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Per migliorare l'efficienza energetica di un edificio, bastano le fonti rinnovabili? Un caso pratico

Il miglioramento della classe energetica non sempre è indice dell’effettivo aumento dell’efficienza globale dell’edificio. Il ricorso alle fonti rinnovabili, infatti, determina spesso una rapida riduzione della classe ma questo non si può considerare la soluzione definitiva al problema.

Il tema del miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici è diventato cruciale negli ultimi anni. L’eccessivo consumo energetico dei fabbricati, infatti, è una delle cause dell’elevata emissione di sostanze inquinanti e climalteranti in atmosfera e, quindi, contribuisce ad acuire l’effetto serra responsabile dei cambiamenti climatici che caratterizzano la nostra epoca.

Molti sono stati gli interventi normativi, sia nazionali, come il ben noto 110, che a livello europeo, volti a spingere affinché si realizzino interventi di efficientamento energetico, come parte del più grande piano comune finalizzato a mitigare il riscaldamento globale. Il tema, quindi, è di assoluta attualità e lo rimarrà per molto tempo ancora.


Come ridurre i consumi energetici di un edificio

Per ridurre i consumi di un edificio ci sono diverse modalità e strategie, più o meno complesse o costose. Senza alcun dubbio agire sulle caratteristiche dell’involucro è la modalità più importante.

Introdurre o migliorare l’isolamento delle strutture disperdenti, infatti, permette di conservare più a lungo il calore all’interno del fabbricato, riducendo la necessità di intervento del generatore, con conseguente riduzione dei consumi.

Un altro aspetto da valutare con attenzione è il ricorso alle fonti rinnovabili.

Secondo la definizione più semplice e immediata: una fonte rinnovabile è una sorgente energetica non soggetta ad esaurimento e/o che viene naturalmente reintegrata in un tempo percepibile dal punto di vista umano (teoricamente anche il petrolio viene reintegrato naturalmente ma i tempi sono ovviamente lunghissimi).

Sono esempi di fonti rinnovabili: la luce solare, l’energia eolica, quella legata al ciclo dell’acqua, la geotermia ma anche le biomasse; queste ultime sono considerate rinnovabili proprio perché si possono reintegrare in tempi molto rapidi.

Ai fini delle prestazioni energetiche degli edifici, le fonti rinnovabili sono un elemento fondamentale perché riducono, o nel migliore dei casi annullano, la quota di energia necessaria al fabbricato che deve essere inevitabilmente coperta tramite l’ausilio delle altre fonti energetiche tradizionali, come il metano e i derivati dal petrolio.

Dal punto di vista delle emissioni inquinanti, tuttavia, non tutte le fonti rinnovabili sono comparabili.

È facilmente intuibile, infatti, che utilizzare la luce solare per produrre energia elettrica, utile ad alimentare una pompa di calore, è molto meno inquinante rispetto a bruciare biomassa e non solo in termini di emissione di gas climalteranti, come l’anidride carbonica, ma anche in relazione agli altri inquinanti, quali il particolato, che sono, tra l’altro, direttamente responsabili dell’insorgenza di patologie diffuse.

Da questa breve introduzione, quindi, si intuisce facilmente che gli elementi da considerare sono tanti e occorre uno studio attento per fare le scelte migliori quando si costruisce o si ristruttura un edificio. Per meglio comprendere queste dinamiche analizziamo alcuni esempi concreti.

A tal proposito sfruttiamo Namirial Termo, il software che consente di modellare con estrema facilità gli edifici e calcolarne le prestazioni e i consumi e, quindi, permette all’utente di effettuare rapidamente analisi e test comparativi tra varie soluzioni.


Analisi di un caso: alloggio unifamiliare isolato

Per le nostre finalità, utilizziamo un modello molto semplice di edificio, ovvero un alloggio unifamiliare isolato, con un involucro molto disperdente, costituito da una muratura a cassa vuota con blocchi di calcestruzzo, un basamento controterra in calcestruzzo e un tetto a falde in laterocemento. I serramenti sono costituiti da alluminio senza taglio termico e vetro singolo.

Da una semplice osservazione della termografia simulata si deduce subito l’entità delle trasmittanze che caratterizzano il modello:


Dal punto di vista impiantistico, sempre per semplificare tale esposizione, ci limitiamo ad analizzare i servizi di riscaldamento e acqua calda sanitaria, entrambi serviti da una caldaia a metano standard, con sistema di emissione costituito da classici radiatori.

Sul modello dell’edificio si possono fare due valutazioni:

  • la prima è quella standard, nella quale i parametri di utilizzo del sistema edificio-impianto sono prefissati dalla norma tecnica di riferimento;
  • la seconda è la valutazione in condizioni di effettivo utilizzo. Quest’ultima è nota come diagnosi energetica e consente, una volta noti tutti i parametri che caratterizzano il comportamento dell’edificio, di calcolarne i consumi reali.

Capire la differenza tra le due valutazioni è estremamente importante perché da queste seguono le analisi successive.

La valutazione standard viene utilizzata essenzialmente per effettuare confronti tra edifici differenti: se due alloggi vengono utilizzati allo stesso identico modo, allora è immediato confrontarne prestazioni e consumi.
Le applicazioni di questo tipo di valutazione sono la redazione degli Attestati di Prestazione Energetica e le verifiche di legge (in entrambi i casi, infatti, si effettua il confronto tra un edificio reale e un edificio di riferimento).

La diagnosi energetica, invece, ha il compito di analizzare uno specifico edificio, in funzione del suo particolare utilizzo, e ricavarne i consumi reali. Ovviamente, da una diagnosi non si possono ottenere molte informazioni utili per effettuare confronti tra edifici diversi, né tantomeno calcolare un APE.

La dipendenza dagli specifici fattori di utilizzazione, infatti, rende impossibile fare un’analisi comparativa.

Immaginiamo, ad esempio, due edifici di cui il primo caratterizzato da un involucro di scarsa qualità, impianti vecchi e poco efficienti, mentre il secondo ristrutturato a norma di legge, con impianti nuovi e fonti rinnovabili. Se il proprietario del primo edificio decide di non accendere mai i propri impianti, avrà un consumo nullo; se il proprietario del secondo edificio, invece, utilizza gli impianti in modo spinto con temperature interne alte, ecc. avrà un consumo diverso da zero, magari piccolo ma non nullo.

Confrontando i consumi dei due edifici è ovvio che non possiamo concludere che il primo è migliore del secondo solo in virtù di un consumo inferiore. Le condizioni di utilizzazione, quindi, devono essere necessariamente comparabili per effettuare confronti significativi.

Torniamo adesso al semplice edificio su introdotto ed effettuiamone una valutazione standard, in modo da calcolare i consumi basandoci su fattori di utilizzazione comuni, e ricavarne l’APE.

Dall’Attestato di Prestazione Energetica, infatti, è possibile ottenere tutti i parametri necessari per un’analisi approfondita.

Il calcolo del modello fornisce i seguenti importanti risultati.


La prestazione energetica non rinnovabile EPgl,nren è pari a 206.09 kWh/m2 annui che, in questo caso, corrisponde alla classe peggiore ovvero la G.

La prestazione energetica rinnovabile EPgl,ren è trascurabile e connessa al piccolo consumo di energia elettrica dalla rete (che ha una sua piccola quota rinnovabile prevista dalla norma stessa). Quest’ultimo consumo è di circa 131 kWh mentre per quanto riguarda il gas naturale, il consumo è pari a 2636 m3. Infine, l’emissione di CO2 e di ben 40.62 kg/m2. Dell’ultima tabella prendiamo in considerazione il valore dell’indice EPH,nd pari a 145.61 kWh/ m2, questo parametro rappresenta il fabbisogno ideale del solo involucro, non considerando gli impianti presenti. Esso, quindi, è un indice utile a valutare la qualità dell’involucro stesso.


Simulazione di un primo intervento di efficientamento

Si effettua, adesso, la simulazione di un intervento di efficientamento che riguarda l’involucro disperdente.

Tale intervento è caratterizzato dalla posa del cappotto esterno sulle pareti, dall’isolamento della copertura e dalla sostituzione degli infissi con nuovi serramenti, con telaio in legno e vetro doppio basso emissivo. I ponti termici vengono tutti adeguati alla nuova configurazione. La seguente tabella illustra i risultati della simulazione e il confronto con la situazione iniziale.

SIMULAZIONE 1


L’intervento sull’involucro, a parità di impianti, ha determinato dei miglioramenti notevoli di tutti i parametri presi in considerazione. Il comportamento è molto equilibrato e si osserva una riduzione di oltre il 60% in quasi tutti i parametri di rilievo, in special modo per l’indice di energia non rinnovabile e quello totale, con un miglioramento di ben 4 classi energetiche.


Simulazione di un secondo intervento di efficientamento

Sia adesso una seconda simulazione, in cui l’unico intervento è quello di sostituzione della caldaia con un generatore a biomassa. Involucro, sistema di emissione e distribuzione rimangono invariati.

SIMULAZIONE 2


Dai risultati si nota che la situazione è meno equilibrata della precedente: certamente si è ottenuta una riduzione notevole della prestazione non rinnovabile, che addirittura ha comportato un salto di 6 classi. Anche le emissioni di CO2 sono calate drasticamente, ma il consumo di combustibile rimane elevato in termini quantitativi.

Occorre, infatti, bruciare oltre 7.4 tonnellate di biomassa. L’indice di prestazione rinnovabile è salito drasticamente e se si considera tutta l’energia in gioco, ovvero sia la quota non rinnovabile che quella rinnovabile, si ha addirittura un aumento di circa il 5%. Seppur rinnovabile, dunque, si sta sprecando energia.

La convenienza in questo tipo di soluzione, quindi, è essenzialmente economica e connessa ai costi dei combustibili che, come abbiamo visto negli ultimi anni, hanno una variabilità notevole. Inoltre, bruciare biomassa comporta l’emissione di particolato che, se non trattato adeguatamente, è nocivo per la salute.

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All'interno ulteriori simulazioni.

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