), non prevedeva la possibilità di aggiornare le ricette in caso di variazione delle proprietà delle materie prima, ... insomma era di difficile applicazione in molti contesti e a mio parere lontano dalla realtà del cantiere.

Con l'aggiornamento del novembre 2021, approvate il 12 gennaio 2022 molti problemi delle linee guida sono stati risolti e la loro applicazione è attinente ad alcune esigenze concrete ed ineludibili. Ne ho già parlato in un recente articolo.

Ma c'è ancora un problema da affrontare ... le Linee Guida non sono adatte per la qualifica degli FRC preconfezionati.

Non perchè il processo di produzione del calcestruzzo preconfezionato abbia minori controlli o sia di minore qualità rispetto agli altri casi, ma per un problema a mio problema insuperabile collegato all'uso di questi calcestruzzi e che porta ogni impianto a dovere avere centinaia di ricette qualificate.

 

Fabio Croccolo, Consiglio Superiore LLPP: le Associazioni devono partecipare al processo normativo

 

Non una ricetta di calcestruzzo, non 10, non 100 … ma infinite

La norma UNI EN 206-1 ci dà un primo indizio sulla numerosità di ricette che un impianto di betonaggio può produrre.

Abbiamo diverse classi di consistenza, di resistenza, di durabilità, per diverse dimensioni dell'aggregato grosso. Ma questo non basta.

C'è l'estate, un cui i tempi di presa e indurimento si riducono, e quindi è necessario modificare le ricette. Ma non basta, vi è anche un problema di maturazione e di ritiro, e questo porta in alcuni periodi particolarmente caldi ad ulteriori interventi.

Poi c'è l'inverno, in cui questi tempi non solo aumentano, ma ci sono momenti della giornata in cui la temperatura scende sotto lo zero, con inevitabili conseguenze. E anche questo porta a modificare le ricette.

Poi ci sono da considerare le modalità di getto: un calcestruzzo che deve essere pompato (oggi circa il 65/70% della produzione è pompato) deve essere un po' più grasso di un calcestruzzo ordinario.

E poi ci sono i problemi di cantierizzazione, che possono richiedere calcestruzzi autocompattanti e autopiazzanti.

E poi ci sono le diverse tipologie di opere: per esempio una fondazione monolitica avrà problemi di sviluppo di calore, un telaio ad alte prestazioni avrà problemi di scorrimento, una cordolo stradale avrà un problema di tempi di getto ..

Insomma, il numero di ricette è praticamente infinito e non a caso le aziende più avanzate si sono dotate di un sistema digitale di progettazione dinamica delle ricette che consenta di fornire il prodotto che risponde ai tanti requisiti espressi o impliciti dello specifico cantiere.

 

Il processo della definizione delle ricette di calcestruzzo

Schematizzazione (estremamente semplificata) del processo di qualifica delle ricette di un impianto di betonaggio (By Andrea Dari)

 

In un contesto di questo genere appare chiaro come sia difficile applicare una norma che preveda una qualifica - onerosa intermini di tempi e costi - di una serie di prodotti speciali, che rappresentano oggi circa complessivamente meno del 2% della produzione del calcestruzzo, con il rischio che quelli certificati in realtà non siano mai richiesti e, paradossalmente, poi il mercato possa richiederne qualcuno con caratteristiche diverse.

 

Il problema della certificazione CVT degli FRC preconfezionati.

Ho provato con un amico, professore di tecnica delle costruzioni, ad affrontare il problema non ragionando come normatori ma come utente.

Abbiamo fatto l'ipotesi che fosse direttore lavori e collaudatore dell'opera.

In questo caso, il suo interesse principale è che l'opera realizzata sia sicura. Lo chiameremo gui il Prof. CONCRETO.

Gli ho presentato così due casi.


Il primo è quello di rispettare quanto previsto per gli attuali CVT.

Mettiamo che il produttore decida di qualificare una ricetta di FRC con una certa tenacità, resistenza meccanica, consistenza, classe di esposizione e una definita fibra.

A questo punto partirà il processo interno di studio del mix design, con prove e confronto fra varie soluzioni di fibre proposte dal mercato, dosaggi di cemento, curve degli inerti ... fino ad arrivare alla qualifica della ricetta interna.

Dopo di che vengono prodotti e mandati i travetti al laboratorio autorizzato, che romperà i travetti con personale e macchine idonee, sulla base delle quali emetterà il certificato di prova.

L'azienda a questo punto predisporrà il fascilo come previsto dalle norme, lo manderà al Servizio Tecnico Centrale, che dovrà analizzarlo e valutarlo. In genere, abbiamo osservato dalle esperienze pregresse, il Servizio Centrale poi chiede qualche approfondimento e a volte qualche ulteriore prova.

L'azienda riproduce la ricetta, la riverifica (nel frattempo il cemento, gli inerti, ... qualcosa potrebbe essere cambiato), rifà i travetti, li manda al laboratorio autorizzato, che dopo 28 giorni li rompe, così csi completa il ciclo di prove, viene aggiornato il fascicolo, quindi reinviato al Servizio Tecnico Centrale che deve riesaminarlo, e se le valutazioni sono positive viene emesso il CVT.

A questo punto il produttore deve riverificare la ricetta (è passato altro tempo), deve metterla nei software di produzione, deve aggiornare i commerciali e metterla a listino ... dopo di che starà al commerciale proporlo al mercato fino al fortunato giorno in cui un cliente lo acquisirà: il cliente che si avvale del supporto del prof. CONCRETO, che ha fortemente voluto questo materiale.

Il processo ha richiesto dai 22 ai 26 mesi complessivamente, e abbiamo avuto la fortuna che il prof. CONCRETO avesse chiesto proprio quella ricetta, altrimenti ... investimento sprecato.

Di seguito la schematizzazione di tutto il processo appena descritto.

processo che porta a certificazione cvt dei FRC

Schematizzazione del processo che porta al CVT del FRC  (By Andrea Dari)

In sostanza, l’attuale modello di certificazione CVT previsto dalle linee guida in vigore comporta ostacoli spesso insormontabili per l’uso del calcestruzzo fibrorinforzato preconfezionato, ostacolando l’uso di una tecnologia, che come evidenzierò al termine dell’articolo, è più sostenibile, e che è diffusa da oltre 30 anni in tutto il mondo.


Nella seconda ipotesi che ho presentato al Prof. CONCRETO si segue un altro processo.

La base è quella della prequalifica del prodotto (che le NTC ammettono per i calcestruzzo ordinari).

Il Cliente chiede un FRC con specifiche caratteristiche e prestazioni sulla base delle indicazione del progettista.

Il produttore di calcestruzzo, che ha già l'FPC, valuta anche il tipo di opera, il periodo di getto (temperature, vento, insolazione), la durata del trasporto, le modalità di posa in opera, il tipo di maturazione ... e quindi progetta una ricetta ad hoc che qualifica con un laboratorio ufficiale o autorizzato.

Completata la qualifica manda il certificato al Servizio Tecnico Centrale che lo protocolla. Da quel momento il calcestruzzo è utilizzabile. Sono passati massimo due mesi.

Faccio notare al nostro lettore - così come ho fatto notare al prof. Concreto - che a parte la burocrazia normativa le prove fatte sono le stesse.

Anche in questo caso ho schematizzato il processo.

 

Prequalifica di un calcestruzzo fibrorinforzato

Schema del processo di prequalifica del FRC (by Andrea Dari)

 

Il tempo per il rilascio del CVT è quindi consono a quelli dei cantieri reali e questo consente l’uso di un calcestruzzo fibrorinforzato, altrimenti impossibile. Le linee guida del Ministero dovrebbero essere cambiate abbracciando un modello più pragmatico e meno burocratico.


  

Il CVT non si applica ai calcestruzzi preconfezionati fibrorinforzati

A questo punto ho fatto la domanda diretta al prof. CONCRETO: "quale dei due processi a te, che sei direttore dei lavori e collaudatore, ti da la maggiore tranquillità sulla sicurezza ?" e lui mi ha risposto "Ovviamente la seconda, le prove sono le stesse, è coinvolto un laboratorio ufficiale per il ruolo di certificatore, la ricetta è recente e non vecchia di due anni ed è studiata per il nostro cliente". Poi ci ha pensato un po', silenzioso, e alla fine mi a detto "C...o, il CVT non si può applicare al calcestruzzo preconfezionato!!!".

Il giorno dopo ho chiamato un esperto di norme, che per i suoi vari ruoli istituzionali spesso si è occupato di questi problemi. Gli ho raccontato la storia, e dopo qualche domanda e confronto mi ha risposto "D'atronde, non è un caso che il calcestruzzo preconfezionato non abbia una norma armonizzata per la marcatura CE".

La non applicabilità della linea guida è comprovata anche rianalizzando il primo schema in cui ho riportato l’attuale modello di certificazione con l’ottica che la richiesta di una specifica ricetta di calcestruzzo fibrorinforzato in genere parta da una richiesta di un clienteCon tale visione appare evidente che 2 anni di tempo per poter rispondere all’esigenza del cliente siano troppi.

Un'impresa chiede uno specifico calcestruzzo FRC per il cantiere perchè previsto dal progettista. Il produttore di calcestruzzo accetta la richiesta e sigla il contratto. Dopo un paio di mesi il cliente non può più aspettare, fa cambiare il progetto e quando a fine ciclo di certificazione il produttore ha il CVT non ha più il cliente a cui fornirlo. Questa è la prova che il modello attuale non funziona.

 

Perchè la certificazione CVT per calcestruzzi preconfezionati fibrorinforzati è sbagliata

Il CVT c'è ma non c'è più il cliente

 

L'applicazione del CVT nel preconfezionato è possibile

L'applicazione del CVT - ampliando l'orizzonte della nostra analisi - è possibile anche per soluzioni realizzate dai produttori di calcestruzzo preconfezionato. Ma hanno senso probabilmente più per produzioni continue di alcuni prodotti riservati a specifici cantieri di lunga durata. Per esempio capita sempre più spesso che alcuni prefabbricatori preferiscano affidare la produzione del calcestruzzo a un preconfezionatore piuttosto che farlo in casa. Ma occorre in ogni caso semplificare le procedure per accorciare i tempi.

 

Il caso dei pavimenti industriali: quando gli FRC sono indispensabili

Il settore dei pavimenti industriali utilizza circa il 20% del calcestruzzo prodotto in Italia. Si tratta quindi di un campo di applicazione importante con caratteristiche molto specifiche.

Quello caratterizza una commessa per la realizzazione di un pavimento industriale sono infatti alcuni fattori che possiamo così riassumere:

  • cantiere di breve durata
  • grandi quantità di calcestruzzo gettate in pochi giorni
  • rapporto superficie/quantità calcestruzzo molto alta
  • necessità di un “bleeding giusto” per consentire la lavorazione della superficie
  • ancora oggi non sempre progettati

Da queste caratteristiche ci accorgiamo la forte specificità di questi cantieri rispetto ai cantieri tradizionali. Si pensi alla realizzazione di edifici a telaio dove la consegna del calcestruzzo è distribuita su più giorni, con quantitativi giornalieri in genere minori, e una maggiore variabilità di ricette (fondazioni, pilastri e travi, solai e tamponamenti, coperture, riempimenti, muretti …).

Per i pavimenti industriali l’uso delle fibre consente di raggiungere in genere due diversi obiettivi: riduzione dei fenomeni di fessurazione e miglioramento della tenacità. 

Per alcuni cantieri la seconda funzione è sostanzialmente fondamentale: si pensi ai pavimenti di grande dimensione posati con laserscreed, in cui la doppia rete può rappresentare un problema.

In questo caso - proprio per le specificità applicative - le Linee Guida dovrebbero prevedere ulteriori indicazioni. Per esempio:

  • i livelli di tenacità richiesti sono più bassi rispetto a opere tradizionali, potrebbe essere semplificata ulteriormente la procedura di qualifica, in particolare per tenacità molto basse e metri quadri limitati potrebbe essere sufficiente il controllo di accettazione;
  • poichè il calcestruzzo viene consegnato in pochi giorni e quindi si ha una maggiore costanza delle sue caratteristiche si potrebbe ridurre il numero di travetti da realizzare nella fase di controllo di accettazione dopo un certo volume.

 

Le nuove NTC2018, al capitolo 11 relativo ai materiali per uso strutturale, citano per la prima volta il calcestruzzo fibrorinforzato.  Si tratta di un calcestruzzo rinforzato dall’aggiunta discreta di fibre in acciaio o in polipropilene. E’ stata pertanto introdotta una disciplina più specifica per l’uso dei calcestruzzi fibrorinforzati. Infatti, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLP) ha approvato le Linee Guida per l’identificazione, la qualificazione, la certificazione di valutazione tecnica ed il controllo di accettazione dei calcestruzzi fibrorinforzati (decreto n. 208/2019) introducendo l’obbligo del Certificato di Valutazione Tecnica (CVT) per ciascuna miscela di calcestruzzo fibrorinforzato. Ebbene, visti i contenuti delle suddette Linee Guida e valutate le problematiche riscontrate in fase di elaborazione della relativa documentazione, si spera in una semplificazione della procedura per l’acquisizione del CVT, sia per agevolare le centrali di betonaggio alla fornitura di miscele in FRC in tempi ragionevoli, sia per ridurre i costi (in capo all’Azienda) per l’ottenimento della relativa certificazione.

  

FRC, un prodotto più sostenibile

Nelle costruzioni il calcestruzzo è sempre accompagnato dall’impiego di ferri di armatura, che conferiscono al sistema composito la necessaria resistenza al taglio.

Questi ferri di armatura subiscono in genere alcuni processi di trasformazione prima di essere impiegati. Vi è una prima laminatura a caldo per creare le cosiddette vergelle, che poi sono nuovamente trattate (in genere a freddo) per imprimere una superficie nervata, quindi sono nuovamente lavorate per dare le forme previste dal progettista e per una parte saldate (ulteriore processo a caldo). Sono quindi trasportate su luogo d’uso, anche per distanze importanti.

Da diversi anni è in uso una soluzione che consente di sostituire per alcune applicazioni, in parte o in toto, le armature che chiamiamo tradizionali: l’uso di fibre. In sostanza si immettono nel calcestruzzo delle fibre (oggi disponibili in diversi materiali) che conferiscono al materiale quella tenacità che, a seconda del dosaggio, del materiale di costituzione, delle prestazioni attese, possono sostituire o eliminare le armature tradizionale. A livello internazionale sono stati elaborati codici di calcolo per queste strutture e l’Italia rappresenta un’eccellenza in tale materia ingegneristica a livello internazionale.

 

I vantaggi di sostenibilità degli FRC

Le fibre, a fine ciclo dell’opera, possono essere recuperate in fase di demolizione come avviene per le armature tradizionali, rispetto alle quali hanno però numerosi vantaggi in termini di sostenibilità:

  • minori fasi di lavorazione a caldo e a freddo, quindi con riduzione del consumo di energia
  • eliminazione della fase di saldatura, con risparmio in ermini energetici e di emissione di fumi
  • migliore trasportabilità: riduzione di un terzo dei viaggi necessari per portare lo stesso peso di materiale (minore ingombro)
  • riduzione delle sezioni (non è necessario aumentare la sezione con i cosiddetti spessori di copriferro)
  • maggiore durabilità dell’opera quindi minori costi (in termini economici e sostenibili) per la manutenzione straordinaria e maggiore durata

Come dicevo non possono essere utilizzate ovunque ma il rischio è che le attuali regole ne impediscano l'uso in molti ambiti.

Per un futuro delle costruzioni sempre più sostenibile, per evitare una penalizzazione (ingiustificata) di una soluzione tecnica che è studiata e verificata da ormai trent'anni in tutto il mondo, auspico una urgente revisione delle Linee Guida che riguardano i CVT degli FRC, con una maggiore attenzione alla realtà, tenendo anche conto che il settore del calcestruzzo preconfezionato in questi anni ha fatto enormi passi sul piano dell'evoluzione del controllo dei processi.

Allegati

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