Pavimenti industriali: ma il progetto esecutivo chi lo fa?
Il calcestruzzo per Pavimenti industriali è un prodotto ordinario o speciale ? quanto la qualità del pavimento dipende dalla qualità del calcestruzzo ?
Per saperne di più ecco l'intervista al mio maestro, Roberto Marino, che su questo argomento ne ha viste di "cotte" e di "crude"
Pavimento industriale: corretto considerarlo una struttura?
Andrea Dari
Il parere rilasciato dal CONSUP sul riconoscimento dei pavimenti industriali delle caratteristiche di strutture lascia di fatto al professionista che deve progettare l’opera il compito di questa valutazione. Sarà infatti lui stesso che valutando il collegamento con le altre opere di fondazione e le strutture dell’edificio a cui la pavimentazione è abbinata, nonché le prestazioni richieste (o attese), dovrà valutare il carattere strutturale dell’opera.
A tuo parere, il principio che se una pavimentazione industriale deve fare da basamento a una scaffalatura di medie, o grandi, dimensioni, debba essere progettata da un professionista qualificato è giusta?
In ogni caso, il pavimento, a prescindere, deve essere progettato secondo le Linee Guida del CNR, e/o in assenza può essere configurato come mancanza progettuale con le relative responsabilità?
Roberto Marino
Il pavimento sopporta o deve sopportare dei carichi, quindi deve essere comunque e sempre calcolata e progettata da un professionista, sia come opera di “collegamento” sia come opera adibita a determinati servizi, anche i più modesti.
In realtà, la confusione è tanta e non ci libereremo di essa molto presto, anzi….
Se un imprenditore deve ampliare la propria attività costruendo un nuovo stabilimento con pavimentazioni tradizionali, chiama una impresa generale che chiama un pavimentista che chiama i subfornitori… ma andare da una società di ingegneria non gli passa neanche nell’anticamera del cervello!!!
Il problema è anche un altro: ma il progetto esecutivo chi lo fa?
Intendo la pianta generale di come deve essere eseguita la pavimentazione, con le dimensioni delle lastre, giunti di controllo o di costruzione, distanze dagli elementi strutturali, presenza di canalette o tombini, isolamento dei pilastri, procedure per lo spolvero, cura e stagionatura della pavimentazione ….
Il tutto è affidato al pavimentista che continua ad operare come ha sempre fatto, cioè, spesso, con evidenti errori esecutivi.
Da tempo non mi occupo più di pavimentazioni, me ne occupo quando, per varie ragioni, non ne posso fare a meno.
In queste perizie, la maggior parte delle volte la mia attenzione era rivolta soprattutto ai dettagli: giunti, adesione agli elementi strutturali, isolamento dei pilastri, tombini, spessore del pavimento, presenza di reti elettrosaldate, tipologia di spolvero, tipologia del sottofondo, il k di reazione se calcolato, presenza o meno della barriera al vapore, stagionatura, ecc.
Nelle mie perizie, del calcestruzzo chiedo poco, al massimo la Rck riportata nella bolla, non mi interessa neanche il mix impiegato….
Se ognuno deve fare la propria parte, il controllo del calcestruzzo sappiamo a chi spetta.
Tutto questo per la semplice ragione che la maggior parte delle volte le responsabilità risultano in gran parte condivise da tutti gli attori del processo e al calcestruzzo, questa è la mia esperienza, viene imputato di tutto…ma la realtà non è questa.
Pavimenti industriali realizzati in inverno. Che fare ?
Andrea Dari
Che tipo di indicazioni si dovrebbero mettere a capitolato per i getti durante i climi invernali per evitare che un ritardo eccessivo dell’avvio delle operazioni di levigatura e posa dello spolvero, possa creare non pochi problemi per l’operatività delle squadre in cantiere, e a volte portando a situazioni di degrado per il calcestruzzo?
Roberto Marino
Durante i periodi invernali, con temperature al di sotto dei 5°C, non si dovrebbe fare niente.
A meno che non si seguano scrupolosamente alcune regole fondamentali con la massima attenzione: temperatura del calcestruzzo, temperatura ambiente, tipologia del calcestruzzo, orari delle operazioni, copertura con TNT e telo di politene prima della notte … cose assai molto difficili da realizzare.
In aiuto ai produttori di calcestruzzo vi sono certamente delle tecnologie basate sulla qualità prestazionale degli additivi che possono favorire il ritardo e la presa.
I Codici riportano sempre anche la classe e la tipologia di cemento, avendo come obbiettivo di stendere la finitura in tempi ragionevoli.
Alcune soluzioni vengono adottate: cemento 32,5 per l’estate, cemento 42,5 per l’inverno (anche considerando un aumento di una classe della resistenza caratteristica) e anche cementi misti, 32,5 e 42,5, per ottimizzare sempre la presa e permettere un lavoro di finitura soddisfacente.
Alle fine, però, il tempo entro il quale si interviene per avere uno strato di finitura aderente senza problemi, lo deve stabilire il pavimentista in base alle proprie esperienze e attenzioni.
Pavimenti industriali realizzati in estate. Che fare ?
Andrea Dari
Ripetiamo la stessa domanda per i climi estivi. Cosa si dovrebbe prevedere a capitolato per risolvere questo problema e quali suggerimenti pratici puoi indicare?
Roberto Marino
Se durante il periodo invernali è la presa della pasta cementizia che preoccupa, durante il periodo estivo è invece l’accelerazione della stessa che preoccupa. Certamente additivi e aggiunte possono essere impiegati con risultati assolutamente affidabili.
Rimane da valutare bene l’ora del giorno più adatta, i tempi di presa e di finitura, ma, soprattutto, la cura e la stagionatura della pavimentazione.
Tutto questo dovrebbe far parte del progetto esecutivo, quindi dovrebbero essere inseriti in un capitolato tecnico.
Sarebbe bene rimarcare in modo chiaro e preciso che la maturazione per 14 giorni delle pavimentazioni deve essere una prassi assolutamente obbligatoria che coinvolge impresa generale e pavimentista. In assenza della quale, le responsabilità devono ricadere proprio sulla impresa generale e pavimentista.
Il pavimento ha troppe “variabili” tecniche e costruttive, con troppi attori della filiera, e manca di un approccio olistico.
Il problema della resistenza ai cicli gelo disgelo dei piazzali esterni
Andrea Dari
Per le pavimentazioni in calcestruzzo realizzate in zone che poi risentono dei problemi di cicli gelo/disgelo viene previsto l’uso di prodotti aeranti.
Non sempre però si tiene conto del fatto che durante l’inverno su queste pavimentazioni viene spesso sparso del sale disgelante a base di cloruri (sodio, calcio,…) e questo porta a fenomeni di rapido degrado della piastra. Cosa si dovrebbe fare per evitare questo problema?
Si dovrebbero anche cambiare le norme?
Roberto Marino
Il problema esiste ed è gravissimo. Pavimenti che “scoppiano” durante l’inizio della primavera sono numerosi, innescando uno scarico di responsabilità con discussioni infinite.
Nelle norme si fa riferimento anche all’azione degli agenti aeranti ma viene sconsigliato l’impiego degli stessi per via dell’adesione calcestruzzo-finitura a spolvero.
Personalmente, in caso di climi rigidi, presenza di neve e di Sali disgelanti, ritengo che non esista una normativa adeguata. Anche negli articoli sulle pavimentazioni questo aspetto è troppo trascurato o assolutamente assente.
Il problema principale, a mio parere, naturalmente, rimane la finitura prevista.
Nel caso di questi tipi di pavimentazione impiegherei prodotti impermeabili quali resine o prodotti similari per proteggere la pavimentazione il cui calcestruzzo dovrà avere resistenze più elevate, anche se aerate.
In sintesi, la pavimentazione deve essere protetta, con un costo, però, molto più elevato dell’attuale.
Il problema del pop out
Andrea Dari
Uno dei problemi più importanti dei pavimenti industriali, da un punto di vista economico, è quello delle reazioni di pop out. Purtroppo si continua a sentire di pavimenti che hanno cominciato a «scoppiettare» e che presentano decine di microcrateri sulla superficie.
Bastano prove di laboratorio di caratterizzazione della cava del fornitore oppure è necessario guardare i dati storici di zona?
Ci sono soluzioni tecniche per prevenire il problema?
Roberto Marino
Le soluzioni tecniche sono quelle di tipo chimico. Si devono impiegare cementi di miscela o calcestruzzi con aggiunte minerali che danno una maggiore sicurezza per contrastare il fenomeno AA.
La normativa, a riguardo, mi sembra piuttosto chiara, con prescrizioni di materiali lapidei e di analisi anche fisico meccaniche che tendono ad affrontare tale problema con sufficiente garanzia.
Da non trascurare l’effetto umidità che viene, sovente, proprio dal basso quando la pavimentazione non è protetta con barriera al vapore.
Per quanto riguarda la caratterizzazione le prove di laboratorio, come ho detto, sono importanti, dati storici compresi, ma non è detto che si è “immuni” dal fenomeno… se cambia il fronte di cava….
Il problema della delaminazione
Andrea Dari
Negli ultimi 20 anni, proprio in corrispondenza della diffusione dei prodotti a maggiore efficienza, è scoppiato il caso dei problemi di delaminazione delle superfici del pavimento industriale.
Come superare il problema e quali consigli all’applicatore puoi dare?
Roberto Marino
Le delaminazioni o scartellamenti della finitura hanno diverse origini e la difficoltà sta proprio nell’individuare le ragioni per le quali si è presentato il fenomeno.
Non credo che i prodotti, come chiami tu, a maggiore efficienza siano i responsabili: non dobbiamo dimenticare che le operazioni di stesura del calcestruzzo e di finitura fa parte di un bagaglio di esperienze che richiede persone preparate ed esperte, così come la costanza del prodotto calcestruzzo, il servizio di fornitura e, soprattutto, la programmazione esatta dei getti, per evitare soste e/o ritardi sulla base della produttività degli stessi pavimentisti.
Quante volte mi sono trovato nella situazione spiacevole in cui le autobetoniere arrivavano ma non c’era personale in termini numerici in grado gettare ed eseguire le operazioni di stesura.
Lo stesso dicasi in caso di ritardo eccessivo da parte del produttore di calcestruzzo.
Come si vede la pavimentazione ha numerose variabili.
Come diceva il prof. Migliacci la costruzione è una catena composta da tanti anelli. Se un anello cede, compromette il tutto.
Calcestruzzi fibrorinforzati
Andrea Dari
Per ottenere pavimentazioni industriali ad alta tenacità, sempre più spesso è prescritto l’uso di fibre per calcestruzzo.
Meglio le fibre o la doppia rete? Ci deve essere un progetto che dia indicazioni precise sulla tenacità e sui controlli?
Quali vantaggi e quali precauzioni adottare per un getto omogeneo?
Roberto Marino
Al progettista compete la responsabilità di stabilire con i calcoli circa l’impiego delle reti elettrosaldate con o senza fibre sintetiche o d’acciaio.
Per quanto mi riguarda, invece, ripeto ancora una volta che il calcestruzzo fibroso non è il calcestruzzo normale più un certo quantitativo di fibre, di qualsiasi natura siano.
Insisto nella mia opinione: produttori di calcestruzzo!! Non fatevi aggiungere le fibre in cantiere dall’impresa!!!!
Il calcestruzzo fibroso va progettato attentamente stabilendo esattamente la quantità del volume di matrice necessario affinché le fibre non influenzino la riduzione della classa di consistenza.
Questa analisi deve essere effettuata mediante la verifica con la tavola a scosse e mai attraverso lo slump con il cono di Abrams.
Va da sé, che esiste un ordine “cronologico” all’approccio del calcestruzzo fibroso: per prima cosa si progetta il calcestruzzo senza fibre, sempre impiegando la tavola a scosse per definire la classe di consistenza, poi si eseguono i calcoli del volume della matrice sulla base del fattore fibra (Metodo Kajat) con la tipologia di fibra che dovrà essere impiegata, poi si impasta di nuovo il calcestruzzo fibroso e lo si verifica alla tavola a scosse, il calcestruzzo fibroso dovrà raggiungere esattamente la stessa classe di consistenza F del calcestruzzo senza fibre.
Un particolare “visivo” molto importante: più si vedono le fibre quando abbiamo raggiunto il diametro massimo della pizza del calcestruzzo dopo i 15 colpi alla tavola a scosse, più il calcestruzzo fibroso non risulta ancora …a posto.
Andrea Dari
Condivido la tua opinione che non si ottenga un calcestruzzo fibreorinforzato semplicemente aggiungendo delle fibre al calcestruzzo. Non sarei però generico sul piano della modalità di produzione. Conosco impianti di betonaggio dove tutto viene fatto alla perfezione, ma anche situazioni in cui non c'è un servizio tecnologico interno, non c'è un sistema procedurizzato di controllo delle prestazioni, l'impianto non è automatizzato ... e quindi vi sono produttori di calcestruzzo che non dovrebbero poter produrre calcestruzzo fibrorinforzato (e forse neppure calcestruzzo), mentre ci sono società del settore delle pavimentazioni molto strutturate che potrebbero affiancare il fornitore nella qualifica del prodotto e inserire le fibre in cantiere.
Roberto Marino:
... ma se si fa come dite voi non si individuano le reciproche responsabilità….che poi vi siano impianti ben attrezzati e non lo sappiamo, e allora cosa vuoi fare? Impedire di produrre o inventarsi delle regole restrittive? Tutto è fallito in passato…
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