Pensieri sintetici agostani sulla doppia transizione (digitale & sostenibile) nel settore delle costruzioni

Oltre la retorica: il settore edile deve affrontare le sfide reali della digitalizzazione e della sostenibilità

L’inizio del periodo delle festività estive non consente delucidazioni analitiche, ma, in estrema sintesi, ciò che attenderebbe il settore della costruzione e dell’immobiliare nel prossimo futuro non necessita di molte disamine. Molti anni sono passati da quando temi come la digitalizzazione e la sostenibilità sono apparsi come inediti nel settore dell’ambiente costruito.

Con ogni probabilità, se si rivolge lo sguardo al mercato nella sua interezza non granché dei portati più profondi della trasformazione gemella sono stati realmente interiorizzati dagli operatori, pubblici e privati, della domanda e dell’offerta, per quanto il comparto, nei lustri più recenti si sia senza dubbio profondamente evoluto.

Il punto, tuttavia, è che, a distanza di così gran pezza, la reiterazione, peraltro continua, delle narrazioni, che si avvalgono di sempre nuove versioni, inizia a esaurire la carica primigenia come racconto affascinante, talvolta dall’accento miracolistico.

Sarà, a breve, dunque, tempo di dismettere la retorica che ammanta le tematiche, per cominciare a confrontarsi con esse rispetto a quelle che sono veramente le identità degli attori e, al contempo, a misurarsi con alcune sfide essenziali, che possono essere così riassunte:

• l’acquisizione di una cultura industriale;
• l’accettazione della cultura del dato e l’introduzione della razionalità digitale;
• l’implementazione delle varie sfumature della sostenibilità, senza ricorrere a novelle fabulistiche;
• la capacità di adottare e di implementare investimenti per programmi;
• il ricorso a metodologie e a tecnologie digitali con una maggiore competenza tecnica e con un minore atteggiamento fideistico per i piccoli récit della pubblicistica su AI (Intelligenza Artificiale), DT, IoT, Quantistico: per non parlare dell’esausto BIM.

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In realtà, un atteggiamento disincantato e demistificato relativamente alle sfide digitali e sostenibili (digitalmente sostenibili o sostenibilmente digitali?) rimanda a una sollecitazione secolare che al settore si è puntualmente parata innanzi in occasione dei grandi cambiamenti di paradigma dell’innovazione di prodotto, di progetto e di processo: la possibilità di rinvenire una declinazione originale e peculiare per la questione industriale.

Il punto, però, è che la risposta a questa sfidante domanda non si potrà rintracciare direttamente nelle esplicitazioni specifiche, perché attiene a un altro piano, quello della identità dei soggetti.

In altre parole, la doppia transizione digitale e sostenibile, se assunta al fuori delle logiche legate agli adempimenti e alle retoriche, richiederebbe una profonda riflessione, da parte delle rappresentanze, su identità, ruoli e posizionamenti.

Accadrà, oppure si preferirà differire la vicenda, limitandosi, appunto, alla superficie della cosa? Ai contemporanei una facile sentenza?