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Opere edilizie con CILA: il comune non può demolire senza adeguata motivazione

In materia di CILA, l'illegittimo avvio dell'attività edilizia soggetta a mera comunicazione implica esclusivamente l'applicazione di una sanzione pecuniaria "secca" e non la demolizione

Il comune deve effettuare rilievi e fornire motivazioni precise quando ordina una demolizione di opere edilizie per le quali 'non bastavano' una CILA o una CIL, anche considerando che, nel caso di opere realizzabili tramite semplice comunicazione, l'assenza della stessa non porta alla 'ruspa' ma a una sanzione pecuniaria.

Questo e molto altro è contenuto nell'interessante sentenza 1061/2025 del 31 marzo del Tar Catania, relativa al ricorso di una società contro un'ordinanza di demolizione emessa dal Comune per presunte opere edilizie abusive realizzate su un terreno affittato e destinato a stoccaggio di autoveicoli. Le opere contestate includevano prefabbricati, recinzioni, rampe, pali per l'illuminazione, una stradella d'accesso e ghiaia.

I titoli edilizi presentati

La società ricorrente aveva presentato regolarmente una CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) per alcuni prefabbricati e una SCIA per l’attività commerciale e sistemazione dell’area.

Inoltre, parte delle opere era stata comunicata tramite CIL (Comunicazione Inizio Lavori) dalla proprietà del terreno.

 

Il Comune non ha motivato adeguatamente

Il TAR ha evidenziato che l’ordinanza di demolizione si è limitata ad affermare che le opere richiedevano il permesso di costruire, senza spiegare perché i titoli edilizi comunicati (CILA e CIL) fossero inadeguati.

Secondo il giudice, in casi del genere l'amministrazione ha l'obbligo di motivare chiaramente:

  • perché l’intervento non rientrerebbe nell’edilizia libera o “comunicata”;
  • perché sarebbe necessaria una diversa qualificazione edilizia;
  • perché i prefabbricati avrebbero carattere permanente e non temporaneo.

Infatti, come sottolineato dalla Giustizia amministrativa, l'art. 31, comma 2, del dpr 380/2001 sottende e presuppone la valutazione di una pluralità di circostanze di fatto e di diritto che la PA deve appurare prima di adottare l'ordine di demolizione, tra cui: 

  • i) la natura, la consistenza e la tipologia dell’opera così da ricondurla nell’alveo di quelle necessitanti di un titolo edilizio e non già nell’edilizia libera o “comunicata”;
  • ii) l’assenza di evidenti indizi di una sua realizzazione in un’epoca in cui non era necessario munirsi di tale titolo autorizzatorio.

 

La demolizione è illegittima senza verifica istruttoria

Il giudice ha inoltre ricordato che:

  • l'ordine di demolizione richiede un accertamento dettagliato sulla natura delle opere;
  • non si può presupporre l'abusività senza confutare le comunicazioni già presentate (come la CILA);
  • il Comune non ha mai annullato o dichiarato inefficaci le CILA o le CIL presentate;
  • l'intervento edilizio, se già notificato con titoli validi, non è “giammai” abusivo e va trattato con maggiore cautela.

 

Importante: se l'opera è assentibile con CILA o CIL, non si demolisce mai

Una parte interessante - e importante - della sentenza è quella dove si spiega che "a fronte di interventi edilizi astrattamente riconducibili agli artt. 6 e 6-bis del dpr 380/2001 (siano essi quindi sussumibili nell’ambito dell’edilizia libera secca o dell’edilizia libera oggetto di comunicazione), l’onere di motivazione dell’ordinanza di demolizione del Comune deve ritenersi esteso anche ai profili di fatto e di diritto in grado di escluderne la riconducibilità a tale categoria e la sicura ascrivibilità ad una diversa, giacché l’illegittimo avvio dell’attività edilizia soggetta a mera comunicazione implica esclusivamente l’applicazione una sanzione pecuniaria “secca”.

 

Demolizione illegittima: ecco perché

Il TAR ha quindi accolto il ricorso e annullato l'ordinanza di demolizione, ritenendo che:

  • le opere erano potenzialmente compatibili con l’edilizia libera o con quanto previsto in CILA/SCIA;
  • il Comune non ha giustificato in modo specifico la necessità del permesso di costruire;
  • la mancanza di istruttoria e motivazione adeguata ha reso il provvedimento illegittimo.

 

Il principio di collaborazione tra PA e cittadino

In ogni caso, chiude il TAR, a prescindere da ogni altra considerazione, la presentazione della CIL o della CILA da parte del privato - consentendo alla P.A. di “conoscere” l’intervento edilizio allo scopo di attivare la vigilanza per escluderne la riconducibilità alle diverse categorie escluse a priori o necessitanti un diverso titolo edilizio - esclude la 'clandestinità' dell'intervemto ritenuto abusivo e costituisce uno strumento di “dialogo” volto ad inverare i principi di collaborazione e buona fede tra cittadino e P.A. richiamati, con valenza ricognitiva, dall’art. 1, comma 2-bis della l. n. 241/1990, come novellato dall’art. 12, comma 1, lett. 0a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modif., dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.


LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

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