Parti comuni e non comuni: le responsabilità condominiali
Le parti comuni di un condominio sono disciplinate dall'art. 1117 del codice civile italiano, includendo spazi e strutture necessarie per l'uso collettivo, come fondazioni, scale e impianti. La questione delle aree non comuni è stata approfondita tramite la sentenza n. 1923/2025 del Tar del Lazio, che chiarisce le responsabilità dell’amministratore condominiale in merito ai provvedimenti amministrativi e alla rimozione di opere abusive.
Condomini: cosa sono le parti comuni e come funzionano
Il condominio è un edificio composto da più unità immobiliari appartenenti a diversi proprietari ed è composto da due parti:
- la proprietà esclusiva, che riguarda i singoli appartamenti;
- le parti in comune.
Ma che cos’è una parte in comune?
Le parti comuni di un condominio si identificano con degli spazi dell’edificio che sono in comunione d’uso e in comproprietà tra tutti i condomini.
Le parti comune sono disciplinate dall’art. 1117 del codice civile che in realtà è stato modificato dalla riforma del condominio, ossia la Legge 11 dicembre 2012 n. 220, secondo la quale “L'articolo 1117 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 1117. - (Parti comuni dell'edificio). - Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
- tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
- le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;
- le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche». (…)”.
L’uso delle aree comuni da parte del condominio non è arbitrario, anzi ogni condomino deve rispettare le norme relative all’uso di queste aree, senza ostacolare l’utilizzo da parte degli altri dell’area stessa. Inoltre per eseguire dei lavori sulle parti comuni occorre ottenere il permesso dell’assemblea condominiale, infatti, il Codice Civile chiarisce che l’uso delle parti comuni non può essere modificato senza che ci sia il consenso unanime di tutti i condomini. Quindi ogni condomino può utilizzare le parti comuni secondo le modalità stabilite dall’assemblea condominiale e nessuno ha il diritto di apportare modifiche senza l’autorizzazione di tutti gli altri condomini.
Ma cosa succede se un’area che invece non sia comune presenti delle opere abusive?
A fare chiarezza è la sentenza n.1923/2025 del Tar del Lazio, con la quale vengono forniti dei chiarimenti in merito alla rimozione di opere abusive relative ad aree non rientrante tra le parti comuni di un condominio.
La questione delle aree non comuni e le opere abusive
Con la sentenza n. 1923/2025 il Tar per il Lazio ha espresso dei chiarimenti in merito alla sospensione dei lavori e la rimozione di opere abusive realizzate presso il condominio ricorrente.
Il ricorso era stato presentato dal condominio contro la determina dell'amministrazione comunale che aveva ordinato la rimozione di opere abusive, tra cui una recinzione metallica e un cancello carrabile, realizzate senza il prescritto titolo edilizio. Tali irregolarità erano state rilevate dall’amministrazione in seguito a un sopralluogo della polizia locale di comune.
La decisione del comune è stata giustificate dal fatto che le opere erano state inquadrate come interventi di manutenzione straordinaria e non supportate dalla necessaria SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) secondo quanto stabilito dal DPR 380/2001.
Il condominio, in disaccordo, ha contestato il provvedimento, sollevando diverse argomentazioni, in particolare ha sostenuto che l’area in questione non rientrava tra le parti comuni dell’edificio e che, pertanto, il condominio come persona giuridica non sarebbe dovuto essere il destinatario dell’ordine di rimozione. Inoltre, secondo i ricorrenti la qualificazione delle opere come abusive sarebbe stata errata, affermando che si trattasse di interventi di edilizia libera, finalizzati alla tutela della proprietà privata e privi di impatto significativo sul territorio.
Il Tar dopo aver esaminato gli atti ha ritenuto fondato il motivo di ricorso, relativo alla questione dell’area non rientrante tra le parti comuni. In particolare è stato chiarito che, ai sensi dell’art. 1131 del codice civile, l’amministratore condominiale può essere destinatario di provvedimenti amministrativi solo per quanto riguarda le parti comuni dell’edificio, infatti “Ne consegue che, ad avviso del Collegio, l’art. 1131, comma secondo, cod. civ. assicura la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio per tutto ciò che concerne le parti comuni dell’edificio condominiale, con la conseguenza che del tutto legittimamente, ove un abuso edilizio concerna dette aree, l’amministrazione comunale piò (e deve) notificare gli eventuali provvedimenti di disciplina edilizia all’amministratore condominiale mentre, laddove detti abusi riguardino aree non di proprietà comune dei condomini, le misure ripristinatorie devono essere ingiunte ai singoli condomini.”
Nel caso di specie, l’area oggetto degli interventi non rientra tra le parti comuni del condominio, pertanto l’ingiunzione di rimozione non poteva essere indirizzata all’amministratore e di conseguenza il provvedimento amministrativo risulterebbe nullo.
In conclusione il caso sottolinea l’importanza di una corretta individuazione dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, soprattutto quando si tratta di condomini e aree non di proprietà comune.
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
Condividi su: Facebook LinkedIn Twitter WhatsApp