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Pensioni: anche per professionisti e lavoratori autonomi vale l'assegno più alto

Corte Costituzionale: anche i lavoratori autonomi e i professionisti, come i subordinati, potranno usufruire del principio di sterilizzazione degli anni contributivi meno favorevoli

Sterilizzazione delle penioni anche per i professionistiLa Corte Costituzionale ha sancito definitivamente l'uguaglianza tra subordinati e professionisti per quel che riguarda il principio di sterilizzazione degli anni contributivi meno favorevoli.

Nella sentenza 173/2018, nello specifico, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la disparità di trattamento, tra i lavoratori autonomi e subordinati, del principio di "neutralizzazione" dei contributi "dannosi" per il calcolo della pensione.

In definitiva, nel caso decidessero di continuare la propria attività lavorativa e, al momento della maturazione dei requisiti, avessero un assegno pensionistico più elevato rispetto a quello della effettiva data di cessazione del lavoro, i professionisti potranno godere dell'assegno più alto.

Trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi: cos'è illegittimo

I contenuti di illegittimità si ascrivono nell'art. 5, comma 1, della legge 233/1990 (Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi) e dell'art. 1, comma 18, della legge 335/1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), nella parte in cui non prevedono che, nel caso di esercizio da parte del lavoratore di attività autonoma, successivamente al momento in cui egli abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata al raggiungimento dell'età pensionabile calcolata con i contributi minimi già versati, escludendo quindi dal computo, a ogni effetto, i periodi successivi e la relativa contribuzione meno favorevole e perfino "dannosa".

Pensioni dei professionisti: il caso che ha cambiato tutto

Il ricorrente era titolare di pensione di vecchiaia avente decorso dal 1° luglio 2010, ottenuta con il cumulo della contribuzione versata, prima come lavoratore dipendente e, poi, come lavoratore autonomo-commerciante il tutto per una retribuzione pensionabile di euro 1.275,89 mensili.

Nonostante ciò, al 31 dicembre 2007, aveva maturato il requisito contributivo minimo (numero 1.824 settimane) e in base ai calcoli effettuati dal patronato non contestati dall'INPS, qualora avesse richiesto la liquidazione della pensione di vecchiaia contestualmente al raggiungimento del requisito minimo contributivo, utilizzando pertanto solo i contributi versati sino ad allora, avrebbe percepito un trattamento pensionistico più favorevole (euro 1.618,40 mensili), rispetto a quello che gli era stato corrisposto dal 1° luglio 2010.

Si contestano pertanto le norme sopracitate che impongono di calcolare la pensione sulla media del reddito percepito negli ultimi dieci anni di attività e quindi tenendo conto dei redditi relativi agli anni dal 2000 al 2010: la media è molto più bassa di quella che si ottiene prendendo come riferimento i redditi prodotti negli anni 1998/2007, cioè il decennio antecedente alla data in cui l'interessato aveva conseguito il requisito minimo contributivo.

L'INPS ha quindi evidenziato che non esiste "alcuna norma che consenta l'invocata sterilizzazione dei periodi contributivi nei quali l'odierno ricorrente ha prodotto un reddito di impresa meno elevato", osservando rigorosamente le disposizioni dei due articoli di legge contestati.

Per la Corte Costituzionale, però, è giusto che la sterilizzazione valga per tutti, sia gli autonomi che i subordinati come indicato all'art. 3, comma 8, della legge 297/1982 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica).

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