Paratie di pali: caratteristiche e criticità di utilizzo attraverso un caso studio
Le paratie in pali, spesso declinate in forma generica con il termine “berlinesi”, sono una tecnica sempre più utilizzata per il sostegno dei fronti di scavo. Sono caratterizzate da una elevata versatilità di utilizzo, applicabili in ambiti urbani, in spazi di ridotte dimensioni piuttosto che in campo aperto, con terreni sotto falda e con stratigrafie variabili, e nel caso di altezze da sostenere elevate sono spesso accompagnati da sistemi di contrasto.
L’utilizzo di pali di medio/grande diametro permette di realizzare scavi di maggiore profondità riducendo i livelli di contrasto e accelerando così i tempi di costruzione. Si riporta il caso-studio del sostegno di un fronte di scavo esteso e di altezza significativa, particolarmente impegnativo per le condizioni geotecniche del sottosuolo.
Paratie in pali: versatilità e rapidità di realizzazione i punti di forza
Le paratie in micropali sono spesso declinate con il termine “berlinesi”, intendendosi appunto con queste un’opera di sostegno flessibile ottenuta con l’utilizzo di micropali, tirantati o meno.
Sono sistemi strutturali estremamente versatili, relativamente rapidi da realizzare, non richiedono grandi spazi operativi e possono, in generale, garantire il sostegno di scavi anche di significativa altezza.
Una variante a questa tipologia costruttiva è legata all’utilizzo di pali di medio/grande diametro al posto dei classici micropali. Se dal punto di vista concettuale nulla cambia, le differenze si hanno nelle potenzialità statiche che i pali di diametro maggiore possono offrire, in particolare nei confronti delle condizioni a lungo termine. In Figura 1 alcune immagini circa l’utilizzo di una paratia in pali tirantata per la realizzazione di un parcheggio interrato in ambito urbano.
IMMAGINE 1: paratia in pali tirantata per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo
Elementi della paratia
Le berlinesi sono realizzate a partire da una cortina di micropali (verticali), generalmente affiancati, e in funzione dell’altezza dello scavo che dovranno sostenere sono presenti elementi di contrasto (tiranti o puntelli). I micropali sono realizzati con le consuete metodologie che prevedono:
- a) esecuzione della perforazione, generalmente rivestita;
- b) inserimento dell’armatura metallica di rinforzo (solitamente un tubolare metallico di opportuna sezione);
- c) realizzazione dell’iniezione all’interno del cavo di perforazione, e graduale rimozione del rivestimento.
Soprattutto nel caso di paratie che dovranno essere contrastate, particolare attenzione dovrà essere rivolta alla verticalità delle perforazioni, in modo da realizzare un fronte il più piano possibile. Dal punto di vista statico la principale sollecitazione a cui sono chiamati è quella flessionale/tagliante, associata all’assorbimento della spinta del terreno. Utilizzando pali di medio/grande diametro, le fasi costruttive saranno, rispetto l’elenco di cui sopra, opportunamente modificate in funzione della tecnologia di perforazione adottata.
La resistenza dell’elemento in genere è quella propria di una sezione circolare in c.a., armata con barre longitudinali verticali, ad armatura trasversale solitamente ottenuta con una spirale.
I sistemi esterni di contrasto sono tipicamente ottenuti con:
- a) uno o più allineamenti di tiranti;
- b) uno o più allineamenti di puntoni.
che, in entrambi i casi, potranno essere attivi o passivi, permanenti o temporanei.
Nel primo caso (a), le dimensioni del diametro di perforazione dipenderanno dallo spazio compreso tra i micropali, così come l’interasse tra i tiranti sarà un multiplo del passo dei micropali.
Nel secondo caso (b, puntoni) non vi sono correlazioni “rigide” tra elemento verticale e sistema di contrasto. In tutti i casi va tenuto conto degli ingombri di questi sistemi, in quanto spesso vanno ad interessare spazi e zone interne allo scavo, riducendo così la fruibilità o le dimensioni dei locali.
Il calcolo delle paratie
Le paratie, in generale, sono opere che interagiscono fortemente col terreno che devono sostenere (a monte) e di cui, contemporaneamente, sfruttano la resistenza passiva (a valle). Dalla letteratura tecnica si possono ricavare diverse metodologiche di calcolo, basate su assunzioni più o meno “forti”: quelle a cui tipicamente si fa riferimento si basano sull’equilibrio limite, semplici da applicare ma limitanti a causa delle forti ipotesi di base. La possibilità, negli ultimi anni, di poter eseguire analisi numeriche sempre più raffinate in tempi ragionevoli ha permesso lo sviluppo di codici e di algoritmi che, seppur sempre con inevitabili semplificazioni, permettono di simulare in modo più realistico il comportamento dell’opera.
Metodi basati sull’equilibrio limite
Questi metodi si basano su 2 assunzioni: la prima riguarda la paratia, il cui comportamento è assunto pari a quello di un corpo rigido, capace solo di rototraslare rispetto il terreno. La seconda è relativa alla risposta del terreno, assunto pari a quella limite ricavabile dalle classiche teorie sulla spinta dei terreni (Rankine, Coulomb, etc.).
Sotto queste ipotesi sono ben noti i metodi conosciuti come “free earth support” e “fixed earth support”.
Il primo (Figura 2) assume che la porzione della paratia (tirantata) infissa nel terreno sia tale da permetterne lo spostamento verso valle. Ciò implica che le spinte che agiscono sull’elemento saranno pari a quella passiva nel tratto infisso, con risultante diretta verso monte (azione stabilizzante), e quella attiva su tutta l’estensione l’altezza della paratia, con risultante diretta verso valle (azione de-stabilizzante), Figura 2.
IMMAGINE 2: schema delle azioni per il metodo “free earth support”
Il secondo assume invece che l’infissione sia tale da bloccare lo spostamento della paratia verso valle, producendo quindi un’inversione nei diagrammi delle spinte, Figura 3.
IMMAGINE 3: schema delle spinte per il metodo “fixed earth support”
A questi metodi si aggiunge il classico metodo di Blum (1942), per paratie a mensola, in cui si valuta l’infissione minima dell’elemento tale da garantire il soddisfacimento dell’equilibrio globale alla traslazione.
Metodi numerici (cenni)
L’analisi di opere di sostegno flessibili è oramai spesso condotta con metodi numerici: i codici di calcolo sono al giorno d’oggi molti, e si basano su modellazioni semplici (p.e. implementano i metodi basati sull’equilibrio limite) oppure più complesse (sfruttando p.e. il metodo degli elementi finiti, differenze finite, etc.).
Queste ultime metodologie di calcolo, a differenza delle precedenti, permettono lo studio di opere anche complesse, come quelle vincolate su più livelli da tiranti e/o puntelli, soggette a carichi puntuali o diffusi, tenendo altresì conto degli effetti delle fasi costruttive.
Molto sfruttato è il cosiddetto metodo SRM (Subgrade Reaction Method), in cui l’interazione col terreno è condensata nella definizione della rigidezza di molle (tipicamente, in questi casi, a comportamento elasto-plastico) distribuite lungo lo sviluppo della parete. Appare evidente come, seppure l’analisi appaia più completa e precisa rispetto quelle semplificate precedentemente descritte, va posta un’estrema attenzione ai parametri da cui derivare le proprietà di queste molle: tutto il comportamento del terreno (in termini di rigidezza e resistenza) è sintetizzato in quel “numero”, che governerà poi i risultati dell’analisi.
I metodi che si basano sulla descrizione del continuo (tramite solitamente modelli agli elementi finiti) permettono una miglior caratterizzazione del suolo e forniscono un maggior numero di informazioni, in particolare sugli effetti dello scavo rispetto le condizioni al contorno. In questo caso, tuttavia, le limitazioni implicite dell’algoritmo e la sensibilità dei risultati, legate p.e. alle dimensioni della mesh, piuttosto che alla caratterizzazione delle interfacce struttura-terreno, consigliano l’uso in parallelo di metodi alternativi, più semplici, al fine di verifica e di taratura di quello più complesso.
IMMAGINE 4: esempio di modello numerico di paratie a sostegno delle pareti di uno scavo: a sinistra il modello che sfrutta il metodo SRM, a destra lo stesso modello descritto però con un software FEM (estratto da “Analisi di differenti metodi di calcolo per la modellazione di opere di sostegno flessibili”, R.E. Cilla, G. Bella, Atti IAGIG 2021)
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